I GARANTISTI SOCIALISTI IN DIFESA DEI DS

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INES TABUSSO
00sabato 17 dicembre 2005 22:44
CORRIERE DELLA SERA
17 dicembre 2005
I GARANTISTI SOCIALISTI IN DIFESA DEI DS
Francesco Verderami

Per i loro trascorsi, nessuno poteva immaginare che Enrico Boselli (nella foto) avrebbe difeso Massimo D’Alema proprio nei giorni più difficili. I giorni in cui la scalata di Unipol a Bnl, da operazione finanziaria si trasforma in caso giudiziario, e il presidente della Quercia è impegnato a respingere «l’aggressione» al suo partito. Eppure il leader dello Sdi si schiera, con un approccio politicamente corretto e garantista. Non è solo una scelta ponderata, è anche una lezione di stile per i compagni diessini. E sebbene tra i suoi dirigenti si fosse affacciato il desiderio del riscatto, Boselli ha subito placato la reazione istintiva, appellandosi alla «tradizione»: «Noi non ci comporteremo con loro come loro si comportarono con noi». Certo, in questi anni è stato difficile per i socialisti rimuovere la «grande amarezza» provata nel ’94, quando - senza più una casa e sull’onda della canea giustizialista - per andare alle elezioni con i Progressisti dovettero subire «l’analisi del sangue» prima di essere accettati. Per cancellare quella «terribile esperienza», Boselli ha usato con i suoi l’arma dell’ironia: «Se allora ci chiesero le analisi per entrare, vorrà dire che adesso le chiederemo noi per restare». Nessuna remora dunque nel porsi al fianco di D’Alema e del mondo cooperativo. E non si tratta di una solidarietà prêt-à-porter, Boselli ritiene giusto sostenere il rafforzamento delle coop, «parte della nostra storia, che è la storia del movimento operaio». Perciò difende il «diritto di Unipol ad acquistare una banca», anche se il merito dell’operazione non lo convince. Come non lo convince «l’ingerenza dei partiti nella vicenda finanziaria», l’aver visto «addirittura fare il tifo per un’Opa».
Ma ecco che i suoi convincimenti garantisti finiscono per incrociare i ragionamenti di D’Alema, quando si dice preoccupato per un eventuale ritorno al «rito italiano» della giustizia, quello della «spettacolarizzazione delle inchieste», per cui chi rimane coinvolto «è condannato subito, e magari prescritto anni dopo». Boselli pensa ciò che pensava negli anni di Tangentopoli, quando erano in pochi a chiedere che venisse «garantito un minino di garanzia» per gli indagati. Una regola che «deve valere» oggi per Giovanni Consorte, il presidente di Unipol sotto inchiesta. Poi, «è ovvio» che la giustizia debba fare il suo corso, «il timore semmai è che una crisi del sistema bancario metta in ginocchio il Paese».
Così, malgrado D’Alema abbia tentato per anni di smontargli la piccola casa ricostruita e di assoggettarlo alla «Cosa due», non cerca vendette: «Noi abbiamo voltato pagina». Nessuno accosta più al termine socialista l’appellativo «ladro», oggi lo Sdi viene associato alla nuova formazione politica con i Radicali, alla Rosa nel pugno, alle battaglie del fronte laico, dalla difesa della legge sull’aborto alla marcia di Natale per l’amnistia, dove dirigenti nazionali e amministratori locali marceranno insieme a Emma Bonino e Marco Pannella.
E’ una scelta «coerente con la nostra tradizione», fuori e dentro il Parlamento, dove Roberto Villetti nei giorni scorsi aveva presentato un emendamento alla Finanziaria per stornare alla scuola pubblica i fondi destinati alla scuola privata. La proposta è stata bocciata dal Polo, ma non è stata difesa dai Ds e dalla Margherita.
Anche la battaglia per la scuola pubblica parte da lontano, da quando proprio il governo D’Alema promosse la legge sulla parità scolastica, aprendo di fatto il capitolo dei finanziamenti agli istituti privati. Anche allora «Enrico» e «Massimo» andarono allo scontro. Accadde dopo che il ministro socialista Angelo Piazza partecipò a una manifestazione di protesta indetta a Bologna dalla Cgil di Sergio Cofferati. La presenza del rappresentante di governo provocò le proteste pubbliche della Curia e l’ira privata del premier: «Caro Piazza, dì al tuo amico Boselli che se lo vedo gli tiro un pugno sul naso».
Per quanto possa apparire strano che il leader dello Sdi si schieri oggi a difesa di D’Alema, la scelta non è altro che un segno di continuità nel rispetto della «tradizione». Perché il garantismo è uno di quei lasciti del vecchio Psi che Boselli ostenta con orgoglio.


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CARTA CANTA
di MARCO TRAVAGLIO


Bettino Fassino/1

"Oggi si è riunificata la nostra famiglia e la mia famiglia... Come tenere insieme i padri nobili della nostra storia, Gramsci e Berlinguer, con Turati, Nenni, Craxi, e i miei padri... Non era scontato che la mia gente applaudisse, nel sentir pronunciare il nome di Craxi. Ma io sentivo che sarebbe accaduto... Mi sentivo in diritto di farlo, perché io non ho mai detto una parola contro Bettino Craxi. Dell'ultima generazione del Pci, io sono stato l'unico a non avere mai avuto asprezze con lui".
(Piero Fassino, Corriere della Sera, 6 febbraio 2005).

"Si può naturalmente comprendere l'imbarazzo e l'irritazione di Del Turco per la diffidenza con cui i partiti socialisti europei guardano oggi al Psi. Ma di ciò il Pds non porta alcuna responsabilità. E', invece, una delle tante conseguenze nefaste della politica di Craxi. Del Turco, anziché prendersela con Occhetto, faccia la cosa più semplice e chiara: compia atti inequivocabili che dimostrino che il Psi vuole cambiare davvero politica e vuole chiudere definitivamente con quel periodo".
(Piero Fassino, Ansa, 5 luglio 1993).

(7 febbraio 2005)




Bettino Fassino/2

"Mi occupavo di Esteri, e per due anni ho trattato con Craxi e con tutti i partiti socialisti il nostro ingresso nell'Internazionale socialista... Con nessuno ho mai detto una parola contro Craxi. E lui me ne ha dato atto...".
(Piero Fassino, Corriere della Sera, 6 febbraio 2005).

"Il Pds ha risposto, con una dichiarazione di Piero Fassino alle affermazioni fatte oggi dal senatore Enrico Speroni a Strasburgo a proposito della carica di vicepresidente dell'Internazionale socialista ricoperta da Bettino Craxi. Speroni aveva detto che il Pds non aveva 'sollevato obiezioni' in proposito. 'L'on. Speroni - ha risposto ora Piero Fassino - è noto per le sue boutade provocatorie che spesso lo portano a parlare a sproposito. Il tentativo di Speroni di far credere che il Pds sarebbe indulgente verso Craxi è semplicemente ridicolo e patetico. Basterebbe ricordare con quale pervicacia persecutoria l'on. Craxi va da mesi di procura in procura mendicando l'apertura di inchieste sui dirigenti del Pds. E' inutile che Speroni cerchi dei diversivi per occultare che l'alleanza della Lega con Berlusconi sta riciclando squalificati personaggi cresciuti e affermatisi in pieno craxismo. Quanto al fatto che Craxi sia ancora vicepresidente dell'Internazionale socialista, il Pds ha già sollevato la questione chiedendo al presidente dell'Internazionale, Pierre Mauroy, di trovare rapidamente una soluzione che elimini tale ambiguità".
(Ansa, 8 marzo 1994).

"La comunicazione di Mauroy (sulle dimissioni forzate di Craxi da vicepresidente dell'Internazionale Socialista, ndr) è stata accolta con favore da Piero Fassino, responsabile esteri del Pds: 'E' la naturale e logica conclusione di un'evidente incompatibilità che si era determinata tra la condizione personale di Bettino Craxi e l'incarico di vicepresidente dell'Internazionale socialista'".
(Ansa, 18 marzo 1994).

(8 febbraio 2005)


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