MA SI PUO' STARE CON MARCO TRAVAGLIO E CON TOTO' CUFFARO?

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INES TABUSSO
00venerdì 26 ottobre 2007 14:51

GIORNALE DI SICILIA
26/10/2007

NON SARÀ SCIOLTA LA SOCIETA' STRETTO DI MESSINA
L'ITALIA DEI VALORI VOTA CON L'OPPOSIZIONE

www.ars.sicilia.it/rassegnapdf/dati/Articolipdf/63447.pdf



PER LA CDL SICILIANA FESTA DOPPIA
CUFFARO: PONTE, IL SOGNO CONTINUA

www.ars.sicilia.it/rassegnapdf/dati/Articolipdf/63448.pdf



IL NO AL PONTE È IDEOLOGICO
www.ars.sicilia.it/rassegnapdf/dati/Articolipdf/63454.pdf



25/10/2007 - 12.32
Stretto di Messina - Cuffaro a AsgMedia: "Grande soddisfazione, Di Pietro uomo d'onore"

Il governatore della regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, raggiunto telefonicamente da AsgMedia, ha commentato la votazione sull'emendamento che prevedeva la soppressione della società 'Stretto di Messina' e che è stato respinto in Senato, dichiarando: "Grande soddisfazione che riapre le speranze per un grande sogno siciliano. Devo prendere atto che Di Pietro è un uomo d'onore e ha mantenuto l'impegno che aveva preso con la regione Sicilia. Ora si tratta di continuare a lavorare affinché venga fatto il ponte soprattutto perché esistono le risorse economiche per realizzarlo" (mb).





finanza.repubblica.it
26/10/2007 - 07:30
"La misura è colma
ora voglio stanarli tutti"

ROMA - Al terzo capitombolo della maggioranza al Senato, poco dopo l'una, nasce l'ultimatum di Romano Prodi agli alleati. Il premier è davanti alla televisione, sintonizzato sul canale di Palazzo Madama. "Adesso la misura è colma. Devo dimostrare che questo governo e questa maggioranza hanno ancora una guida. Non possiamo andare avanti così", è la reazione del Professore. In quel momento si decide la strategia della giornata. Due passaggi, in attesa del "botto" finale con il messaggio televisivo. Prima tappa: non farsi spaventare dalle bocciature dell'aula, anzi rilanciare. Dunque, Prodi chiama il ministro dei Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti e gli detta la linea da tenere nella conferenza dei capigruppo: "Non chiediamo la fiducia. Continuiamo a votare a oltranza". Una prova di forza, di esistenza in vita? Anche. "Ma voglio stanarli tutti, i dissidenti della mia coalizione. Devono venire allo scoperto, così ognuno si assume le sue responsabilità", sibila il premier. Quindi, la mossa ha soprattutto il sapore di una sfida. "La fiducia la chiederemo, ma con altri mezzi". Si riferisce all'ultimatum serale.

Prima di arrivarci, c'è un altro passaggio. Prodi aspetta al varco Antonio Di Pietro. Il ministro delle Infrastrutture è atteso a Palazzo Chigi nel pomeriggio, per una riunione tecnica. Appena varca il portone della sede del governo, viene convocato dal premier nel suo studio. Quindici
minuti faccia a faccia, uno scontro in piena regola che si consuma in un'atmosfera glaciale.
Sono gli uomini dell'ex pm ad aver provocato il caso della richiesta di dimissioni di Petruccioli nella commissione di Vigilanza della Rai. Ed è ancora l'Italia dei Valori che manda sotto il governo nella votazione sulla chiusura della società Ponte sullo stretto. Perciò Di Pietro non è soltanto il malcapitato di turno, il leader preso di petto quando per caso si trova a passare nel bunker di Palazzo Chigi. Da tempo Prodi è convinto che "tra tanti ribelli il più pericoloso è Tonino". Perché è imprevedibile, perché è "spregiudicato e il voto in Senato ne è la dimostrazione". "Fai troppo il furbo - lo accusa il premier a quattr'occhi - . Sei il paladino della legalità, ti metti alla testa del movimento di Grillo e poi per un pugno di voti tieni in piedi la società del Ponte sullo stretto, così cara a Totò Cuffaro. Pensi solo ai tuoi interessi, ai consensi del tuo partito".

Prodi gli sbatte sotto il naso la dichiarazione del governatore siciliano che gongola, dopo lo scivolone di Palazzo Madama ("continua il sogno del ponte, bravo Di Pietro"). Si può stare con Marco Travaglio e con il presidente siciliano accusato di favoreggiamento? Evidentemente sì, quando ci sono in ballo fette di elettorato in bacini consistenti come quello dell'isola.
Ma c'è un conto aperto con Di Pietro anche per le nuove dichiarazioni contro Mastella e per quel vaticinio: se cade Prodi, ci vuole un governo tecnico.

Quest'ultimo tassello si aggiunge alle parole di Fausto Bertinotti. Il presidente della Camera, con il messaggio di martedì, ha fatto capire a maggioranza e opposizione che Rifondazione non fa le barricate gridando o Prodi o elezioni. Un esecutivo per le riforme ci può essere e in due, dentro la maggioranza, lo hanno già messo nero su bianco.

Sono crepe che si allargano e che impongono una risposta. Da quattro giorni il governo è protagonista nei titoli di testa di tg e giornali per le sue divisioni e i suoi passi falsi. La lite Di Pietro-Mastella, la spietata diagnosi di Bertinotti ("è malato"), la sconfitta sulla Rai in Vigilanza. Un assedio in grado di piegare le ginocchia e fare gettare la spugna a incassatori più grandi di Prodi e maggioranze meno risicate e sfibrate di questa. Bisogna reagire. L'ultimatum è anche un contropiede. Alle sei e mezza del pomeriggio, Palazzo Chigi fa sapere che Prodi scenderà in sala stampa verso le sette per una breve dichiarazione. A quell'ora il Tg3 può andare in diretta, gli altri telegiornali possono preparare i servizi per l'edizione delle 20 e delle 20,30. Infatti la sala stampa è semideserta, ma microfoni delle radio e telecamere sono pronte al collegamento. Questo è ciò che importa.

Dall'isolamento Prodi esce parlando direttamente all'opinione pubblica. "La fiducia non la metto al Senato, ma la chiedo ai leader della maggioranza mettendoli di fronte alle loro responsabilità". In televisione, all'ora di massimo share. Poi, il premier si attacca al telefono. La consultazione con i segretari lo fa davvero. Sente Walter Veltroni, Alfonso Pecoraro Scanio. Il giro continua oggi, alla vigilia dell'assemblea costituente del Partito democratico.




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