SE UNO NON RINASCE DALL'ALTO...

Melin
00martedì 3 febbraio 2009 22:08
Riflessione
 

SE UNO NON RINASCE DALL'ALTO...

Chiara Veronica (170)

Le esperienze narrate in queste pagine, i tratti di vita condivisi, le tematiche affrontate e approfondite con la sapienza del cuore, trovano un' eco particolare, una cassa di risonanza nell'esistenza nascosta di chi vive in clausura. Qui lo spazio ristretto e il tempo scandito dall'orazione aprono il cuore di chi è chiamato a un orizzonte infinito e sconosciuto per renderlo luogo dell' Assoluto e spazio di relazione con Dio e con i fratelli. In questa dimensione dagli aspetti paradossali la fatica del vivere alla ricerca della verità che ci accomuna con tanti uomini e donne, si attua non solamente nell'attraversare le fasi della vita, nell'affrontare la crisi, ma anche nella riscoperta del senso profondo di una vita così, che solo a partire dall' esperienza della propria debolezza può assumere e farsi carico della debolezza dei fratelli e delle sorelle di ogni luogo e tempo.
Quella della debolezza si rivela dunque, e le pagine raccolte qui lo atte stano, la condizione necessaria, la parola provocante affinché la Grazia possa dare forma e volto alla chiamata di Dio, a un rinascere che è dato come dono
dall'alto.

La seconda nascita

«Dovete rinascere dall'alto». (171) Questo imperativo rivolto da Gesù a Nicodemo può offrirci un ulteriore spunto di riflessione.
Rinascere dall'alto è parola misteriosa e affascinante che Gesù, il Maestro, pronuncia nel colloquio con Nicodemo, l'uomo della ricerca notturna. Parola misteriosa che le categorie della mente e del cuore faticano a collocare in un'espressione oggettiva; parola affascinante che percepisci come richiamo a un oltre che ti attende e che attende di donarsi nell'imprevedibile, gratuita consegna della vita.

Melin
00martedì 3 febbraio 2009 22:09

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Scorrendo le pagine di questo libro viene immediato pensare alla figura di Nicodemo. (172) C'è per lui una chiamata intesa come seconda nascita, non estranea alla sua vicenda umana e nella linea di una trasformazione e progressiva adesione alla vita stessa.
Questa è l'avventura di ciascuno che, come Nicodemo, si arrischia dentro il groviglio della propria profonda oscurità, improvvisamente e provvidenzialmente rischiarata da un incontro, da una parola che restano comunque misteriosi e affascinanti.
Ciò accade nel punto della vita in cui qualcosa inquieta, interroga e il senso delle cose sembra smarrirsi. È tempo di oscurità e di coraggio.

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Nicodemo si reca da Gesù di notte, per timore, e pur nel timore trova il coraggio di porsi in ascolto e di rimettersi in cammino. Attraverserà molte notti sempre in lotta con il timore e sempre più attratto dalle parole: «Rinascere dall'alto».
Per Nicodemo, nel pieno del suo realizzarsi umano e religioso - è un capo dei Giudei, è il maestro in Israele, è uno che sa -, incontrare Gesù è un evento destabilizzante che lo provoca alla radice delle proprie certezze, che inquieta la sua sicurezza di adulto nella fede, che sfuma i tratti sicuri del volto di un Dio ritenuto noto.
Nicodemo deve percorrere l'intera parabola del Vangelo per ritrovare il vero volto di Dio e la propria nuova e vera identità, come se risalisse dal basso, dall'oscurità di un grembo sicuro dentro il quale la Parola squarcia il velo dell'ignoranza e apre il varco verso la luce.

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Non si dice molto della storia di Nicodemo. Dopo il colloquio notturno lo si incontra in altri due punti del Vangelo che lasciano intravedere un progressivo evolversi nella fede. È come se la sua figura camminasse ai margini, attento alla vicenda di Gesù, ma da lontano e assaporando l'ambiguità, il disorientamento, il dubbio Può forse un uomo entrare una seconda volta nel grembo di sua madre?, e lasciando risuonare nella memoria e vibrare nella carne le parole udite:«Se uno non rinasce dall'alto...». (173)

Melin
00martedì 3 febbraio 2009 22:09

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Teso tra paura e desiderio, nel ritrarsi e nel cercare, Nicodemo si scopre, man mano, quasi inconsapevolmente, dalla parte di Gesù, fino a prenderne le difese apertamente. (174)
Cosa significhi rinascere dall'alto Nicodemo forse lo comprende e ne fa esperienza proprio là dove è il punto estremo dell' oscurità e della debolezza: la morte del Figlio di Dio. Ancora nascostamente, per timore, egli si fa accoglienza e custodia del corpo esanime di Gesù, divenuto visione interiore di luce. (175)
È a partire da questa esperienza di morte e di vita che Nicodemo, come ogni discepolo, diviene credente nell'arrendersi all'Amore donato, nell'imparare a esporre e consegnare il proprio "più nulla da perdere".

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Anche chi vive in clausura percorre la stessa parabola del discepolo che diviene
credente, inerpicandosi tra gli irti passaggi dell'oscurità e della crisi, del coraggio di entrare e rimanere dentro l'esperienza della fragilità e della nudità, quando la mano potente di Dio si cela nell'impotenza della croce e si assapora fino in fondo l'inutilità di una vita così.
È il tempo del disincanto, quando, volgendosi indietro, il sentiero percorso non offre un appiglio sicuro, un ricordo, un oggetto per risentire il gusto del passato, il piacere di qualcosa di cui si possa dire: «È mio», e nulla appaga e colma il desiderio di vita. E ciò che è davanti, nella spoglia realtà che si intravede, appare non diverso da ciò che è stato e in più privo di attesa e di entusiasmo.
Si insinua così il pensiero tentatore di essere stati ingannati dalla vita, da un Dio che non è fedele alle promesse. 

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Mai come in questa crisi dal sapore di morte le parole del Maestro: «Dovete rinascere dall'alto» si rivelano essere grazia e nuova possibilità, imperativo a ritrovare la vita ricevendola in modo nuovo dalle sue mani e solo dalle sue mani.

Il sentiero dell' esistenza non è determinato da un passato e un futuro che ci appartengono e che abbiamo cercato di costruire con le nostre pretese pur buone e giuste, ma da un Alto che ci ha atteso nel tempo della debolezza per condividerne il dolore e per orientare il nostro sguardo al volto impensato di Dio. Questo è il volto di Colui che «ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna». (176) «Bisogna dunque che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». (177)

Melin
00martedì 3 febbraio 2009 22:09
 

Solamente dall'Alto si rinasce nell'Amore

La chiamata del Signore a rinascere dall'Alto si rivela come richiesta di un nuovo sì, in cui la novità in gioco non è un mutamento esteriore, ma l'intimo e deciso acconsentire all'amore di Dio, restituendogli la libertà di essere al di là delle nostre aspettative. Ciò avviene dentro la realtà povera e quotidiana dove lo spazio rimane ristretto e il tempo sempre oltre...
Questa realtà accolta come apertura alla disponibilità di Dio diviene allora luogo spirituale di incontro e di condivisione con i fratelli.
Qui anche il senso della marginalità e dell'inutilità recupera il senso profondo del dono. Il punto cruciale che porta alla crisi non sta tanto nel prendere coscienza che noi, donne in clausura, siamo poste dalla società ai margini quale elemento improduttivo, situate il più delle volte ai margini dell' abitato o, se all'interno della città, avvolte comunque da una diffidenza che emargina, quanto nell'esperienza interiore di ritrovarsi ai margini di sé: è l'inizio della ricerca notturna che, come per Nicodemo, guida al rinascere
dall'Alto.
Ciò che si esprime del proprio io non è primariamente il realizzarsi di potenzialità e capacità umane, ma il libero consegnarsi così come si è alla potenza dell'amore di Dio, nella quotidiana e gioiosa fatica di credere alla Parola, di offrirsi pazientemente alla Grazia.
La marginalità diviene così assumere come pellegrine e forestiere in questo mondo la condizione di povertà del Figlio di Dio, che «da ricco che era si fece povero per noi», (178) non desiderando altro sotto il cielo che il Cielo stesso. (
179)
Condividere l'indigenza dei poveri, soffrire il dolore degli oppressi, provare l'angoscia dei disperati, degli esclusi: parole vuote finché la debolezza non ti abbia resa inutile e abbia spogliato e svuotato la presunzione di essere per gli altri, di farsi "preghiera", di credersi strumenti adatti e usati da Dio per la salvezza del mondo. Quando la vita conosce l'esperienza del marcire del chicco di grano sotto terra, solamente qui nasce quel senso nuovo di vita che appartiene solo a Dio; qui la preghiera trova una punta di verità e può osare farsi carico, dentro la propria, dell'indigenza, del dolore, dell'angoscia degli uomini.
Qui sgorga, sorgiva, la gioia, freschezza di novità, come il sorso d'acqua che non viene meno, misericordiosamente offerto all'arsura del mondo.

Melin
00martedì 3 febbraio 2009 22:10

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Allora questa vita "in clausura", nascosta con Cristo in Dio, nella marginalità e inutilità, che rimangono tali, può diventare il luogo limite tra la terra e il Cielo, lo «stare sulla soglia della casa del mio Dio», (180) dove nel frammento, personale e di una comunità che vive la stessa dinamica pasquale, si raccoglie ogni aspetto dell'umano, anche di contraddizione, anche di peccato, per esporlo alla speranza della Luce che c'è e che viene per ogni uomo.
Si realizza così una missione che per noi risponde alle parole di Chiara d'Assisi: «Ti considero collaboratrice di Dio stesso e colei che rialza le membra cadenti del suo corpo ineffabile».
(181)
Non è pretesa, è dono dall'Alto che trasfigura la debolezza specchiandola nel volto dell'Unico povero, umile, crocifisso Amore. Dall'Alto, dalla sua morte, ci insegna e ci offre di morire giorno per giorno all'opacità e dare spazio alla Luce così che anche l'esperienza dell'estrema fragilità e debolezza, la morte, percorsa dalle vene misteriose della paura e della solitudine, si sappia accompagnata dalla sicurezza e dalla compagnia del suo amarci, fedele.

 

[170] Suor Chiara Veronica (1954) è sorella povera del Monastero Santa Chiara di Milano.
[171] Vangelo secondo Giovanni, 3, 7.
[172] Cfr. Vangelo secondo Giovanni, 3, 1-21.
[173] Vangelo secondo Giovanni, 3, 3.
[174] Cfr. Vangelo secondo Giovanni, 7, 50-51. 
[ 175] Cfr. Vangelo secondo Giovanni, 19, 38-42.
[176] Vangelo secondo Giovanni, 3, 16.
[177] Vangelo secondo Giovanni, 3, 14b-16.
[178] Seconda lettera ai Corinzi, 8,9.
[179] Cfr. Chiara D'Assisi, Regola VIII in Fonti Francescane, 1977.
[180] Salmo 83, 11.
[181] Cfr. Chiara D'Assisi, Lettera III in Fonti Francescane, 1977

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