Il lupo perde il pelo ma il vizio mai...a proposito della casta

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Lorenzodebergerac
00venerdì 9 maggio 2008 12:01
Facciamoci due risate a proposito di ministri e vice-ministri
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ROMA (8 maggio) - La velenosa coda sulla nomina dei viceministri, con tanto di minaccia del premier di azzerare il ruolo e nominare solo sottosegretari, potrebbe essere solo il primo segnale di una maggioranza nella quale Silvio Berlusconi sarà costretto più volte a fare la voce grossa. La prospettiva di gestire il governo e il consiglio dei ministri come fosse un consiglio d’amministrazione non dovrebbe dispiacere al neo presidente del Consiglio, ma i meccanismi istituzionali e la struttura che regge una maggioranza di coalizione, renderanno difficile poter considerare il Berlusconi IV come un governo del presidente.

La compattezza della maggioranza e della stessa squadra di governo che ha giurato giovedì dovrebbe permettere l’intesa senza scossoni significativi, ma non sarà facile accontentare tutti i cinque-sei partiti che compongono la coalizione, senza promettere di voler in futuro sforare il tetto dei sessanta componenti previsto dalla legge, ministri compresi. Oltre ai poteri nettamente diversi tra vice e sottosegretario (il primo ha delega piena, il secondo risponde al ministr), le poltrone fanno gola anche per le indennità che generano. Al sottosegretario spettano infatti 57 mila euro l'anno da sommare all'eventuale indennità parlamentare, mentre al viceministro 24 mila euro lordi mensili. Senza contare che le differenze che ci sono sulla composizione delle segreterie e degli staff, delle auto blu e dei metri quadri di ufficio a disposizione.

Il braccio di ferro più duro è quello in corso tra Lega e An. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni (Lega) non vuol cedere al probabile viceministro Alfredo Mantovano (An) le deleghe sulla polizia ripercorrendo lo schema che ci fu tra il ministro Giuliano Amato e il suo vice Marco Minniti. Per tutta risposta il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli (An) minaccia di fare altrettanto nel suo dicastero rifiutando la nomina a vice del leghista Roberto Castelli. Trattandosi di due big dei rispettivi partiti, la contesa non è da poco ed è comunque in grado di scatenare l’irritazione del Cavaliere che minaccia ora di abolire la carica di vice. Soluzione questa che ha inevitabilmente aizzato contro i due l’ira degli altri pretendenti. Il fine settimana dovrebbe essere comunque sufficiente a comporre la contesa, in modo da arrivare lunedì ad un accordo che comunque vada potrebbe avere in autunno una nuova coda, qualora Berlusconi decidesse di aumentare il numero dei membri del governo.

Ad aumentare per ora sono solo il numero di coloro che continuano a mantenere doppi incarichi e doppie poltrone pur sapendo di incappare nelle incompatibilità previste dalla legge e dai regolamenti. I «mammuth» - come li ha definiti il primo giorno d’aula l’onorevole Mario Pepe (Pdl), che ha riproposto la questione al presidente della Camera Gianfranco Fini - a differenza di quello che si crede non sono estinti e attualmente non sono pochi coloro che continuano a sedere sui banchi di Montecitorio e Palazzo Madama pur sapendo di essere incompatibili con altre cariche politiche e amministrative. Invece di dimettersi spontaneamente i «mammuth» resistono nei loro doppi incarichi e attendono che si costituisca la giunta per le elezioni e che si pronunci. Anche se i tempi non sono quelli della giustizia ordinaria, c’è la possibilità di tirarla per le lunghe e magari godere dei benefici doppi, come accaduto a più di un parlamentare che è riuscito a resistere per tutti i venti mesi della precedente legislatura. Infatti se tra Camera e Senato le incompatibilità sono immediate, quelle tra consigliere o presidente di regione e provincia sono da accertare. Si è dimesso Giancarlo Galan (presidente della regione Veneto) da senatore il 29 aprile. Altrettanto ha fatto l’eurodeputata di An Cristiana Muscardini, mentre ancora non risultano le dimissioni di Roberto Formigoni (presidente della Lombardia) e quelle di Gianni Alemanno (neo sindaco di Roma). Così come non risultano ancora effettuate alcune opzioni tra consigliere regionale e parlamentare nazionale.

Resistere sino all’ultimo serve ad aver più forza nelle trattative ancora in corso per il governo, ma in alcuni casi il motivo è molto semplice, ma non meno inquietante: la scelta per il seggio parlamentare metterebbe a rischio di importanti giunte regionali e la tenuta di qualche consiglio d’amministrazione.

Non voglio fare commenti ma...
[SM=x79732] Lorenzo

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