MALTESE E COTRONEO SU SANTORO

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INES TABUSSO
00giovedì 20 ottobre 2005 09:48
LA REPUBBLICA
20 ottobre 2005
QUANTA PAURA PER UNO SHOW
CURZIO MALTESE

Nell´imprevedibilità del personaggio, nulla era più scontato della sfida di Adriano Celentano alle censure della Rai berlusconiana. Non certo per passione politica o civica, cose lontanissime da lui, ma per il puro istinto di far spettacolo, il "re degli ignoranti" s´è messo in testa infatti d´invitare al suo show tutta la televisione proibita in questi anni.

a cominciare da Michele Santoro. Da anni tanti l´annunciano, Celentano ha il coraggio di farlo perché è Celentano, punto e basta. Altrettanto se non ancora più scontata è la reazione scomposta, drammatica, disperata della corte politica di Berlusconi. Proclami, pressioni, interpellanze, furibonde proteste hanno trasformato la lista degli ospiti di un varietà del giovedì in una frontiera estrema della battaglia politica, in un terreno di violenta colluttazione ideologica. Sarà penoso spiegare anche questo oltre la fatidica soglia di Chiasso.
Per impedire l´affronto al regimetto televisivo, la destra ha tirato in ballo l´Europa intera e il ruolo di parlamentare di Strasburgo di Michele Santoro. Santoro ha risposto dimettendosi per andare da Celentano. Benigni ha subito promesso che farà uno show tutto suo per invitare Berlusconi e costringerlo così a dimettersi una buona volta. La destra, che non ha spiccato senso dell´umorismo, ha comunque insistito a dire che Santoro rimane un politico e così via.
La replica di Celentano ancora non c´è ma se lo si conosce un poco è facile immaginarla. Se provano a impedirgli di portare in trasmissione Santoro, il molleggiato rilancerà invitando anche Beppe Grillo e i Guzzanti, dopo essersi fregato le mani per la pubblicità. Nei giorni scorsi era questa la voce sussurrata nei corridoi della Rai, in mezzo a scene di panico dei dirigenti. Che fare? Il direttore di Raiuno, Fabrizio Del Noce, pensa di auto sospendersi dalla carica per la durata della trasmissione e quindi, nella circostanza specifica, anche di auto sospendere l´uso del cervello. Non s´è mai visto a memoria d´uomo un direttore di rete che si sospende per mandare in onda un programma, come un direttore di giornale che si mette in malattia per non pubblicare un editoriale. O si autorizza o non si autorizza.
Il gesto da paese dei campanelli del direttore di Raiuno è tuttavia rivelatore dei tormenti del centrodestra. A un altro avrebbero chiuso lo show senza tanti complimenti ma qui come si fa? Si può in Italia, perfino nell´Italia berlusconiana, oscurare Adriano Celentano, mettendo magari in giro la voce ch´era un comunista? Ecco il dilemma politico che scuote e tormenta oggi la maggioranza.
Perché censurare la tv pubblica in questi anni è stato in fondo facile. Qualche girotondo, mezza rivolta dell´opposizione, sedata con la ridistribuzione dei pani e dei pesci nel nuovo Cda. Il resto è stato silenzio. I giornalisti Rai erano fin contenti di avere un padrone certo, assoluto e prevedibile nei desideri. I telegiornali si sono trasformati senza resistenza in cinegiornali d´epoca e ormai nessuno si scandalizza se quattro milioni e mezzo di cittadini alle primarie, fatto unico nel mondo, scivolano in terza notizia. Ma poi arriva un Celentano a gridare "il re è nudo" e il castello frana come gli scenari di cartapesta finto classici cari al presidente del consiglio. E il bello è che Celentano non coltiva nessuna intenzione. Lo fa soltanto perché non lo fa nessun altro, come quando portava le scarpe bicolori o le bretelle arancione boom.
I calcoli Adriano li lascia agli altri. Agli esperti di sondaggi di Berlusconi che oggi sono costretti a valutare se sia sostenibile una censura al mito di "Azzurro" a sei mesi dal voto, senza che gli effetti negativi superino il presunto vantaggio della furbissima nuova legge elettorale. Oppure se non sia il caso di sopportare i dardi e gli strali di una sorte avversa, come dice il poeta, e tollerare dunque che Santoro e Celentano intonino "Prisencolinensinainciusol" con chiara allusione alla riforma istituzionale. Un´altra scelta difficile e importante che cade sulle spalle del presidente del consiglio. Il nostro modesto suggerimento è di portare in Parlamento una legge che, senza nominare direttamente Celentano, impedisca l´accesso alla tv pubblica di cantanti che hanno compiuto una certa età, vestono e parlano in un certo modo. Nel mucchio delle leggi ad personam, forse non si noterebbe tanto.



L'UNITA'
20 ottobre 2005
Santoro
Non abbiamo capito
Roberto Cotroneo

Sulle dimissioni di Michele Santoro ognuno può pensarla come vuole, ma quello che è accaduto ieri pomeriggio ha un elemento fondamentale da cui non si può prescindere, e da cui parte qualunque discorso. Anzi, un elemento paradossale. È paradossale che un giornalista con il seguito di pubblico come quello che aveva Santoro sia stato epurato personalmente dal presidente del Consiglio, attraverso il famoso editto di Sofia, quando oltre Santoro furono allontanati dal video Luttazzi ed Enzo Biagi.

Ed è ancora paradossale che Santoro abbia vinto una causa proprio in riferimento a tutto questo, una causa dove un magistrato ha ordinato di reintegrarlo nelle sue funzioni, e questo non sia stato fatto. Ed è ancora più paradossale che tutto questo sia avvenuto non in un'azienda privata, ma addirittura alla televisione di Stato, nel servizio pubblico, alla Rai, per intenderci.
Allora quando accadono episodi incredibili come questi non ci si può lamentare troppo se le cose poi si ingarbugliano e i comportamenti finiscono per diventare meno nitidi di quanto si dovrebbe, e di più difficile lettura.
Santoro si è dimesso da parlamentare europeo, lo ha fatto annunciandolo attraverso una conferenza stampa. E le sue dimissioni lasciano un po’ di amaro in bocca. Non si dovrebbe fare, e siamo sicuri che Santoro cercherà il più presto possibile di spiegare ai suoi 526.535 elettori il perché di tutto questo. Perché sono stati più di 500 mila quelli che si sono messi in fila, documenti in una mano, certificato elettorale dall'altra e sono andati al seggio per votare il giornalista televisivo. E non hanno votato Santoro perché era senza lavoro. E non lo hanno votato certo per fargli un regalo, o perché lui non sapeva come occupare il suo tempo. Gli elettori lo hanno votato perché hanno giustamente pensato che un giornalista esperto di comunicazione come lui potesse essere una voce importante in Europa. Ora che Santoro si è dimesso, i suoi nemici hanno un'arma in più per strumentalizzare il suo gesto. Ora che ha lasciato il suo seggio al parlamento europeo quelli che non l'hanno voluto in Rai, quelli che dicono che era fazioso e che mettono in discussione la sua professionalità raccontano che lo ha fatto per poter prendere liberamente parte alla trasmissione di Adriano Celentano di questa sera: Rockpolitik. E anche questa non è una buona cosa, anche questo è il frutto di un ingarbugliamento che non doveva accadere. Le dimissioni dal Parlamento Europeo non possono essere messe in alcun modo in relazione con la trasmissione televisiva di un cantante e show man come Adriano Celentano. E sarebbe stato utile che nessuno potesse fare un uso strumentale di questo gesto.
Ma questo è un paese dove tutto è paradossale, dicevamo. Bisogna ammettere che per le sue dimissioni Santoro ha sbagliato i tempi, e che forse la tentazione di avere di fronte una platea televisiva di milioni di persone, per poter dire le cose che nessuno gli ha lasciato più dire, ha fatto il resto.
Ma è importante che sia proprio lui, e siamo sicuri che lo farà, a spiegare chiaramente il motivo di tutto questo. Certamente farà capire ai suoi elettori che Celentano non può pesare sul piatto della bilancia di queste dimissioni assai più del loro voto, che è tutto un equivoco, che era una decisione maturata da tempo, perché forse vuole tornare in Rai, e forse potrà avere un altro programma, e forse si farà quello che è sacrosanto fare: obbedire alla legge italiana, mettere in atto una sentenza e ridargli la possibilità di lavorare.
Solo che non è detto ormai che in questa grande confusione ci si riesca fino in fondo. Una brutta confusione, a destra certo, ma anche un po' a sinistra, quando accadono cose come queste. Celentano che va oltre il semplice programma televisivo, e va fuori dai canoni dell'intrattenimento, un europarlamentare che prima di tutto è un giornalista televisivo che esasperato finisce per dare la sensazione, certo sbagliata, di dimettersi per gestire il proprio rilancio attraverso i milioni di spettatori di Rockpolitik. E alla base di tutto questo questa ambigua democrazia televisiva che oscilla pericolosamente da un Porta a Porta di Bruno Vespa alla Repubblica anarchica e carismatica dove impera e officia da gran sacerdote l'ex molleggiato. Per fortuna ormai sappiamo che fuori da questi deliri mediatici in cui anche Santoro, volente o nolente, è finito, c'è un paese reale, che si mette in fila anche per le primarie, che vuole una democrazia chiara e semplice, che si è stancato di proclami e di apprendisti stregoni. E che ha guardato con qualche legittima perplessità alla proposta di un Pippo Baudo governatore della Sicilia; un paese che è stanco di confondere il paese reale con il paese della virtualità mediatica.
Per questo è importante che Santoro lo faccia subito, che non lasci ai suoi nemici l'arma più pericolosa, quella della delegittimazione, quella di aver tradito un principio democratico, e la fiducia dei suoi elettori, che sono qualcosa di assai più impegnativo e importante del generico «pubblico». I suoi nemici hanno poco da cantare vittoria: Santoro saprà togliersi di dosso l'accusa di essere uno che ha barattato un seggio europeo, importante e di assoluto rispetto, per un arringa da dieci milioni di spettatori (forse), vissuta come un ritorno in Rai in grande stile.
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