GELLI DISAMORATO DELLA POLITICA: "NON SI FANNO PROGRAMMI". ALTRO CHE QUEI BEI PIANI DI UNA VOLTA!

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INES TABUSSO
00martedì 14 febbraio 2006 19:37


USCIRA' DOMANI, MA DAGOSPIA ANTICIPA L'INTERVISTA DI "CHI" A LICIO GELLI:


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ODO GELLI FAR FESTA - CON I MIEI DOCUMENTI ANDRÀ RISCRITTA LA STORIA DELLE “CINQUE GIORNATE” DI MILANO, IN REALTÀ FURONO SEI – EVITA VENNE TUMULATA IN GRAN SEGRETO A MADRID DIETRO LA PARETE DELLA CAMERA DA LETTO DI PERÓN – ITALIA, GRANDI INSULTI…

Da “Chi”, in edicola domani

Entrare a villa Wanda, alle porte di Arezzo, dove vive Licio Gelli, dà emozione. Non solo per la quantità di opere d’arte che la villa contiene, ma per l’atmosfera che si respira. Gelli trascorre qui tutto il suo tempo: a fargli compagnia, oltre a Pippo, un loquace merlo indiano, le memorie di una vita. Tutto qui dentro parla di Wanda, la moglie scomparsa nel 1993, dopo quasi cinquant’anni di matrimonio: una presenza muta, che ancora oggi riempie la vita del venerabile. «Lei è sempre al mio fianco. Ogni giorno. Per questo non accetterei mai di vendere questa casa. Almeno finché ci sono io, villa Wanda non si tocca e non cambierà indirizzo», afferma con decisione Gelli.



Gli scandali della P2 e della sua estradizione sono lontani («È stato già scritto e detto di tutto. Storia vecchia»). Meglio impegnarsi nella rassegna stampa sulla donazione che ha fatto all’Archivio di Stato di Pistoia: migliaia di documenti inediti che gettano nuova luce su tante pagine della storia d’Italia, dalla letteratura del Rinascimento ai giorni bui del fascismo. «I giornali ne hanno parlato a lungo. Ma quello di cui si è discusso», fa notare Gelli, «è solo il 2 per cento di ciò che il mio archivio contiene. Nessuno ancora lo sa: si dovrà rivedere la stesura della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Ho donato una serie di lettere del Tasso che contengono passi inediti dell’opera. C’è anche un altro manoscritto straordinario: 82 pagine sulle “Cinque giornate” di Milano scritte fitte fitte su carta intestata della Prefettura di allora. Un ufficiale annota ora per ora tutti i fatti di quei giorni. La scoperta è a dir poco eccezionale: da quei documenti inediti si evince che in realtà le cinque giornate di Milano furono sei. Sì, sei giorni durante i quali accadde di tutto. La cosa farà sicuramente scalpore».



Domanda. Come nasce questa sua passione?
Risposta. «Affonda le sue radici in tempi lontani. Ero un ragazzino di 15 anni. Parliamo del 1930. Con le mie magre paghette, anziché comperare cioccolatini o caramelle, mi piaceva andar per rigattieri alla ricerca di documenti originali e autentici. Comperavo a rate, ovvio, perché le tasche erano vuote. Il mio primo acquisto fu una lettera privatissima di Gabriele D’Annunzio che trovai da un robivecchi di Pistoia. Me ne innamorai. E da quel giorno mi trasformai in un vero sacerdote della memoria. Poi, crescendo, sono cresciute anche le mie possibilità finanziarie. E ho incominciato a partecipare alle aste. Nel 1949, a Londra, da Christie’s, mi sono aggiudicato una lettera autografa di Cagliostro. È stato il mio primo acquisto importante, insieme con alcune lettere di Maria Callas e di Giacomo Puccini».

D. Qual era il suo obiettivo?
R. «Molto ambizioso: parlare di storia attraverso i suoi protagonisti. Mi sarebbe piaciuto confezionare dei libri usando solo documenti originali e creare una mostra permanente. Mi sono dovuto “accontentare” di un archivio generoso, che ho donato ai ricercatori. Come era giusto fare».

D. A 15 anni collezionava inediti di D’Annunzio. Che ragazzo era Licio Gelli?
R. «Un buon studente, divorato dalla curiosità. Con la vena dello scrittore. Il mio primo libro si intitolava Fuoco e lo scrissi a 17 anni. A quel tempo c’era il Sindacato nazionale degli scrittori fascisti. Io ero appena ritornato dalla Spagna: ero partito in guerra con mio fratello ufficiale, che durante una battaglia morì, ucciso al mio fianco. Così, per un gesto di riguardo, fui mandato all’Ufficio cifra, quello che conteneva i documenti segreti di guerra. Presi appunti, leggendo tutti i rapporti segreti dei comandi militari. Fece scalpore all’epoca: costava solo 16 lire, ma raccontava la guerra in modo autentico e spregiudicato».

D. Suo padre approvava?
R. «Mio padre mi ha sempre sostenuto. Faceva il mugnaio. Da cinquecento anni la nostra era una famiglia di mugnai. Avevamo il mulino a Montale: papà prese anche una medaglia del lavoro da De Gasperi. Eravamo una famiglia semplice: pochi soldi, ma grandissimi valori. Di strada ne ho fatta, questo sì. Ho fatto tanti lavori. Pochi lo sanno, ma sono stato commerciante: ho costruito la Casa del libro di Pistoia, che ancora oggi funziona. Sono stato direttore della Permaflex, socio di Lebole. Ricordo ancora che costruimmo un enorme stabilimento a Frosinone, che fu inaugurato da Andreotti e dal cardinale Ottaviani. Poi mollai tutto per la carriera diplomatica e fui per otto anni al servizio del governo argentino sotto la presidenza di Perón».

D. Dai materassi Permaflex a Evita Perón. La sua vita è stata avventurosa.
R. «Ricordo molto bene Evita e il calvario della sua malattia. Dopo un breve passaggio a Milano sotto falso nome venne tumulata in gran segreto a Madrid dietro la parete della camera da letto di Perón. Una scelta strana, ma lui volle così. E poi, ma solo nel 1975, fu portata a Buenos Aires».

D. Veniamo a sua moglie Wanda. Come è nata la vostra storia d’amore?
R. «Si abitava nella stessa strada, in via Erbosa, a Pistoia. Lei era una ragazzina di 16 anni, vedendola mi innamorai. È stata la prima e l’unica donna della mia vita. Se ne è andata qualche mese prima che festeggiassimo i cinquant’anni di matrimonio. Le ho dedicato un lungo poema d’amore: Canzone a Wanda. È stato tradotto in undici lingue. Poche settimane fa mi è arrivata l’edizione cinese. Tra poco ne faranno un’opera lirica. Mia moglie e i miei genitori sono stati le presenze più importanti della mia vita. Vivo ancora nel loro ricordo. E loro vivono qui, accanto a me. Ho imparato ad ascoltare e a vivere il silenzio di questa enorme casa. Anche i più piccoli rumori sono le loro parole mute».

D. Che ricordo ha di sua madre?
R. «Quando ritornai dalla Spagna da solo, perché mio fratello era morto in battaglia, per due notti mamma ha dormito su una sedia accanto al mio letto».

D. Poco fa parlava di silenzi. In Italia in questo periodo di propaganda elettorale si fa invece un gran rumore.
R. «L’Italia sta attraversando la più grave crisi del dopoguerra: una crisi economica, politica, sociale. Per riprendersi da una recessione che ricorda molto quella del 1929 dovranno esserci dei cambiamenti. Per forza. Oggi purtroppo non ci sono più ideali. Mi sono ormai disamorato della politica: non c’è più colloquio tra quelli che dirigono il Paese. Non si fanno programmi, ma girano solo grandi insulti. E lo scontro non costruisce. Per questo preferisco archiviare: almeno ho a che fare tutti i giorni con i grandi della storia».


Dagospia 14 Febbraio 2006
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