The Iron Throne Il Forum per gli appassionati della mitica saga, "Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco", di George R. R. Martin

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    Mance
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    Registrato il: 03/11/2004
    Sesso: Maschile
    Alto Membro del Concilio
    Signore della Guerra
    The White Walker
    00 15/09/2009 23:59
    L'ultimo raggio di sole
    Ned guardava il cielo.
    Un sole pallido e impotente stava morendo all’orizzonte.
    Pensò a quello che lo aspettava fuori; una distesa paludosa che era diventata una landa desolata e ghiacciata.
    Quel giorno aveva perso due perlustratori, i loro cavalli avevano rotto una lastra di ghiaccio ed erano stati risucchiati insieme in un una pozza malsana e gelida allo stesso tempo.
    Ebbe un brivido.
    Si voltò a guardare la piazza d’arme, stracolma fino all’inverosimile di uomini, erano cavalieri, picchieri e semplici soldati. L’avanguardia, di cui ne era il comandante, portava l’insegna del metalupo. Di fianco a lui, un Howland Reed, impassibile, un Jory Cassel fiero nella sua armatura a piastre e un Lucas Blackwood orgoglioso delle sue scelte ma altrettanto teso a causa della poca esperienza… esperienza… Ned sorrise, qui l’esperienza non contava poi più di tanto, perché solo pochi tra i presenti avevano combattuto contro quelle creature, talmente pochi che si potevano contare sulle dita di un paio di mani. Erano otto, e Ned li aveva messi a capo dei battaglioni appiedati che dovevano costituire il centro dell’esercito, formato dalle truppe di ser Bronn. Il popolo libero, con i suoi metamorfi e tutti quegli animali, costituiva le ali. La retroguardia, con gli implacabili immacolati, era Targaryen. Su delle impalcature di legno invece, c’era un misto di stemmi, archi d’osso o di leccio, balestre e catapulte. Mai ne aveva viste così tante in una sola battaglia. Erano però di vitale importanza. Protette da truppe col doppio stemma del metalupo e del leone Lannister, avevano cumuli di proiettili incendiari. Lo scopo era quello di dare fuoco alle quattro linee di pece che avevano creato attorno al castello, era quello di bruciare tutte quelle creature.
    Ad un tratto una sorta di ruggito lo destò dai suoi pensieri. Era il drago di Daenerys Targaryen, aggrappato a quella che doveva essere la torre del palazzo dei Reed, nervoso e pronto a spiccare in volo.
    “Cerca di starmi vicino e non farti ammazzare, mia figlia ne sarebbe oltremodo contrariata” disse seccamente a Lucas. Ne andava fiero e lo odiava allo stesso tempo. Aveva cercato di tenerlo al sicuro e lui era spuntato li, in cerca di gloria e colmo di dovere verso la sua gente e verso di lui. Sansa avrebbe avuto un uomo ammirevole ma un pessimo marito e sarebbe potuta divenire presto vedova.
    Ned mosse il suo cavallo in avanti senza aspettare risposta. Una nuvola di vapore uscì dalle narici dell’animale, faceva freddo, troppo per quel luogo, troppo persino per la barriera…
    Si voltò nuovamente verso quella folla armata e urlò: “Non vedo confratelli! Un dispiacere per il mio cuore! Una vergogna per i loro!”
    Guardò nuovamente i visi dei soldati, la maggior parte spaventati, alcuni sembravano già morti in piedi, altri sembravano sul punto di fuggire!
    “Penso sia il momento di finire quello che la confraternita dei guardiani ha cominciato da tempi immemorabili! Perciò…”
    Fece una pausa, “Udite le mie parole, siate testimoni del mio giuramento!” Le truppe Stark si inginocchiarono.
    “Cala la notte, e la mia guardia ha inizio.
    Non si concluderà fino alla mia morte. “
    Ned saltò quello che non poteva giurare perché già infranto… aveva moglie e figli ed era Primo Cavaliere.
    “Io vivrò al mio posto, e al mio posto morirò.
    Io sono la spada delle tenebre.
    Io sono la sentinella che veglia sul muro.
    Io sono il fuoco che arde contro il freddo, la luce che porta l'alba, il corno che risveglia i dormienti, lo scudo che veglia sui domini degli uomini.
    Io consacro la mia vita e il mio onore a questa battaglia!”
    E un coro di oltre centomila soldati:
    “Per questa notte… per l’Alba!”
    “Bah…” una voce roboante spezzò il silenzio che si era formato subito dopo quel giuramento “…se pensi che m’importi di quel vecchio giuramento ti sei bevuto il cervello, così come tutti voi!”
    Ned cercò quella voce con lo sguardo. Un uomo a cavallo si faceva largo senza fatica tra la folla silente “Ce l’ho io un motivo valido per sfondare le chiappe a quelli la fuori! …Per il vino che ci berremo e per le donne che ci terranno compagnia domani! ...e che io sia dannato se non è così!”
    Un boato anticipò l’alzarsi di spade picche e archi. Il cavaliere si fermò a circa quattro metri da Ned, mazza nella mano destra, scudo nella mano sinistra e l’elmo con un paio di corna cervine lunghe oltre tre piedi. Il suo vecchio Re, il suo vecchio amico, Robert Baratheon.
    Questi lo fissò.
    Ned chinò il capo, “Bentornato Robert, ho fatto…”
    “Hai fatto quello che ti ho detto, dannato te!” sputò a terra, “e già me ne sono pentito! Non pensavo ci saresti riuscito. Sai quanto mi è costato riconoscere la sconfitta e giurare la sottomissione a quel bambino capriccioso? Lo sai?”
    “Tu me lo hai ordinato e…”
    “Dannazione Ned, so quello che ho fatto e dannato te che hai fatto il resto!”
    Eddard provò una stretta al cuore, in fondo aveva fatto quello che doveva.
    Poi Robert abbozzò un mezzo sorriso.
    “Ahhh Ned …allora, che aspetti… non lo senti quest’odore? L’odore della battaglia, l’odore della morte…”. Prese tempo,”… come ai vecchi tempi? ”
    Ned lo guardò un istante, poi sorrise “…se non ce la fai a reggere la Mazza potrei guardarti le spalle!”
    “Dannata pelle di Lupo! Ne butto giù almeno il doppio di te! E poi non ti conviene starmi tanto vicino; quel micino sputa fuoco potrebbe far finta di non riconoscermi e incenerire le mie vecchie chiappe solo per il gusto di farlo!”
    Sorrisero e insieme si voltarono verso l’esterno e aspettarono.
    Il sole morì.
    Dopo meno di un minuto una vedetta urlò, il drago nero spiccò il volo e le prime catapulte lanciarono.

    [Modificato da Mance 17/09/2009 09:53]


    Sono stato Mance Ryder, capo dello spionaggio di Robert Baratheon...
    Sono stato Eddard Stark, Primo cavaliere di Viserys Targaryen...
    Sono stato Robert Baratheon, fatto a pezzi perchè... troppo bello e abile nello scappare di prigione...
    Sono stato Salladhor Saan, l'ultimo uomo senza Re...
    Sono stato The white walker, colui che cammina nella Notte.
    Sono stato Mace Tyrell, il BELLISSIMO!!!

    Ed ora sono.... Il Buon Padre





    Guardalo negli occhi, fino a che lui, ringhiando, entrerà nei tuoi col suo sguardo... solo allora ti angoscerai... non per paura, bensì per aver compreso il significato della parola fierezza.
  • Jon_Re
    00 21/10/2009 13:45
    La contrattazione

    Suo fratello Jon era venuto a sapere della sua scorribanda nel campo Targaryen e le aveva triplicato la sorveglianza. Nemmeno un re o una regina avrebbero avuto una simil cerchia di guardie trovandosi in un campo nemico in qualità prigionieri.
    Fortunatamente, però, si era presentata una buona occasione perché tutto ciò finisse per un po’ di tempo. Il contingente Stark a Lancia del Sole aveva bisogno di rifornimenti ed il comandante Jason Mallister era stato incaricato di occuparsene e di portare con se Arya.

    Erano in viaggio da qualche giorno ed oramai Capo Tempesta si avvistava con le sue altre mura ed il porto stracolmo a differenza di come l’aveva lasciato qualche mese prima. Jason Mallister le aveva detto che tutto si stava riattivando nel Regno tranne la parte orientale del Dorne, dove il tutto era ancora paralizzato dalla guerra. Il lord di Seagard era un uomo alto dai capelli e la barba castani filamentati da tratti candidi. Portava sempre una cappa color indaco ed argento, simboleggiante la sua città. Come comandante egli era rispettato grazie alla storia che accompagnava la sua vita. Infatti, nella battaglia contro Rhaegar aveva ucciso tre Lord fedeli al giovane drago e nell’assalto al suo forte ad opera dei Greyjoy aveva ucciso in singolar tenzone Rodric Greyjoy, primogenito di Lord Balon.
    Giunti in porto Lord Mallister impartì ordini al suo secondo di andare presso il tredicesimo magazzino sul molto a prendere la parte di provviste già accumulata per i soldati di Lancia, ma non ancora sufficiente a sostentarli per il mese successivo. Jason doveva procurarsi il resto e per questo era stato scelto proprio lui. Oltre ad essere un eccellente guerriero ed un formidabile navigatore egli aveva le capacità per strappare un buon prezzo al più rifornito ed abile commerciante che sarebbe dovuto giungere in quei giorni nella città che un tempo era stata la capitale dei territori Baratheon. Dalle notizie giunte alla nave, però, erano venuti a sapere che Sallador Saan aveva già attraccato in porto da un giorno.
    <<Speriamo non abbia già concluso affari. Quel maledetto ha anticipato l’arrivo!>> le disse il Lord di Seagard mentre insieme si dirigevano verso un grande vascello a vele blu.
    Quell’uomo le piaceva. Non la trattava come tutti gli altri lasciandola sempre in disparte e sorvegliata da guardie. Praticamente la portava sempre con se. Questo ad Arya piaceva e le consentiva di non annoiarsi oltre al fatto che imparava moltissimo. Solo una cosa non capiva: perché lo facesse! Aveva cercato una risposta a quella domanda e l’unica spiegazione che era riuscita a darsi era quella che preferiva proteggerla lui stesso anziché lasciarla a degli stupidi soldati, i quali venivano sempre raggirati da una ragazzina.
    In quel modo, inoltre, aveva ottenuto di tenerla tranquilla.
    Arrivati alla passerella d’accesso alla nave, Mallister chiese ad una delle due guardie di poter parlare al capitano Sallador. Quella si diresse a bordo e dopo un lungo ed estenuante tempo tornò comunicando che il capitano li aspettava.
    <<Cominciavo a pensare che sarebbero passate due lune prima che tu tornassi>> la rimproverò Lord Jason, ma l’altra non proferì risposta.
    A bordo vi era brulicare di uomini indaffarati di cui la maggior parte non dovevano essere dei Sette Regni. Parlavano strane lingue e molti avevano la pelle più scura anche dei dorniani. Tutto era ordinato e splendente, cosa che su una nave Arya non aveva mai visto. La guardia li condusse a poppa dove aperta una porta intarsiata magistralmente ebbero accesso alla cabina di Sallador Saan che era seduto dietro la scrivania con le gambe appoggiate su di essa. In mano aveva un grappolo d’uva divorato per metà. Ad un primo sguardo ad Arya era sembrato di conoscere quell’uomo, ma poi pensandoci si disse che non poteva averlo mai incontrato.
    <<Ben’arrivati! A cosa devo questa onorevole visita?>> disse continuando a masticare e non curandosi del succo che gli colava da un lato della bocca.
    <<Come ho detto al vostro uomo pensavo che sarebbero passate due lune prima di riuscire ad incontrarvi. Comunque sono qui perché vorrei contrattare il carico di viveri che trasportate e che so essere ingente!>> rispose l’inviato Stark.
    <<Ah bene! Dubitavo che sarei riuscito a vendere così tanta roba. Questi uomini della tempesta sembrano molto avari anche se i loro visi sono scavati dalla guerra e dalla fame>>.
    <<Bando alle ciance mercante. Arriviamo al sodo che il tempo è tiranno>>.
    <<Quanta fretta! Su, su cosa saranno mai due chiacchiere?>>
    <<Dimmi quanta merce hai, quanto chiedi e tieni per il prossimo le tue chiacchiere>>.
    <<Duro il nostro Lord>> disse Sallador rivolto a lei continuando a mangiare e sorridendole in modo irrisorio. <<Ho a disposizione duemila casse di cibo stipate in quattro navi. Per tutto voglio dieci milioni di dragoni!>>
    <<Cosa cinquemila dragoni a cassa? Mi hai preso per un fesso? Manco fossero oro!>> Lord Jason alzò la voce, ma non era irato.
    <<Beh si vede che ci cagato dentro il vostro amico Lord Tywin. Dicono che caghi davvero oro>> disse l’altro scoppiando in una risata.
    <<Basta mercante! La mia pazienza ha un limite e ti ho già avvertito varie volte di finirla!>>
    Sallador divenne improvvisamente serio.
    <<Mio Lord siamo in un periodo di guerra e le cose costano molto più del solito>>.
    <<Mmm… ne sono al corrente, ma decuplicare il prezzo rispetto ai massimi prezzi che abbiamo pagato fino ad ora non vi sembra esagerato?>>
    <<Ma si buon Lord, stavo scherzando prima. Per il tutto vi chiedo due milioni di dragoni. E’ un prezzo congruo per la merce che vi offro e per il lungo viaggio che ho fatto>>.
    <<Fatemi il piacere! Tutti i mercanti viaggiano quanto voi>>.
    <<Ed allora perché non andate da questi altri mercanti?>> disse Sallador in tono feroce.
    <<Perché voi avete quello che mi serve>> replicò il signore di Seagard in modo pacato.
    <<Allora accettate la mia offerta o andate. Conoscete la porta>>.
    <<Vi offro cinquecento dragoni per singola cassa>>.
    <<Ne chiedo settecento>>.
    <<Mmm… cinquecentocinquanta>>.
    <<Seicentocinquanta o nulla>>.
    <<Seicento. Ultima offerta mercante, altrimenti vi tenete il tutto a marcire>>
    <<Affare fatto>> concluse Sallador con entusiasmo ed un ampio sorriso.
    I due uomini siglarono l’accodo, mentre Arya ripensava a tutta la contrattazione a cui aveva assistito. Concluse le formalità Lord Mallister si alzò, strinse la mano al mercante e si rivolse a lei.
    <<Lady Arya possiamo andare!>>
    Intanto il capitano andò a versarsi del vino in una bella coppa d’oro tempestata di rubini e li seguì fino alla porta attendendo che scendessero dalla nave.
    Stavano quasi arrivando alla passerella quando Lord Jason si voltò di scatto.
    <<Dimenticavo! Vorrei vedere la merce>> disse.
    Il volto di Sallador si spense facendo sparire il beffardo sorriso che poco prima lo increspava.
    <<Non vi fidate mio Lord? Comunque le navi su cui si trovano i carichi sono quelle quattro che vedete alla vostra destra>>.
    Arya si voltò e vide tre immensi velieri dalle variopinte vele. Solo l’ultima nave aveva le vele bianche e per giunta le trasmetteva una strana sensazione.
    <<Belle le navi, ma non mi interessa il loro contorno. Voglio vedere cosa trasportano!>>
    <<D’accordo, sarò onorato di condurvi io stesso a verificare la mia onestà>> disse il mercante con un ampio sorriso.
    Sallador diede la coppa ad un suo marinaio e chiamandone a se altri due scese sul molo seguito dagli inviati Stark.
    Si diressero verso la prima delle quattro navi. Sul lato sinistro di questa vi era inciso il nome “Sogno di Lys” ed a bordo vi erano parecchi marinai impegnati in varie mansioni. Scesero per una scaletta in legno nel buio del sottocoperta, ma subito uno degli uomini che le precedeva accese una torcia. La luce rivelò un’immensità di casse ordinate. Un secondo uomo raccolse un ferro che si trovava li vicino ed aprì una cassa. Controllarono il contenuto e lo trovarono ben conservato. Lord Jason non fu però contento e fece aprire altre tre casse, creando parecchio disagio perché egli sceglieva sempre la cassa che si trovava più in basso tra quelle incolonnate l’una sull’altra.
    Finita la procedura risalirono la scala in legno che produsse qualche breve scricchiolio.
    <<Bene ora vi ho dimostrato anche la mia buonafede, facciamo un brindisi?>> disse il mercante dando una pacca sulla spalla al Lord di Seagard.
    <<Chi ha detto che io ne sia convinto?>> disse l’altro allontanando la mano di Sallador da se e tirandogli un’occhiataccia <<Passiamo alla prossima>>.
    <<Basta! Siete proprio insopportabile. Mi pare di avervi dato la prova che la merce sia ottima>> sbraitò Sallador.
    <<A me, invece, sembra che i soldi siano i miei e quindi voglio vedere quello che compro, altrimenti potete trovarvi un altro acquirente>>.
    Saan si morse la lingua e si incamminò verso la seconda nave, ma ancora una volta Lord Mallister intervenne.
    <<Voglio andare su quella!>> disse indicando la terza nave.
    <<Così sia>> rispose irritato il capitano.
    Salirono a bordo della “Dolce succo di Myr” e ripeterono la stessa noiosa operazione fatta sulla prima nave ottenendo lo stesso risultato.
    Tornati sul pontile Mallister comunicò di ritenersi soddisfatto aggiungendo: <<Sappi che se dovessi trovare qualche inganno, e so che c’è, il giorno in cui ti troverò si assisterà ad una pira di navi più grande di quella prodotta da Brandon “l’Incendiario”>> e si diresse verso la passerella che portava al molo.
    Arya rimase ferma ad osservare l’ultimo dei velieri in possesso di Sallador. La giovane Stark lesse “Tempesta” e proprio quel nome la trasportò alla notte precedente.

    Stava salendo per la corda che teneva la nave ormeggiata al molo quando i suoi occhietti videro quella grande incisione sul lato della nave: “Tempesta”. Giunta a bordo aveva zampettato a destra e sinistra seguendo l’odore che il suo sensibile naso associava a cibo. Arrivata ad una scala in legno, bagnata e ricoperta di muffa, cominciò a scenderla. I gradini erano troppo alti, ma riuscì ad ugualmente arrivare in fondo dove trovò qualcosa di insolito: le assi del pavimento erano sommerse dall’acqua. Essa era parecchio alta e lei fu costretta a nuotare verso l’invitante odore che la richiamava. Girò intorno ad un’enorme cassa di legno e si ritrovò alle spalle di tre enormi uomini che discutevano animatamente.
    <<..nti vi ho detto di togliere al più presto quest’acqua ed invece ancora irriga le casse di cibo che devo vendere>>.
    <<Capitano Sallador stiamo facendo del nostro meglio, ma la falla era molto grande ed abbiamo imbarcato parecchia acqua>>.
    <<Se aveste fatto del vostro meglio non avremmo perso duecento casse per il marciume provocato dall’acqua salata. Maledetta nave! Altro che Tempesta! Dovrebbe chiamarsi Buco o Falla con tutte quelle che vi si sono create da quando l’abbiamo presa a quegli sciocchi pirati!>>
    Intanto lei era salita sul coperchio di una cassa che si trovava a galleggiare lì vicino e si era liberata dell’acqua che la bagnava scuotendo energeticamente il suo piccolo corpo.
    <<Chiudete la falla e togliete l’acqua anche ci volesse tutta la notte. Inoltre, non voglio che una sola mosca sappia dell’accaduto. Cercherò di vendere tutte e duemila le casse comprese queste, quindi ripulitele e fatele sembrare nuove>>.
    Lei avanzando aveva trovato un pezzo di formaggio il cui odore era orribile. Lo prese tra le zampe e lo mordicchiò. Era fracido e sapeva di marcio, ma lo divorava con piacere.
    <<Abbiamo visite!>> disse uno degli uomini <<Reyn acchiappa quel topo>>.
    Vide un altro uomo grosso quanto un bue avvicinarsi con in mano una pala. Lei abbandonò il formaggio e cominciò a correre. All’improvviso sotto le zampe le si creò il vuoto. Fu sommersa dall’acqua, ma annaspando risalì, riempì i polmoni e cominciò a scuotere le zampette andando in una qualsiasi direzione. Ebbe solo il tempo di guardarsi indietro prima che tutto diventasse buio.

    Intanto tutti erano scesi sul molo. Arya li raggiunse di fretta e si avvicino al suo protettore.
    <<Lord Mallister, mi scusi>> disse <<credo che quel giorno sarà oggi>>
    <<Cosa intende Lady Arya?>> chiese Jason.
    <<Vi consiglio di controllare anche l’ultima nave. So che il capitano Sallador ha merce avariata su quella nave>>.
    <<Come faresti a saperlo ragazzina? Modera la tue infamie!>> la aggredì Sallador con la sua cavernosa voce.
    <<Vi ho visto l’altra sera con i vostri uomini a cui dicevate di tirar via l’acqua dalla stiva, di chiudere la falla e di pulire le casse col cibo andato a male>>.
    <<Questa è un’assurdità, siete arrivati stamane in porto. Lord Mallister vi consiglio di chiudere la bocca a questa mocciosa, perché non possa infangare il buon nome degli Stark con tali falsità facilmente screditabili>>.
    <<Non è vero vi ho visto in sogno. Ecco perché mi ricordavo di voi quando sono entrata nella vostra cabina>> replicò Arya.
    <<In sogno? Oh Dei! Cosa devono udire le mie orecchie>>.
    <<Non sono solo semplici sogni! Ricordate il topo che assaggiava il vostro formaggio ben annacquato?>>
    L’espressione impassibile del mercante si incrinò e ciò non sfuggì a Lord Jason che subito lo incalzò: <<Sembra che ricordiate qualcosa>>.
    Mallister alzò una mano e subito un centinaio di soldati dalle cappe indaco ed argento e grigio Stark furono sul posto dietro di lui.
    <<Capitano Saan siate così gentile da condurmi a bordo per constatare chi tra voi e Lady Arya abbia ragione>>.
    <<Non vi pare che abbia già assicurato abbastanza la mia lealtà? Cos’è adesso una bambina che racconta storielle di topi e sogni dovrebbe essere ascoltata? Ma…>>
    <<Fatelo con le buone. Sul molo ci sono altri uomini pronti ad intervenire. Dimostrate ancora la vostra buona fede e non create uno scandalo che possa non giovare alla vostra reputazione!>> disse sorridendo Jason interrompendo l’altro.
    Si diressero nella stiva accompagnati da una ventina di soldati e ripeterono l’operazione di controllo delle casse senza trovare nulla di strano. Jason Mallister si voltò verso Arya con viso truce: <<Lady Arya spero abbiate una giustificazione per l’infamia rivolta al capitano Saan!>>
    <<Io le ho viste realmente quelle casse con il cibo marcio. Controllate ancora! Cambiate zona!>> si difese la ragazza.
    <<Lady Arya, non continuate con questa storia. Vedete anche voi che la falla si trova lungo questa colonna di casse e che nessuna di esse ha difetti, come neppure le altre. E’ stato solo un sogno in cui per coincidenza vi era un topo in comune con la realtà!>>
    Arya non si abbattè, non era la tipica ragazzina che si arrendeva ai comandi di un uomo che non le credeva. Iniziò a correre verso l’uomo che aveva in mano la spranga di ferro con cui aprivano le casse e gliela rubò. Si diresse verso le file centrali, ma ben presto si ritrovò al buio. Cominciò a camminare a tentoni tastando le pareti di legno delle casse, mentre i soldati la chiamavano. D’un tratto le dita passarono su qualcosa di umido. Allora cercò di aprire la cassa a suon di colpi di spranga.
    Tutto fu inutile ed attirò a se gli uomini che la cercavano. Dietro un angolo spuntò uno dei marinai con in mano una torcia.
    <<Ragazzina dammi quell’arnese e non creare fastidi al capitano>> disse avventandosi su di lei, ma subito crollò a terra.
    <<Arya raccogli la torcia>> disse Lord Mallister rivolgendo gli occhi verso la cassa su cui erano visibili i colpi inferti dalla ragazzina.
    Egli prese l’asta di ferro ed armeggiò sulla cassa che, mentre il resto del contingente giungeva nel punto in cui si trovavano, si aprì riversando sul marinaio che si stava rialzando una montagna di cibo putrido e puzzolente. L’uomo sommerso si rialzò e cominciò a vomitare, mentre tutti gli altri si allontanavano disgustati. Tutti tranne Sallador che rimase pietrificato a fissare la catasta di marciume.
    <<Saan direi che dovremmo ridiscutere il nostro contratto>>.
    <<Cosa? Oramai hai firmato quindi non si ricontratta nulla!>> protestò rabbiosamente il mercante.
    <<Questo contratto?>> disse l’altro strappando il papiro di carta.
    <<Puh! Tanto io ne ho una copia validata dalla tua firma>>.
    <<Ne avete una copia, ma non avete dalla vostra Viserys. Dovreste sapere cosa significa ciò. Volete d’ora in poi commerciare solo in Oriente?>>
    Sallador non rispose.
    <<Bene vedo che avete capito! Vi offro quattrocento dragoni d’oro per ogni cassa con cibo non avariato e credo che dobbiate accettare oppure sparire dai Sette Regni!>> concluse il Lord di Seagard.
    Dopo un lungo istante di silenzio Sallador tese la mano all’inviato Stark, ma continuò a guardare Arya in modo cagnesco. Lei non vi badò, perché si godeva la sua vittoria con orgoglio.
    Siglato il nuovo accordo, Lord Mallister ordinò ad alcuni uomini di cominciare le operazioni di imbarco della nuova merce sulle loro navi e con Arya si diresse al forte di Capo Tempesta per comunicare degli ordini e ritirare dei documenti. Qui la ragazza ebbe una splendida ed inaspettata sorpresa: una lettera di suo padre. La legò alla cintura e continuò a seguire il suo tutore.

    Il mattino dopo tutto si mise in movimento prima che il sole sorgesse. Arya fu svegliata dal clamore e salì sul pontile. Da lì assistette ad uno spettacolare evento: all’orizzonte si vedevano 4 navi dalle vele variopinte, mentre nel porto una nave nera dalle vele bianche bruciava tra fiamme altissime: era la “Tempesta”.

    Salparono all’alba ed Arya si sedette a prua stringendo tra le mani la lettera di Lord Eddard. Una mano le fu poggiata sulla spalla sinistra. Lei si voltò e vide Lord Jason che la guardava con un sorriso. Non fosse stato le la cappa indaco ed argento avrebbe visto in lui suo padre.
    <<Ti sei fatta un nemico, lo sai?>> le disse.
    <<…M…>> l’imbarazzo non le fece proferire parola.
    <<Sono orgoglioso di te Arya! Ti ho messo alla prova su quella nave e tu non ti sei abbattuta. Anzi hai reagito alla grande e mi hai fatto concludere un grande affare, cosa che non credo sia accaduta al nostro amico Tywin Lannister in quanto una delle sue coppe era in mano a Sallador. Brava!>> disse prima di allontanarsi scompigliandole i capelli con le mani.
    Quelle parole e quel gesto le ricordarono due cose che oramai da tempo non sentiva e non vedeva realizzarsi.
    [Modificato da Jon_Re 21/10/2009 13:46]
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    Lord Petyr
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    Condottiero di Eserciti
    Maestro di Intrighi e di Inganni
    00 24/10/2009 19:47
    Mai visto prima
    MAI VISTO PRIMA


    Lucas Blackwood era a un solo giorno di viaggio da Torre delle Acque Grigie.
    A un solo giorno dal luogo scelto per la Battaglia dell’Alba.
    A un solo giorno dalla storia pensava, come gli aveva ripetuto mille volte suo padre, dalla gloria, dall’onore di esserci e dal dovere di un Blackwood di prendervi parte, cosa anch’essa ripetutagli mille volte dal defunto Tytos Blackwood.
    Al fuoco del bivacco, ripensava solitario a tutte le ragioni che l’avevano portato a cavalcare freneticamente a tappe forzate per essere in quel luogo quando la battaglia avrebbe avuto inizio.
    “ Qualcosa non va, mio Lord?” giunse all’orecchie di Lucas, che si avvide solo in quel momento del sopraggiunto ser Aaron Rivers.
    “ Penso a quello che ci aspetta da domani in poi, Aaron…” cominciò il giovane Lord di Raventree, preoccupato “ e alle ragioni che mi hanno spinto per questa scelta. In effetti ora mi ritrovo combattuto. La Battaglia dell’Alba sarà un evento storico, che onore e gloria porterà tutti coloro vi parteciperanno. Per questo, sarà un bene per Casa Blackwood di poter affermare così da esserci stata, di avervi preso parte. Ed è anche l’unico modo che conosco, al momento, di ripagare
    Lord Stark per tutto quanto mi ha concesso. Dopo la morte di mio padre, avrebbe potuto senza sforzo scordarsi di tutte le promesse e dare ciò che mi ha dato a qualcun altro, ma non l’ha fatto. Ha preferito essere di parola. Ha preferito l’onore. Adesso che c’è così tanto bisogno di ogni spada disponibile, che uomo e anche che Lord sarei se me ne fossi stato al sicuro al Nido dell’Aquila? Mi sarei vergognato. “ concluse fissando nuovamente il fuoco, smarrito
    “ Alle donne piacciono i giovani guerrieri coperti di gloria. Se li immaginano ammaccati, con la spada di traverso sulle spalle, che lenti e inesorabili tornano dalla battaglia appena conclusa. Trionfanti, vittoriosi. E loro a prendersene cura…” cercò di risollevargli un po’ il morale ser Aaron, ironicamente, ma senza risultato. Il nuovo Lord di Raventree rimase visibilmente angosciato.
    Allora ser Aaron si sedette di fronte a lui, cercando nel mentre che l’osservava di ravvivare il fuoco spostando le braci con l’uso di un bastone.
    “ Dovete guardare le cose da un'altra prospettiva, mio Lord, se permettete.” Riprese Rivers
    “ E quale sarebbe?” chiese Lucas, attento
    “ Che questo è il vostro ultimo sforzo. Una volta finita questa battaglia, ciò che vi aspetta è un avvenire radioso. Sarete reggente della Valle di Arryn, che diamine! Un titolo di grande prestigio, e anche potere. E sarete sposato. E mica con chiunque, con Lady Sansa Stark, per la quale molti ucciderebbero oggi, per entrare in quel talamo, se non altro per ingraziarsi il padre.
    E tutto questo non vi sembra una ricompensa abbastanza soddisfacente per una sola battaglia?” sorrise infine il suo fido aiutante e amico di vecchia data, convinto d’essere riuscito a persuaderlo d’abbandonare quei pensieri di dubbio.
    E invece, Lucas si fece se possibile ancora più cupo.
    “ Sai qual è la cosa che mi spaventa di più, Aaron?”
    “ La sconfitta?” cercò di indovinare lui
    “ No. Quello di cui ho veramente paura è di non riuscire a combattere. Non perché mi manchi il coraggio, o non sappia usare la spada. Ma perché non ho mai combattuto. Non ho esperienza.”
    “ Ci saremo noi a proteggervi,mio Lord. E’ solo questo che vi spaventa?”
    “ No, Aaron. Quello che mi spaventa è di restare schiacciato sopra il nome che porto” sentenziò Lucas, serio e conscio, osservando il fuoco.
    Ser Aaron Rivers capì. Non era la paura della battaglia in sé, né dell’inesperienza, o di scoprirsi un codardo. Rivers sapeva, conoscendo il suo signore e avendo già partecipato a varie battaglie, che Lord Lucas avrebbe saputo controllare queste paure. Le battaglie a cui aveva partecipato in passato gli avevano consegnato la capacità di saper riconoscere i vari tipi di uomini.
    Ma non aveva mai considerato la situazione, perché a lui mai sarebbe toccata, di combattere sapendo che non si può morire.
    E adesso che la prendeva in considerazione, comprese che era in effetti un fardello davvero pesante da portarsi sulle spalle su un campo di battaglia.
    Lord Lucas Blackwood non era sposato e non aveva eredi, al momento. Il futuro gliene prometteva, ma solo dopo quella battaglia. Se lui fosse morto, non sarebbe morto solo un uomo tra le migliaia che sempre cadono in battaglia. La sua fine significava anche la fine di Casa Blackwood stessa, verso la quale Lucas nutriva un profondo senso del dovere. Era quello il motivo dei suoi dubbi, delle sue angosce.
    Pensando a una risposta, Rivers capì che non aveva una pronta, così si ritrovò anch’esso a fissare il fuoco, pensieroso.
    “ Capisco ciò che dite, mio signore. E devo dire che è un motivo importante.”
    “ Già” si strinse nelle spalle Lucas “ma è inutile starci a pensare adesso. Ormai è deciso. Controlla gli uomini e i cavalli. All’alba partiamo, perciò cerca di riposare.” Ordinò infine, sdraiandosi sul proprio giaciglio.
    “Sì mio signore” rispose Rivers, che immediatamente si alzò, per passare in rassegna la dozzina di uomini al loro seguito, controllare i cavalli e andare a riposare.Non prima però di aver gettato un ultimo sguardo verso il suo signore che, ne era certo, non stava dormendo.

    Alle prime luci dell’alba tutti erano ai propri posti. Procedettero lenti , dopo giorni di tappe forzate, e questo sembrò strano a ser Aaron, visto che la battaglia sarebbe potuta cominciare ormai in qualunque momento. Procedeva subito dietro al giovane Lord di Raventree, che era ancora visibilmente turbato, ma non disse nulla.
    Poi, improvvisamente, Lord Blackwood aumentò la propria andatura, e chiese a ser Rivers di raggiungerlo. Quando gli fu al fianco, senza guardarlo in faccia gli chiese
    “ Cosa ne pensi di mio padre, Aaron?”
    Aaron preferì la sincerità. Il precedente Lord di Raventree, Tytos Blackwood, non gli era mia piaciuto troppo.
    “ Un uomo di talento, ma anche per molti versi un traditore, a mio avviso. Ha voltato le spalle a Casa Tully in un momento delicatissimo, lasciando che il Frey ne facesse ciò che vuole, solo per il suo interesse. E tutti ne abbiamo visto i risultati. Questa è stata la sua colpa ed era una colpa grave.”
    Sospiro di pausa per entrambi
    “ma devo riconoscere che è stato anche un uomo di coraggio. Ha fatto un gioco estremamente pericoloso, pur sapendo bene che l’errore si pagava con la vita, così come poi è successo. Ma l’ha fatto lo stesso, ottenendo ciò a cui ambiva. Per questo, merita comunque rispetto. Non è detto che le guerre si vincano con la spada e questo, senza dubbio, vostro padre l’ha dimostrato. Si può dire che abbia inciso molto più lui sull’esito di questa guerra di tanti cavalieri gonfi solo di qualche vittima e qualche battaglia. Mentre vostro padre invece, con inchiostro, pergamena e corvi ha abbattuto un esercito intero”
    “ Credi che gli Arryn abbiano fatto bene a ucciderlo? “
    “ Io non credo che…”
    “Esigo una risposta, ser Rivers” si impose Lord Lucas. Ser Aaron ci pensò a lungo, quindi pronunciò la sua idea al riguardo
    “ Ebbene…no. Qualunque altra delle Casate avrebbe avuto il mio consenso, gli Arryn no.
    Lord Tytos ha tramato e tradito, ma mai ha alzato la mano contro chi gli è stato vicino fino a quel momento, né l’avrebbe fatto in seguito. Inoltre, gli Arryn potranno anche fare i pavoni con il loro onore, ma è solo per l’aiuto dei Tully che sono durati tutto questo tempo, altrimenti sarebbero scomparsi molto prima. Senza contare che, quando vostro padre era di fatto l’unico a sorreggere Casa Tully, avesse voluto avrebbe potuto fare ciò che voleva della Valle, e forse anche dei pirati Greyjoy. Ma non lo fece. Secondo me, quello degli Aryn non è altro che un turpe assassinio, davanti agli occhi di tutti gli dèi, vecchi e nuovi.”
    Lord Lucas Blackwood ponderò attentamente ciò che aveva udito.
    Quindi sorrise, e Aaron si sentì subito sollevato.
    “Credo che quello che dici sia vero, Aaron” disse cordialmente Lucas “ ed era quello che ho pensato anch’io, stanotte. Da tutto questo, ho tratto insegnamento. Il mio dovere non è solo verso Casa Blackwood, lo è anche verso Lord Stark, verso Lady Sansa, verso le genti che un giorno spero dovrò governare. Ed è anche il passo obbligato verso la realizzazione dei miei sogni. La morte è solo un prezzo che si potrebbe dover pagare nel tentare.E adesso andiamo a questo dannata battaglia”
    “Sì, mio signore” rispose Rivers, contento della risposta del giovane Lord e orgoglioso di servirlo.
    “ Mio signore, ora che ci penso…quando torneremo, potrei seguirvi nella Valle…dicono che le ragazze nella Valle…” riprese a scherzare Rivers
    “ Ne parleremo al ritorno, Aaron. Adesso c’è la battaglia” gli rispose Lucas, seriamente, dopodiché ordinò di aumentare l’andatura.

    Un paio d’ore dopo, ormai prossimi a Torre delle Acque Grigie, allo scarno contingente battente insegna Blackwood si fecero incontro due uomini in armatura, a cavallo di potenti cavalli da guerra.
    “Altolà” intimò loro uno dei due “Per ordine di Lord…” poi le parole si bloccarono.
    Uno dei due sollevò la celata dell’elmo, sgranando gli occhi stupefatto. Lord Blackwood lo riconobbe subito : si trattava di Jory Cassel.
    “Lord Blackwood…ma…voi dovreste essere…” iniziò il cavaliere, cercando le parole giuste, che trovò invece Lucas, completando la sua obiezione “ Al Nido dell’Aquila? No. Il mio posto è qui.”
    “Ma…”obbiettò Cassel “ Lord Stark aveva disposto che voi andaste al Nido dell’Aquila con
    Lady Sansa. Che ne sarà di lei?”
    “A questo ho già pensato, ser Cassel” rispose Lucas, fermo
    “ Lord Stark sarà contrariato da tutto ciò. Stava giusto scrivendovi”
    “ Allora risparmierà l’inchiostro, credo. Andrò a chiedergli udienza appena possibile” poi si girò alle sue spalle “ questi sono i miei uomini. Certo non sono grossi rinforzi, ma validi combattenti senza dubbio. Siamo giunti fin qui a tappe forzate. Spero potrete dargli qualcosa”
    “ Questo lo farò non appena Lord Stark me lo ordinerà” si impuntò il cavaliere. Certo il giovane Lord di Raventree era stato troppo altezzoso.

    Quando giunsero alla torre delle acque grigie, il tintinnio del metallo era ovunque, e attorno a sé sembrava un formicaio, con uomini stipati in ogni dove fuori delle mura che andavano e venivano in continuazione. Gli armigeri Blackwood, compreso ser Rivers, vennero fatti accomodare, senza troppa grazia, fuori del castello. Lord Lucas invece venne condotto all’interno, nella piazza d’arme, piena di uomini in arme. Neanche fecero in tempo a scendere da cavallo, che un cavaliere andò loro incontro, strafottente “Questo damerino è Lord Blackwood?” chiese rivolto a ser Cassel
    “Attento a come parlate, ser. Costui è il Lord di Raventree, futuro genero di Lord Eddard Stark. Volete forse mancargli di rispetto?” si acciglò ser Cassel, studiandolo severo in volto
    “Nessuna mancanza di rispetto, ser Cassel. Questo è un campo di battaglia, non una corte. E in effetti ho più da imparare che da insegnare. Sì, sono Lord Blackwood, cavaliere” ammorbidì i toni Lucas rispondendo al ser.
    “Allora presto potreste pentirvi di esserlo, mio Lord di vattalapesca”
    “ Lord di Raventree, SER” rispose Lucas, interrompendolo
    “ Sì, certamente. Lord Eddard ha saputo del vostro arrivo dalle vedette. Ha ordinato di condurvi immediatamente da lui. Sembra piuttosto risentito”

    Lord Lucas scesa da cavallo e seguì il cavaliere, che lo condusse nella sala più alta della torre, dove, venne a sapere, erano gli alloggi di Lord Stark.
    Non appena venne introdotto, Lord Stark fece uscire il cavaliere “Lasciateci soli.”ordinò seccamente, e il cavaliere sparì, richiudendo la porta.
    Allora Stark partì all’attacco
    “ Che sei venuto a fare?”
    “ Il mio dovere” rispose Lucas, per ora saldo “ e a mettermi al vostro servizio. “
    “ Quello che mi serve è un marito per Sansa e un reggente per la Valle. Morissi, mi procureresti non pochi grattacapi” reagì severo Eddard Stark, imperioso
    “ Questa è la Battaglia dell’Alba. E’ mio dovere esserci. Come posso sperare di governare la Valle, se non combatto neanche per chi la abita? Direbbero tutti che mi nascondo sotto le gonne della mia consorte. Così, invece, avrò fatto il mio dovere, come mio padre mi ha ripetuto fino alla noia, e forse avrò anche un po’ di gloria per il maggior lustro di Raventree e Casa Blackwood”
    “Questo è il profilo perfetto di un eroe, di cui sono pieni i cimiteri. O di un idiota, di cui i cimiteri sono anche più pieni. Per gli Dèi, ma che ti è saltato in mente? Dovere, dici. Verso chi? Io ti ho detto di andare al Nido dell’Aquila. E tu sei qui. E se ti fai ammazzare? E’ questo il tuo dovere di marito? Crepare in una palude prima ancora delle nozze non mi sembra proprio che lo sia.”
    “ Ho una spada, Lord Stark, ed è al vostro servizio. E ho anche i miei uomini.”
    “ Hai uno sparuto gruppetto di uomini e una spada che non hai mai usato. Stai abusando della mia pazienza, Lucas.Se io do un ordine quello deve essere. Sono stato chiaro?”
    lo rimproverò Lord Stark, sempre più adirato.
    “ Adesso ripartirai immediatamente per Nido dell’Aquila.”
    “Non posso farlo, Lord Stark. “ rispose Lucas, tristemente, ma comunque risoluto
    “Questo è il mio posto. E’ il mio dovere verso tutto e tutti. E adesso come adesso è l’unico modo che conosco per ripagarvi di ciò che avete fatto per me”
    “ Per ripagarmi dovevi fare quello che ti ho comandato. E che farai. Tuo padre mi sarebbe stato molto utile, era un valido stratega e comandante. Tu sei troppo giovane per essere l’uno e l’altro.
    Non so che farmene di te. Tu torni indietro adesso”
    Eddard Stark stava difficoltosamente cercando di mantenere la calma, questo Lucas lo vide chiaramente. Ma ormai aveva preso la sua decisione.
    E tornare indietro sarebbe stato peggio di non essere mai partito. Quindi, seppur con la voce rotta dalla soggezione, mantenne il proprio convincimento
    “ Non posso farlo. E ormai la battaglia incombe. Dovessimo essere sconfitti, dove sarò dopo non avrebbe nessuna importanza. Lasciate che mi metta al vostro servizio, ve ne prego.”
    Su questo aveva ragione, Lord Stark lo sapeva bene. Fosse arrivata la sconfitta, sarebbe arrivata anche la fine per tutti. Ma Lord Stark era, o voleva essere, certo della vittoria, per cui rischiare la vita di Lord Blackwood lo disturbava non poco. E non solo perché la sua morte sarebbe stata un problema per il futuro assetto della casata. Ma anche perché, e questo lo faceva arrabbiare ancora di più, il giovane Lord Lucas non si rendeva conto che lui aveva promesso ad un Tytos Blackwood in punto di morte di prendersi cura del figlio. Una promessa che, essendo anche lui padre, non voleva in alcun modo rompere.
    “ E dove pensi che dovrei schierarti? Tu che non hai mai brandito la spada in guerra, e che adesso vuoi affrontare gli estranei?”
    “ Al vostro comando. Avanguardia” qui la risposta fu immediata e sicura. Lord Stark sorrise, acido.
    Questo era troppo. Preparò le grida:
    “ SIA MALEDET…”
    “ Hai scelto proprio bene, Ned!” esclamò una voce tonante, mentre la porta si apriva. Entrò un uomo enorme, con una folta barba e un elmo con lunghe corna di cervo ricurve
    Lord Stark guardò verso l’alto. L’ingresso di Robert Baratheon e il suo spirito combattivo in quel momento era la peggiore delle cose che potevano capitare.
    Diede una bella pacca sulla schiena di Lord Eddard
    “ Allora non è un damerino come avevo sentito dalla truppa! Ma l’hai sentito? Avanguardia! Senza aver mai combattuto prima. Questo sì che è coraggio….”
    “ Robert, non è il momento. “ lo ammonì Eddard Stark “ e Lord Blackwood sta tornando al Nido dell’Aquila” sentenziò infine
    “ Andiamo, Ned, questo non è giusto. Il ragazzo vuole combattere, no? Lascia che combatta“
    si impuntò Robert
    “ Non è questo il momento”
    “ E quando dovrebbe essere? Quando sarà vecchio? O a un torneo per damerini? Diamine, Ned, qui si parla del futuro di tutti noi!” si inalberò Robert.
    A quel punto, Eddard si arrese. Con l’ingresso di Robert era diventata una discussione sterile, e il giovane Lord di Raventree aveva acquisito nuova sicurezza.
    “ E va bene, maledizione. Sarai nell’avanguardia, sotto il mio comando. Adesso ritirati”
    Lucas, soddisfatto , si ritirò senza dire una parola, perché capì subito dall’espressione di Lord Stark quanto fosse adirato. Non appena uscì, Ned si voltò verso Robert
    “ Non sono affari tuoi, questi”
    “ Ahhh, fottiti, Ned…” lo circuì Robert “ dovresti ringraziarmi.”
    “ Non vedo perché”
    “ Secondo te uno molla una bella ragazza come tua figlia Sansa, il Nido dell’Aquila, si scapicolla fino a qui per combattere e poi se ne va alla prima sculacciata che gli dai. Cavoli, Ned, e dire che pensavo fossi intelligente. Non se ne sarebbe mai andato. E meglio nella avanguardia che tra i fanti”
    “ Questo lo so anche io, Robert.Ma qui si combattono gli Estranei” rispose preoccupato Ned
    “ E a lui sono toccati per primi. Brutta rogna” ammise Robert “ ma tant’è. Spero non si faccia ammazzare. Sarebbe un buon genero. Di quelli cui andare fieri”
    “ Lo so. Ma a Sansa serve un marito e un abito da sposa, non un uomo ammirevole e il nero del lutto” si accigliò nuovamente Lord Stark.
    “ Ha un alto senso del dovere e dell’onore. Ma non è detto che sia un difetto”
    “ In questo caso può esserlo”
    “ Ahh, Ned…non cambi mai, dannato! Sempre di ghiaccio come la Barriera…dì la verità…ti piace eh? “ lo riprese amichevolmente Robert
    “ Non è questo il punto” replicò Ned
    “ No, non lo è. E’ il tuo senso dell’onore, il punto. Hai promesso al padre di occupartene, e senti che qui potresti non riuscire a farlo. Vero?” gli domandò infine Baratheon, retorico
    “ Ti capisco. Speriamo vada tutto bene.”
    “ Già speriamo. Anche perché se crepa…”
    “ Catelyn tornerà cupa e fredda e Sansa una lagna senza fine…ahahahahah, allora sì che rimpiangerai gli Estranei” si divertì Robert
    “ Gli metterò alle costole Barristan” decise Ned
    “ Ottima scelta…sperando il ragazzo non si lanci alla carica…”
    “ E’ giovane, non stupido”

    Quindi i due si salutarono, andando a prepararsi per l’imminente battaglia.

    Nel pomeriggio, tutta l’avanguardia era pronta.
    Lucas era poco dietro Lord Stark, che aveva al suo fianco Jory Cassel e Howland Reed. E ancora dietro di loro, l’immenso esercito dei Sette Regni, martello degli uomini contro gli Estranei.
    Lucas si girò alle sua spalle, sollevandosi al contempo dalla sella.
    Mai aveva visto prima una cosa del genere.
    Dietro di loro c’era un immenso oceano di scudi di tutti i tipi e colori, e una distesa di punte d’acciaio ondeggiava e si rifletteva sotto la luce grigia del giorno, a perdita d’occhio, fino all’orizzonte.
    Su di un alta torre l’immenso drago nero dei Targaryen sbuffava nervosamente, tenuto buono dalla sua padrona Daenerys Targaryen, i cui capelli argentati erano un altro vessillo tra le migliaia, sollevati dal vento, in tutta la sua fulgida bellezza, come l’eroe di una leggenda dell’Età degli Eroi.
    Su tante altre torri, arcieri, catapulte e balestre coi colpi infuocati erano pronte a lanciare i loro veloci messaggi di morte al primo avvistamento della minaccia del gelo incombente.
    Uno spettacolo magnifico, per quanto preoccupante, come un desiderio a lungo inseguito, che alla fine non si è certi di voler esaudire.
    Tornò nuovamente in posizione, guardando avanti a sé, e vide che Lord Stark, lo stava osservando, freddo e distante. Gli disse solo :
    “ Cerca di starmi vicino e non farti ammazzare, mia figlia ne sarebbe oltremodo contrariata”
    Poi non gli disse più nulla, né lo degnò più di occhiate. Posò anche lui il suo sguardo verso l’immensa folla di uomini dietro di loro. Il silenzio era calato tra loro. Lord Star, capo chino, inspirò a fondo, poi tornò a osservare tutti quei soldati, ma con un aria diversa.
    Tutti gli occhi del mondo, in quel momento, erano puntati su di lui.
    A volte, si ritrovò a pensare lord Blackwood, l’esito di una battaglia può essere deciso non solo dalla preparazione, dalla forza dell’esercito, dall’abilità strategica o dall’esperienza.
    A volte, per vincere anche la battaglie più difficili, basta un uomo in grado di accendere gli animi di ardore, di quella infondata certezza di vittoria.
    Proprio quello che lord Stark fece.
    “Non vedo confratelli! Un dispiacere per il mio cuore! Una vergogna per i loro!” comincio Eddard, con tutto il fiato che aveva “Penso sia il momento di finire quello che la confraternita dei guardiani ha cominciato da tempi immemorabili! Perciò…”
    Fece una pausa, “Udite le mie parole, siate testimoni del mio giuramento!” Le truppe Stark si inginocchiarono.
    “Cala la notte, e la mia guardia ha inizio.
    Non si concluderà fino alla mia morte. “
    Era il giuramento dei Guardiani della Notte, questo Lucas lo sapeva, così come capì il senso di ciò che stava accadendo. Meccanicamente, senza riflettere, sottovoce ripetè le parole di Lord Stark, sentendo un senso di fierezza crescere dentro di sé ad ogni parola, così come lo vedeva crescere nelle espressioni di soldati che fino a poco prima erano evidentemente attanagliati dalla paura.
    “Io vivrò al mio posto, e al mio posto morirò.
    Io sono la spada delle tenebre.
    Io sono la sentinella che veglia sul muro.
    Io sono il fuoco che arde contro il freddo, la luce che porta l'alba, il corno che risveglia i dormienti, lo scudo che veglia sui domini degli uomini.
    Io consacro la mia vita e il mio onore a questa battaglia!”
    Molti sguainarono spade, levandole verso il cielo plumbeo, quasi a sfidarle, e molteplici lance vibrarono in cerchio, agitando l’aria, annunciando a chiunque le potesse udire che stava per scatenarsi una tempesta d’acciaio tagliente.
    La marea umana li presente, caricata al massimo, non potè infine che sommergere questi suoni sotto un boato di approvazione per le parole del loro comandante, al grido :
    “Per questa notte… per l’Alba!”
    Mentre una momentanea euforia rendeva tutti ebbri di gloria e onore, Lucas vide sopraggiungere, poco distante da sé, un imponente figura a cavallo, che si dirigeva senza difficoltà in testa alla colonna d’avanguardia: Robert Baratheon, capì subito senza il minimo dubbio. Come era nel suo stile, Robert Baraheon fece notare il suo pensiero guerresco, urlando anch’esso : “…se pensi che m’importi di quel vecchio giuramento ti sei bevuto il cervello, così come tutti voi!” esordì, suscitando le prime risate “Ce l’ho io un motivo valido per sfondare le chiappe a quelli la fuori! …Per il vino che ci berremo e per le donne che ci terranno compagnia domani! ...e che io sia dannato se non è così!”
    Anche per lui, per la sua guascona e guerresca promessa, la folla sollevò le picche e le spade, un boato pervase l’aria. In effetti, pensò Lucas, anche un po’ di sfrontatezza e spavalderia serviva, alla vigila della battaglia. Ringraziò gli dèi e plaudì tra sé Lord Stark per aver ancora tra loro un uomo di tale valore.
    Robert si fermò poco distante da Lord Eddard, tre-quattro metri, scambiando con lui un breve dialogo, che Lucas però non riuscì a cogliere, salvo che nel finale, una sola,singola frase:
    “Dannata pelle di Lupo! Ne butto giù almeno il doppio di te! E poi non ti conviene starmi tanto vicino; quel micino sputa fuoco potrebbe far finta di non riconoscermi e incenerire le mie vecchie chiappe solo per il gusto di farlo!”
    Un sorriso increspò le labbra del giovane Lord di Raventree, che continuò a osservarli mentre sorridenti si voltavano verso l’esterno, verso l’ignoto della battaglia.
    Sentì un forte senso di ammirazione, un desiderio enorme di diventare un giorno anche lui così,degno di reggere il destino di un mondo e di poterne sorridere al tempo stesso.
    Avrebbe voluto raggiungerli, essere tra loro, in prima fila. Strinse tra le mani le redini del suo cavallo da guerra con forza, voglioso di spronarlo ad avanzare con regale imperiosità verso quei due uomini, ma non lo fece.
    Anche perché ne mancò il tempo.
    Una vedetta urlò.
    Avvertì un vento salire alle sue spalle, un profondo ruggito scuotere anche le viscere della terra, un ombra oscurare il cielo. Un attimo dopo, avanti a sé vide alto nel cielo un immenso spettro nero volare furente verso il nemico avvistato. Per un secondo, ebbe come l’impressione che l’uomo avesse fatto un patto con lo Sconosciuto.
    Dietro a quell’immenso spettro alato nel cielo, migliaia di dardi infuocati solcarono il cielo, seguiti da scie bianche come nuvole nel cielo di primavera.
    Era giunto il momento.
    Tutta l’avanguardia sguainò le spade.
    Lentamente, la formazione prese ad avanzare.
    Lord Lucas Blackwood sapeva che stava avanzando, in un atmosfera di grandiosa e al contempo disperata determinazione di tutti, verso il suo destino, verso la storia, verso l’adempimento del proprio dovere. Le sue certezze e i suoi dubbi svanirono tutti insieme. Non contavano più niente.
    Aveva provato infinite volte a immaginare gli Estranei, ma mai c’era riuscito. Quando infine in lontananza li vide, la sua mente raccomandò al corpo di non farsi intimorire, di essere saldo, mentre la pura prendeva invece possesso della bocca del suo stomaco. Non avrebbe mai potuto immaginare una cosa del genere.
    Ma quando, alle sue spalle, udì il ruggito della marea umana mischiato al cozzare delle lame sugli scudi, vide capitare a se stesso e al resto dell’avanguardia qualcosa di incredibile. Mutarono.
    Da qualche parte, come all’unisono, come se il Padre avesse scelto di far parte di tutti loro, divennero giganti. Le loro sembianze erano sempre le stesse, ma le ombre che proiettavano in avanti mai parvero più forti e minacciose, uomini fusi coi destrieri apparivano. Erano tutti diventati, nell’animo, epici combattenti di leggende andate perdute.
    In quel momento fu certo della vittoria.
    Perché aveva visto accadere qualcosa di grandioso.

    MAI VISTO PRIMA
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    Jason Mallister
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    00 04/11/2009 15:38
    VARDIS II

    Le stelle splendevano nella notte già da molte ore, quando Vardis scivolò fuori dalla propria umile cella e si incamminò lungo le mura di quella che per migliaia di anni, era stata la fortezza degli indiscussi signori del Dorne: i Martell. Salito sopra il camminamento di ronda, compì un lungo e solitario giro, fino a che passo dopo passo, i propri piedi lo condussero casualmente nei pressi di quella che gli abitanti di Lancia del Sole definivano come la Nave di Sabbia. Giunto sulla sommità del muro, poco distante da un grosso braciere incandescente, Vardis appoggiò le mani sul parapetto e lasciò che il suo sguardo si perdesse lungo l’orizzonte marino che circondava per tre lati su quattro, la fortezza dei Martell. Una folata di vento umido e gelido proveniente dal mare lo investì in pieno, agitando i capelli argentei e strapazzando il lungo mantello color neve; mentre decine di metri più sotto, la polvere si era alzata fitta lungo le contorte strade della città d’ombra.

    Rabbrividì. “Dannazione. E chi l’aveva mai sognato che anche nel remoto sud... facesse così freddo!” pensò fra se, abbozzando un tetro sorriso. Effettivamente il calore rovente ed impietoso del giorno, aveva fatto posto ad una notte insolitamente gelida, perfino per quella stagione. Ma, nonostante il freddo che gli ghiacciava le ossa, non si dissuase ad abbandonare quella posizione. Troppi pensieri si rincorrevano nella testa e con il passare dei giorni, sentiva un disperato bisogno di trascorrere del tempo da solo con se stesso.
    Lasciò pertanto che i suo pensieri si perdessero fra le onde del mare, non sapendo che proprio fra quelle acque, nascoste dalle tenebre notturne, decine di Galee da guerra nemiche erano impegnate nel pattugliamento del litorale costiero. “ Che io sia dannato! Per quale assurdo motivo gli Dei hanno scelto proprio me, per partecipare all’ultima battaglia per la difesa del regno?? Io che di tutti i miei confratelli, sono quello che si è macchiato gravemente d’ insubordinazione, per cercare stupidamente di sovvertire gli esiti della guerra. Sarei dovuto morire ad Harrenhall. Sarebbe stata una fine gloriosa invece di...”
    << VARDIS …. SER VARDIS!! Non riconoscete neanche più la voce di un amico??>>.
    Confuso ed ancora in balia dei propri pensieri, si volse indietro e vide a pochi passi di fronte a se, il volto sorridente di un giovane uomo, semi nascosto da una pesante cappa di lana, sotto il quale si intravedeva un elaborato farsetto verde con ricami in filo d’oro, fermato alla vita da una cintura di rose dorate. Dietro di lui, due figure imponenti rivestite da capo a piedi da una cotta di maglia di ferro su cuoio nero, avvolta da un mantello verde di lana grezza. Verde. Ancora verde…. “I colori di Alto Giardino”.

    << Lord Willas, sto diventando vecchio, ma ancora non mi sono dimenticato di voi. Ero così assorto fra i miei pensieri che non vi ho neanche sentito arrivare..>> gli rispose Vardis concedendogli un sorriso. << A proposito cosa state facendo alzato a quest’ora? Anche voi non riuscite a prendere sonno?>>.

    << No cavaliere. >> Gli rispose l’erede di Altogiardino e protettore formale di Lancia del Sole, assumendo un espressione seria. << Meno di un’ora fa, alcuni corvi sono rientrati negli alloggi del Maestro Caleotte. Portano notizie dei complotti inerenti al ritorno sul trono di Robert Baratheon.>>

    << Era quello che aspettavamo con ansia da giorni. Allora, che notizie ci sono giunte dal resto dei Sette Regni, mio signore?>>.
    Willas guardò intensamente negli occhi il cavaliere della Guardia Reale, quasi volesse cogliere il suo stato d’animo, poi aggiunse quasi pronunciasse a fatica quelle parole. << Vardis sarò sincero. Le notizie che ci sono giunte dai mercanti delle Città Libere e dai nostri… ormai pochi amici …. non sono per niente buone! Quel cane di Viserys si è rifiutato persino di leggere le nostre missive, mentre i suoi generali più importanti come Ser Jorah, Daario o persino il buon Ser Barristan, hanno fatto capire senza troppi giri di parole che non muoveranno un dito contro i presunti lord ribelli.>>

    << DANNAZIONE!! >> Vardis sbatté con rabbia il pugno ferrato contro il muro. << CODARDI ……. Tutti quanti, dal primo all’ultimo!!! Ma ….. diamine! Le prove che gli abbiamo fornite erano più che sufficienti. Cosa vogliano di più? >>

    << Non si tratta di coraggio, ne tantomeno di alcuna prova, mio cavaliere. Nelle loro attuali condizioni, non sarebbero mai riusciti a vincere una possibile guerra contro i lord di mezzo reame. Hanno preferito sorvolare sull’intera vicenda chiudendo entrambi gli occhi, per salvare l’attuale situazione. >>

    << Ed il popolo come ha reagito ai nostri messaggi? Qualcuno ha osato prendere le armi in nostro nome? >> domandò Vardis aggrappandosi all'ultimo briciolo di speranza.

    << Si mormora che in segreto mio fratello sia ancora amato dal popolino, ma temo che ciò non sia sufficiente a far sollevare il popolo contro le ben numerose forze dei nostri avversari. Tre anni sono passati e tre re si sono succeduti sul Trono di Spade, con le loro guerre e le devastazioni che esse hanno portato. Le persone sono stanche di combattere e per questo hanno creduto a tutto ciò che gli è stato detto dai nostri nemici, o almeno hanno fatto finta di credere alle loro parole. Le terre attendono di essere coltivate, e le merci devono tornare a circolare liberamente nei mercati. La vita aspetta di essere vissuta oltre queste mura e noi non possiamo fare altro che attendere da soli, la nostra fine. E’ stata una disfatta su tutta la linea…>>

    << No Willas. Sebbene tutto ciò che ci circonda sia solo indifferenza, verrà un giorno in cui raccoglieremo il frutto di ciò che abbiamo così duramente seminato. Col passare degli anni, Viserys finirà prima o poi col perdere il consenso e la stima che ora gode in mezzo al popolo, data la sua natura puramente folle e corrotta. Allora in quei giorni bui, il ricordo delle gesta di vostro fratello resterà per le genti, l’unico faro di speranza per un vita migliore. Nel frattempo, cercate di sopravvivere in un modo o in un altro a questo terribile assedio e al futuro processo, in attesa di quel giorno. In attesa del vostro ritorno… >>
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    Nella quarta partita: Lord Eddard Stark, Signore di Grande Inverno e Protettore del Nord dei Sette Regni e delle Isole di Ferro

    Nella terza partita: Bronn Blackspears, RE di Picche, Principe di Lancia del Sole e Capitano Generale dei Neri Mercenari

    Nella seconda partita: Ser Vardis Egen, Comandante delle Cappe Bianche di Re Garlan Tyrell, esiliato alla Barriera
  • Jon_Re
    00 04/11/2009 18:52
    Ritiro da Lancia del Sole

    Era una calda giornata di sole quando una nave recante l’emblema del meta-lupo arrivò nel porto di Lancia creando stupore dato che quell’unica nave non poteva rappresentare né un rinforzo né tantomeno un rifornimento.
    Una guardia diede l’ordine ad un’altra di andare ad informare il comandante Jon e ad altri due soldati di controllare di cosa si trattasse. Al loro ritorno erano seguite da Ser Eddard Karstark che chiese di poter incontrare Ser Jon Snow in quanto recava un importante messaggio di Lord Eddard controfirmato da Viserys III. Roland, capitano delle guardie in quella posizione della città, inviò un secondo soldato a rettificare il precedente messaggio diretto a Ser Jon. Avrebbe dovuto richiedere urgentemente la sua presenta al porto, perché Ser Eddard Karstark aveva notizie importanti da comunicare.
    Dopo molto tempo sul molo si intravide la luminosa cappa bianca del giovane Snow. Con grande felicità Arya, che osservava dalla nave tutta la scena, suo fratello era seguito da Lord Mallister che lei quel giorno non aveva potuto seguire come di consuetudine nelle sue mansioni, perché egli aveva il compito di provare una sortita offensiva alla porta ovest della città.
    Suo fratello accolse calorosamente il giovane Karstark e lo invitò ad accomodarsi nella sua cabina a bordo della “Tormento del Nord”. Dopo averli seguiti anche lei fece per entrare, ma Jon la fermò. Allora Lord Jason intervenne in suo favore finché suo fratello non cedette facendola accomodare su uno sgabello posto vicino ad una finestra. In fondo erano notizie di Lord Eddard che a Lancia del Sole insieme a Jon aveva inviato anche lei, per cui aveva anch’ella il diritto a partecipare alla riunione. La ragazza notò che suo fratello non era il solo scontento della sua “intrusione”, infatti, anche Ser Eddard dava l’impressione di non concepire perché una bambina fosse con loro, ma non proferì parola a riguardo. I tre uomini si sedettero alla scrivania e Jon versò del vino probabilmente proveniente da Arbor per loro.
    L’ultimo arrivato a Lancia fu il primo a parlare: <<Lord Eddard in persona mi manda a consegnarvi questo importante messaggio. Con me sono arrivati altri quattro messaggeri che consegneranno altrettanti uguali messaggi controfirmati ad Approdo e diretti ai nostri alleati. Deve essere qualcosa di molto importante perché è stato organizzato tutto in grande stile dalla coalizione. Oserei dire che dato tutto l’impegno proferito Lancia potrebbe cadere presto!>>
    <<Beh! Allora constatiamo subito di cosa si tratta>> replicò Jon rompendo il sigillo e srotolando la pergamena.
    Dopo poco sgranò gli occhi come se avesse visto un cavallo con le ali.
    <<Cosa c’è Ser Jon? Di cosa si tratta?>> chiese preoccupato Lord Mallister.
    <<Ecco leggete>> rispose suo fratello porgendogli il manoscritto.
    Presto anche la faccia di Lord Jason assunse la stessa espressione confusa di Jon.
    <<Vuole che ci ritiriamo!?>> disse il signore di Seagard con una frase che era qualcosa a metà tra un’esclamazione ed una domanda.
    <<A quanto pare questi sono gli ordini mio Lord. Come leggete dobbiamo tornare a Capo Tempesta ed attendere nuove direttive>> rispose Jon.
    <<Ma così fuggiranno chissà dove proprio ora che sono allo stremo>> ribatté l’altro.
    <<Lord Mallister, avranno qualcosa in mente se tutti hanno deciso una tale condotta>> rispose il vice capitano delle cappe bianche aggiungendo poi: <<Ser Eddard vi fermate con noi o ripartite subito?>>
    <<Ho l’ordine di tornare subito ad Approdo con gli altri messaggeri. Quindi, chiedo il vostro congedo!>>
    <<Concesso!>> disse suo fratello con torno autoritario.
    Il giovane Karstark allora fece un saluto militare e si allontanò.

    Da quel momento in poi iniziò un caos che ebbe fine a metà del giorno dopo quando tutte le tende erano state levate, le armi d’assedio caricate sulle navi e la città divenuta un deserto.
    Le navi si allontanarono dal porto, ma i loro nemici non osarono uscire dalle mura temendo probabilmente un’imboscata.
    Nulla si mosse finché il forte non divenne minuscolo. A quel punto una bandiera verde con al centro un segno color oro fu issata sulle mura di Lancia del Sole. I loro avversari si godevano la vittoria, perché rimanendo sul campo erano da considerarsi vincitori.
    Arya osservava tutto dalla poppa di una nave ed accanto a lei vi erano anche Jon e Lord Jason ad osservare la scena.
    <<Secondo voi, Lord Mallister, i Bravi Camerati hanno ricevuto l’ordine di ritirarsi?>> chiese Jon.
    <<Credo di si! A quanto disse Ser Karstark tutta la coalizione doveva ricevere l’ordine>>.
    <<Beh! Allora cosa ci fanno ancora accampati lì?>>
    <<Non so! Ma ho il presentimento che quegli zotici ubriachi rovineranno tutto ciò che è stato preparato per sconfiggere i nostri nemici dopo questo umiliante ritiro>> rispose l’uomo abbigliato con i colori indaco ed argento prima che vi fosse tra di loro un gran silenzio e Jon si allontanasse per dare ordini ai soldati sulla nave.
    Poco dopo anche il suo tutore si allontanò ed Arya rimasta sola si rese conto che era finita la sua prigionia.
  • OFFLINE
    Ser Alexander Drake
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    Condottiero di Eserciti
    00 14/11/2009 21:01
    Per l'Alba
    Ser Barristan si trovò a ripensare alle lunghe settimane di viaggio, a come fosse parsa interminabile allora, a lui e al suo piccolo contingente, la cavalcata dal Dorne direttamente fino alla Torre delle Acque Grigie; ora quel viaggio pareva infinitamente breve in confronto, non tanto alla battaglia per la sopravvivenza, quanto al tempo trascorso nelle tenebre.
    Erano giunti al tramonto, come previsto, e la notte era giunta con loro, il sole era parso tramontare con un’innaturale rapidità, come se la luce stessa fuggisse quegli esseri.
    Gli Estranei e i loro non-morti erano giunti e il sole non si era più ripresentato.
    La Lunga Notte, la Battaglia dell’Alba, così era chiamata nei vecchi racconti, ora Barristan sapeva perché. Si era reso conto di non avere la minima idea di cosa, per cosa, era venuto a combattere in quel luogo remoto, ma ora aveva capito fin troppo bene.
    Sembrava passata una vita intera da quando aveva lasciato il sud, perfino il caldo intollerabile della sua prigionia a Lancia del sole, perfino il suo ricordo, tutto era svanito come neve al sole, la sua vita pareva essere sempre stata unicamente circondata da freddo, buio... e morte.
    “Avrà mai fine tutto ciò, cavaliere?” disse lord Lucas Blackwood, come se avesse letto i suoi pensieri. La voce del giovane lord riscosse ser Barristan dalle sue cupe riflessioni. ‘Non va bene, ormai passo troppo tempo a rimuginare tra me e me, ho passato troppo tempo da solo, o forse sono solamente troppo vecchio, o magari entrambe le cose.’ Fu questo l’ultimo pensiero che si concesse l’anziano cavaliere prima di rispondere al ragazzo.
    “La leggenda racconta che la Lunga Notte duro per un’intera generazione” disse Barristan, quelle vecchie storie risalenti addirittura alla sua infanzia adesso gli sembravano incredibilmente vivide, come se gliele avessero narrate solo qualche giorno prima. “Forse allora fu veramente così, forse per tutto il tempo in cui gli Estranei dominarono anche la notte persistette, non saprei dire. Quello che so è che ora qui noi abbiamo le armi per sconfiggerli, eravamo preparati a questo, o almeno le nostre difese lo erano a differenza di quanto accadde nell’Età degli Eroi. Dobbiamo solo sopportare questo freddo. E le tenebre.”
    “Mio padre diceva spesso che in battaglia la notte può essere una valida alleata quanto una nemica micidiale” replicò lord Blackwood. “Ma questo è qualcosa di diverso. Queste tenebre così innaturalmente protratte nel tempo sono innaturali e resistere ad esse è arduo quasi quanto resistere agli Estranei stessi. Lo stesso discorso vale per il gelo.”
    Tacque, come se parlare lo mettesse a disagio. E in realtà era così, il nemico si era ritirato in quel momento, lo faceva di tanto in tanto, ser Barristan riteneva che accadesse in corrispondenza delle ore in cui di giorno il sole sarebbe stato più caldo, poco dopo il meriggio, ma non poteva esserne certo dato che, nel buio perpetuo, era quasi impossibile anche solo tenere il conto dei giorni che passavano. In quei pochi momenti di pace pareva quasi che anche il tempo, che sembrava quasi congelarsi anch’esso in battaglia, riprendesse a scorrere. Ma il velo di gelo che gravava le anime degli uomini persisteva, poche voci si levavano, tranne che per impartire secchi ordini, nemmeno i feriti sembravano più capaci di emettere un qualche lamento e le rare conversazioni parevano innaturali e presto ricadevano di nuovo nel silenzio. Eppure il lavoro ferveva nell’insediamento delle truppe degli uomini, che si combattesse o si riposasse, tutti, non solo soldati e comandanti, ma anche il popolino, i fabbri, gli alchimisti giunti da Approdo del Re, tutti cercavano di tenersi impegnati. Avere sempre qualcosa da fare in quei momenti era l’unico modo di tenere lontana la paura. ‘Quando il terrore è come un nemico tangibile pronto ad afferrarti in qualsiasi momento tenere la mente e il corpo occupati può essere l’unico modo di sfuggirgli.’
    “Arrivano gli accoliti con le nuove scorte di altofuoco” disse all’improvviso lord Lucas. Gli apprendisti dei piromani in effetti stavano spingendo verso di loro un carro pieno di sabbia, contenente diverse ampolle della loro sostanza, a un cenno di ser Barristan gli Immacolati scelti si misero ordinatamente in fila per ritirare le ampolle a loro destinate.
    Far venire fin là alcuni rappresentanti dell’ordine degli alchimisti era stata un’ idea di ser Barristan, ne aveva parlato al re nel primo messaggio che gli era stato possibile inviare alla Fortezza Rossa subito dopo la sua liberazione, il medesimo messaggio con il quale aveva chiesto il permesso di partecipare a quella che già diversi mesi prima gli uomini dei Sette Regni avevano battezzato come La Battaglia dell’Alba, con un chiaro riferimento alle antiche leggende. Non c’era stato tempo sufficiente per dotare almeno alcune delle macchine da guerra di munizioni di altofuoco, ma quell’espediente che Barristan aveva escogitato ripensando a Thoros di Myr, il Prete Rosso amico di Robert Baratheon, aveva quantomeno permesso ai reparti di fanteria di combattere più efficacemente Estranei e non-morti. C’era voluta la promessa del rango di lord da parte di re Viserys in persona, quella e una buona occhiata da vicino alla spada del boia reale, per convincere Hallyne il Piromane a uscire dai cunicoli della sede del suo ordine, portandosi dietro tutto il necessario fino all’Incollatura. Hallyne e i suoi alchimisti lavoravano in tutta la segretezza possibile nel campo di un esercito enorme come quello, senza preoccuparsi troppo di causare incendi.
    “Un po’ di caldo potrà farci solo bene una volta che sarà iniziata!” aveva ribattuto ser Barristan quando i piromani erano venuti a parlare a lui e agli altri comandanti dei pericoli di produrre l’altofuoco in un ambiente come quello, ma lord Eddard Stark aveva comunque riservato loro un’area convenientemente appartata dell’accampamento, in modo da evitare per quanto possibile gravi incidenti e nel contempo preservare almeno un po’ della riservatezza che l’Ordine degli Alchimisti manteneva sulla formula della sostanza.
    Il piano era semplice, gli Alchimisti avrebbero preparato dei contenitori di altofuoco di dimensioni molto superiori al normale, quasi dei calderoni di argilla, in modo che gli uomini potessero bagnarvi spade e picche prima di andare in battaglia, era stato necessario far lavorare fino allo stremo anche i fabbri oltre che gli Alchimisti, visto il modo in cui l’altofuoco intaccava le armi, ma salvo qualche scottatura non c’erano stati troppi incidenti e quell’espediente aveva permesso agli uomini di combattere senza dover per forza affidarsi ad armi di ossidiana, come pareva si facesse nei tempi antichi, e questo secondo ser Barristan aveva anche evitato che un numero ancor maggiore di uomini andasse letteralmente al macello contro le creature del gelo.
    Ser Barristan, affiancato dal giovane Lucas Blackwood, che gli era stato affidato da lord Stark in modo che non corresse troppi pericoli, comandava la retroguardia, il cui nocciolo duro era costituito dagli Immacolati, Barristan aveva condotto in battaglia gli eunuchi guerrieri dalla ferrea disciplina attraverso mezzo continente orientale e oltre e ormai li conosceva bene come i palmi delle sue mani e infatti gli Immacolati erano gli unici ad avere una loro personale scorta di altofuoco oltre ai comandanti: era possibile armare solo una o due centurie alla volta, tra uno scontro e l’altro, un’ ampolla di dimensioni piccolo-medie ogni cinque uomini, ma sufficiente ad incendiare lance e spade corte quando la retroguardia doveva avanzare per contenere l’assalto del nemico mentre il resto della fanteria andava a rifornirsi di nuove armi infuocate. L’operazione era estremamente rischiosa e probabilmente sarebbe stata impossibile senza il supporto dall’alto del drago nero della regina Daenerys, il fuoco di Drogon era infatti molto più preciso dei proiettili delle macchine da guerra e poteva contenere da solo gran parte dell’armata Estranea anche in campo aperto, dando così il tempo ai soldati di rifiatare.
    Lucas Blackwood sovraintese di persona la distribuzione di altofuoco agli Immacolati, mentre ser Barristan controllava ancora una volta le armi nuove distribuite dai fabbri poco prima per rimpiazzare quelle vecchie, gli piaceva il giovane lord per quanto quest’ultimo non fosse stato molto soddisfatto di venire trasferito dall’avanguardia inizialmente.
    “Con rispetto, miei signori, ma non sono venuto qui per rimanere nelle retrovie ad osservare, se mi è concesso” aveva protestato Lucas, quando Eddard Stark lo aveva condotto da Barristan la prima volta, dopo i primi giorni di scontri. “Mio lord, ditemi vi prego, perché avete cambiato idea proprio ora?”
    “Nessun cambiamento, Lucas” aveva ribattuto Stark inflessibile. “Hai chiesto di combattere nell’avanguardia sotto il mio comando e io ti ho esaudito, ma ora è necessario che i miei comandanti siano al sicuro, gli uomini non possono reggere a lungo corpo a corpo con gli Estranei, saranno le macchine da guerra e il drago di Daenerys Targaryen a fare il grosso del lavoro ora.”
    Lord Lucas aveva tutta l’aria di voler ribattere qualcosa di tagliente, ma Barristan lo aveva anticipato.
    “Premettimi, mio giovane lord, ma in primo luogo devo correggerti, io non sono un tuo signore, ma solo vecchio guerriero” aveva detto. “Tuttavia credo di poterti dire ugualmente qualcosa per quel che riguarda i nostri compiti qui, potrei perdere il tempo di tutti e due parlandoti di come la retroguardia di un esercito sia importante quanto l’avanguardia, se non molto di più in caso di necessità, e di tante altre belle nozioni di tattica militare. La verità però è che noi di Estranei e non-morti ne vedremo tanti quanti tutto il resto dell’armata, questo perché ora, dopo i aver condotto i primi scontri frontalmente, il grosso delle truppe dovrà fungere da esca per portare quelle che creature a esporsi ai proiettili delle catapulte e al fuoco del drago. Nel frattempo noi faremo da scudo e cercheremo di contenere l’assalto di quelle creature aspettando che le macchine da guerra siano pronte a sparare.”
    La reazione di lord Lucas Blackwood era stata, per quel frangente, più che soddisfacente.
    “Ma questo non ci esporrà eccessivamente a...?” aveva cominciato a chiedere.
    “A nulla che i miei Immacolati non possano fronteggiare, di questo sta pur sicuro, ragazzo mio” aveva concluso l’anziano cavaliere assestando una pacca di incoraggiamento alla spalla di Blackwood e la discussione era finita lì.

    Lucas Blackwood tornò da lui quando i preparativi per la battaglia furono ultimati.
    “Gli Immacolati hanno finito di preparare le loro scorte di altofuoco” disse. “Abbiamo armato ben tre centurie questa volta.”
    “Tre centurie?” fece ser Barristan. “Gli alchimisti si sono superati questa volta. Ebbene anche le armi nuove sono pronte, ora non ci resta che attendere.”
    “Di nuovo questa calma” Lucas inspirò profondamente l’aria della gelida notte. “Questo deve essere ciò che chiamano la quiete prima della tempesta.”
    “Una quiete talmente buia e fredda da gettare una paura cieca su qualsiasi essere vivente” ribatté Barristan. “Peccato che anche le sensazioni sembrino congelarsi, come tutto il resto, qui.”
    “Che facciamo nell’attesa, ser?” domandò il giovane lord.
    “Ciò che più ci aggrada, Lucas” rispose il vecchio guerriero. “Molti degli uomini qui ora pregheranno... o dormiranno probabilmente, almeno fino al prossimo richiamo del corno. Per quanto mi riguarda le mie preghiere le ho già dette prima della battaglia e se gli Dei lo vorranno potrò riprendere anche dopo. Buon riposo, mio lord.”
    E ciò detto il cavaliere si diresse verso il falò acceso lì vicino dai suoi uomini, uno dei tanti che avevano seguitato ad ardere per tutta la durata di quella lunga notte, Lucas Blackwood che lo seguiva in silenzio.
    Ser Barristan non poté fare a meno di chiedersi se quei fuochi avrebbero continuato a brillare, oppure se fosse stato il ghiaccio ad avere la meglio alla fine. Un pensiero cupo, di quelli che si fanno durante una dura bettaglia, ma che il vecchio cavaliere fu lesto a scacciare, come ci si sarebbe aspettato da un veterano di mille e più battaglie.
    Barristan si sdraiò a terra il più vicino possibile al fuoco e si avvolse nel suo mantello bianco e in una pelle d’orso, spessa e pesante, che si era procurato. Con quel gelo e con l’armatura indosso non cambiava poi molto tra il riposare in una tenda o all’aperto e lui non osava liberarsi della corazza ormai da quando era iniziata la Battaglia dell’Alba.
    L’anziano cavaliere osservò lord Lucas che si sdraiava accanto a lui, anche lui avvolgendosi dentro al mantello e a spesse pelli di montone, poi chiuse gli occhi e subito si addormentò. Il suo ultimo pensiero fu che era incredibile quanto facilmente venisse il sonno in battaglia.

    I sogni, come spesso gli accadeva di quei tempi, lo riportarono indietro nel tempo. Tornò negli aridi deserti di Dorne, ma questa volta al caldo torrido di quelle terre si sostituì il gelo e le poche persone che vide somigliavano in maniera inquietante ai freddi erranti bianchi delle foreste che combatteva nel presente, pallide ombre che si aggiravano in un sogno cupo.
    Sognò ser Vardis Egen, dai lineamenti rigidi e orgogliosi, che nel sogno erano accentuati dal pallore mortale della sua pelle e dalla lucentezza dei suoi occhi, che mai erano stati così azzurri e freddi. In nome del rispetto reciproco che vi era tra loro era venuto di persona a dirgli che i Greyjoy avevano inviato una lettera di ricatto a re Viserys e ai suoi alleati minacciando di ucciderlo se non avessero ricevuto in cambio il riscatto richiesto. Nel sogno, come nella realtà ser Barristan era rimasto indifferente alla notizia, ma in cuor suo aveva quasi pregato che lo lasciassero morire, avrebbe preferito essere sacrificato al dio crudele degli Uomini di Ferro piuttosto che vedere il suo re cedere a quello sporco ricatto.
    Ma poi ser Vardis era venuto da lui di nuovo, questa volta in piena notte e da solo, aveva mandato via gli uomini che montavano la guardia alla cella e gli aveva intimato di seguirlo. Avevano disceso la torre dove Barristan era stato tenuto prigioniero, in silenzio, giù, sempre più in basso fino alle viscere dell’antica fortezza un tempo appartenuta ai Martell. Le pareti dei cunicoli e dei passaggi segreti che avevano percorso erano state umide e fresche, questo lo ricordava bene, nel sogno l’umidità si era congelata su di esse e l’aria era talmente fredda da congelare polmoni quando veniva inspirata. Erano sbucati nello scantinato di un’abitazione da qualche nella città di Lancia del Sole e l’avevano attraversata percorrendo vicoli stretti e vie secondarie, oltrepassando una cinta di mura dopo l’altra attraverso piccole porte nascoste, fino a giungere all’esterno.
    Il deserto intorno alla capitale di Dorne si era trasformato in un’interminabile distesa di ghiaccio, ma la cupa cavalcata fino all’oasi fu breve e silenziosa e come nella realtà fu allora che ser Barristan cominciò a capire, fu allora che il peso della realtà gli piombò addosso come un macinio, insieme alla consapevolezza di ciò che era accaduto.
    All’oasi incontrò nuovamente Victarion Greyjoy, che questa volta gli apparve come una monumentale fredda ombra, l’acciaio che lo ricopriva appariva più oscuro della notte stessa, ma i suoi occhi erano come luminose stelle azzurre e, così come erano apparse le stelle di quella notte all’anziano cavaliere tante settimane prima, freddi come la morte. Victarion allora lo aveva quasi deriso, o almeno così era parso a Barristan, le sue parole questa volta gli parvero come incoerenti, come se venissero pronunciate in una lingua a lui ignota e che non apparteneva nemmeno al mondo degli uomini, ma nuovamente lo avevano trafitto come lame.
    Poi era venuto ser Jorah Mormont. Al contrario di tutti gli altri la sua figura appariva come accesa, quasi irradiasse una luce e un calore simile a quelli del fuoco, Barristan ricordava come al suo arrivo i Greyjoy e i loro uomini si fossero dispersi come ombre, ma stavolta sembrò che anche le vere ombre si ritirassero alla presenza di ser Jorah. Di colpo a ser Barristan la notte parve meno fredda.
    “Maledetti noi, vecchio amico” esordì ancora una volta Jorah. “Questa situazione non piace a me quanto non piace a te, ma è comunque bello rivedere un vecchio compagno di battaglie!”
    “Lo stesso vale per me, Jorah” replicò il cavaliere stringendo la mano all’amico, a dispetto di ciò che provava in quel momento nella sua voce c’era più calore di quanto avesse ritenuto possibile. “La tua presenza qui può significare solo una cosa, hanno ceduto. Re Viserys ha pagato il mio riscatto.” Non era una domanda la sua.
    “Purtroppo è così” ser Jorah annuì gravemente. “Il Primo Cavaliere del re in persona ha perorato con fervore la tua casa. Quel culo gelido di Ned Stark non ne ha voluto sentir parlare di lasciarti morire qui da solo come un cane, ha aggiunto anche che per sua maestà tu resti una risorsa insostituibile.”
    A dispetto dell’asprezza del tono di Jorah, Barristan sapeva che lui e Stark avevano appianato da tempo le loro divergenze, l’ira di Mormont era principalmente dovuta alla situazione che si era venuta creare. Che un re cedesse a un ricatto dei suoi nemici era una cosa molto grave.
    “Coraggio, Barristan, non è il momento di stare qui a rimuginare sopra a certe cose” aveva proseguito ser Jorah. “Re Viserys ha realmente bisogno di te, è il momento che tu faccia ritorno ad Approdo del Re.”
    E poi a ser Barristan era stato chiaro ciò che doveva fare. Nel sogno quelle sensazioni gli si ripresentarono più vivide che mai, non era riuscito a sconfiggere i Greyjoy e ormai quel compito sarebbe spettato a qualcun altro, di questo era consapevole. Ma fu la consapevolezza che nel regno vi era ancora un altro nemico da combattere, molto più terribile delle piovre, che lo colse, dandogli nuova forza. E finalmente gli fu chiaro cosa avrebbe dovuto fare, quale era ora il suo compito, forse il suo ultimo dovere verso il regno.
    “Con il re ci sono ser Jon Snow, il mio vice in comando, Daario Naharis e il nocciolo duro dell’esercito Targaryen. Il re è al sicuro” le parole di rito che venivano pronunciate durante le rare assemblee plenarie della Guardia Reale. “Voglio mandare un corvo messaggero a sua maestà, Jorah. Gli chiederò di concedermi il permesso di raggiungere l’Incollatura, combatterò la Battaglia dell’Alba.”
    Ser Jorah era rimasto interdetto di fronte a queste parole, nel sogno così come era avvenuto nella realtà.
    “Io non sono che un vecchio guerriero, amico mio, e un guerriero deve combattere prima di tutto” lo aveva anticipato Barristan, prima che l’altro potesse proferire parola. “Un guerriero deve combattere!”
    Nemmeno in quel momento gli era chiaro il significato di quelle parole che lui stesso aveva pronunciato. Ma sapeva che era così. Sapeva, e forse aveva sempre saputo, che era quella l’unica realtà che contava, la verità su se stesso che forse aveva sempre cercato, mai come allora gli era parso così chiaro.
    E poi il sogno svanì.

    “Ser…” Lucas Blackwood lo stava scuotendo. Ma era stato il corno a svegliarlo, il corno della notte. Tre lunghi suoni lamentosi, come nei tempi antichi, tre suoni significava Estranei.
    “Arrivano?” lunghi anni passati sui campi di battaglia spesso conferivano l’abilità di essere completamente svegli in pochi attimi e ser Barristan non faceva eccezione.
    “Sì, mio signore” rispose Lucas con un’espressione di vago stupore sul volto. “Ma prima della battaglia lord Stark comanda la tua presenza al suo cospetto.”
    Solo in quel momento Barristan notò la presenza di un uomo del Nord accanto al giovane Blackwood.
    “Jory Cassel” lo salutò tranquillamente il vecchio cavaliere. “Temo dovrai riferire a lord Stark che mi serve il tempo necessario a organizzare i miei uomini per la battaglia imminente.”
    “I miei ordini, signore, sono di scortarvi dal lord Eddard immediatamente” ribattè Jory. “Mi risulta, cavaliere, che voi abbiate un degno secondo in comando, in ogni modo.” Cassel lanciò un’occhiata significativa a Lucas Blackwood.
    Ser Barristan ci pensò su solo un momento.
    “Sta bene” disse alla fine. “Lord Lucas, a te la retroguardia. Gli ordini e le disposizioni li conosci. Jory, conosco la strada, ma sarà piacevole percorrerla in vostra compagnia.”
    Lucas si lasciò cogliere di sorpresa solo per un attimo, ma poi rispose con voce ferma “Sissignore!” E Barristan poté avviarsi tranquillamente al fianco di Jory Cassel.
    Lord Eddard Stark attendeva presso l’immenso falò che ardeva al centro del campo. Per ragioni pratiche era là che si tenevano i concili di guerra ser Barristan vi aveva preso parte solo una volta, il giorno prima dell’inizio della battaglia, quando tutti i più importanti comandanti dell’immenso esercito erano stati convocati per discutere gli ultimi dettagli della loro strategia.
    Mentre si avvicinavano Barristan scorse la figura imponente di un uomo in armatura che si allontanava dal fuoco in direzione opposta alla loro.
    Il cavaliere trattenne un sospiro. ‘Meglio così. In questo momento devo risparmiare le forze per la battaglia. Non sarebbe stato proprio il momento adatto per affrontare quell’uomo.’
    Trovarono Eddard Stark da solo presso l’immane falò, intento ad osservare i preparativi degli uomini che sciamavano tutto intorno, a breve distanza. Jory Cassel si affrettò ad annunciare il cavaliere.
    “Mio lord, ser Barristan Selmy, lord comandante della Guardia Reale” disse.
    “Grazie, Jory, conosco bene ser Barristan” rispose quietamente lord Stark voltandosi. “Ora puoi andare.”
    “Mio lord Primo Cavaliere.” Ser Barristan si inchinò brevemente.
    “Ser Barristan” replicò Stark. “Temo dovremo lasciare da parte le formalità per una volta, visto il poco tempo a nostra disposizione. So che siete rimasto costantemente in contatto con Approdo del Re dopo che siete giunto qui, anche più di me. Quindi ora io vi chiedo ci sono notizie dalla corte?”
    “Ho ricevuto alcuni corvi dopo il mio arrivo qui sull’Incollatura ed alcuni ne ho spediti, è vero” disse Barristan. “Ma temo non ci sia alcuna notizia per noi di rilevanza, mio lord. Re Viserys è impegnato a consolidare il suo dominio, avvalendosi anche del supporto dei suoi alleati e consiglieri. E pare che abbaia ormai saldamente sotto controllo i burocrati del regno. Di importante non mi viene in mente altro.
    “E riguardo alle voci” nella voce di lord Eddard ora c’era una nota di gelo, ora. “Le voci riguardanti la Barriera e i Guardiani della Notte, quelle sono vere?”
    “Se alludete a quanto asserito da Doran Martell riguardo alla sua defezione da questo conflitto...” Ser Barristan sospirò. “Ebbene ho paura di sì, esse sono vere.”
    “Dunque quello di Doran sarebbe stato solo un gesto di ripicca verso di noi?” disse Stark in tono amaro. “Possibile che sia arrivato a tanto, un uomo come lui?!”
    “La sua famiglia è prigioniera, i suoi domini in mano a estranei, la sua guerra perduta” rispose ser Barristan. “Doran ha affermato apertamente di non aver voluto mandare i suoi uomini a morire in una battaglia dove il loro contributo non sarebbe stato necessario. Non sto cercando di giustificare il suo gesto, è chiaro. Tuttavia...” Barristan si interruppe.
    “Non ha importanza a questo punto, ser Barristan” Eddard Stark fece un gesto come a sottolineare di voler lasciar cadere l’argomento. “Desideravo solo sentire la vostra opinione in proposito. Ma il vero motivo per cui vi ho convocato qui ora è un altro. Se volete seguirmi.”
    Lord Eddard si avviò verso una collina lì vicino. Una volta giunti in cima staccò un cannocchiale di lenti di Myr dalla sua cintura e lo passò all’anziano guerriero.
    “Guardate verso nord, ser. Arrivano...” Stark gli indicò la direzione.
    Ser Barristan si portò il cannocchiale all’occhio destro e guardò.
    Ciò che vide non furono le figure sgraziate e grottesche contro cui avevano combattuto negli ultimi giorni. Ad avanzare verso di loro erano gelide ombre bianche, alcune montavano cavalli morti, altri altre strane creature e altri ancora si muovevano a piedi, ma sembrava accumunarli una letale grazia nei movimenti che sarebbe parsa impossibile per degli esseri viventi.
    “Gli Dei antichi e nuovi abbiamo pietà” sussurrò ser Barristan. “Estranei.” Il mondo improvvisamente sembrava, se possibile, essere divenuto ancora più freddo.
    “Proprio così” disse lord Eddard, anche la sua voce era poco più di un sussurro. “Quelli sono gli essere che costituiscono lo zoccolo duro dell’armata nemica. Fino ad ora erano rimasti nelle retrovie ed abbiamo avuto poco a che fare con loro, ci hanno pensato le mie catapulte e il fuoco del drago a tenerli a debita distanza, ma oggi hanno deciso di farsi avanti per primi, pare.”
    “Sarà già tanto se gli uomini non saranno colti dal panico al solo scorgerli” esclamò ser Barristan. “Noi disponiamo di una immensa potenza di fuoco, ma se riescono ad ingaggiarci sulla breve distanza i soldati saranno colti da un ceco terrore. E peggio ancora le catapulte saranno quasi inutili. Rischiamo di ritrovarceli all’interno dell’accampamento.”
    Ser Barristan osservò di nuovo la silenziosa, fredda armata nemica. Nei giorni precedenti aveva visto solo una volta una falange Estranea in azione, erano capaci di disperdersi e ricompattarsi con sovrumana rapidità, come guidati da un’ unica mente. Contro di loro la potenza delle catapulte avrebbe avuto un’ utilità molto limitata rispetto che con i non-morti. La loro arma migliore restava...
    “Mio signore” disse ser Barristan. “Dove si trovano la regina Daenerys e Drogon il drago?”
    “Li ho già mandati a prepararsi” rispose Stark. “Durante la battaglia loro dovranno intervenire solo quando avranno un bersaglio significativo, cioè ogni volta che gli Estranei tenteranno di raggrupparsi. Voi invece, ser Barristan, dovrete affrontarli in campo aperto. Adotteremo la loro stessa tattica, invertiremo avanguardia e retroguardia e sfrutteremo la forza degli Immacolati, cercando di armarne il più possibile con armi incendiarie. La ferrea disciplina dei soldati eunuchi dovrebbe consentirgli di affrontare gli Estranei direttamente. Il vostro compito sarà quello di costringere il nemico a raggrupparsi in modo tale da poterlo colpire efficacemente usando le nostre macchine da guerra.”
    Ser Barristan si concesse un attimo per rifletterci. Il piano appariva logico e ben congeniato, eppure lui aveva comunque dei dubbi.
    “Lord Eddard” disse in fine. “Ho tua licenza di parlare con sincerità, con assoluta sincerità?”
    “Hai tale licenza, ser.”
    “Sembrerebbe un buon piano il tuo. Tuttavia è estremamente rischioso, se gli Estranei dovessero penetrare la falange degli Immacolati rischieremmo di ritrovarceli troppo vicini per poter usare le macchine da guerra.”
    “Ne sono consapevole ed è per questo che ho preso le mie precauzioni” replicò lord Eddard. “Potrebbe essere la nostra occasione di infliggere una durissima perdita al nemico. Probabilmente si sono accorti che continuando a mandarci contro i non-morti poco per volta noi li avremmo decimati e hanno deciso di rischiare. E noi dobbiamo approfittarne. Lucas Blackwood tornerà sotto il mio comando in questa battaglia. Ad affiancarti al comando del tuo reparto sarà un mio uomo che avrà anche il compito di guidare un piccolo contingente di cavalleria. Tale contingente farà in modo che gli Estranei non si disperdano troppo, o almeno è ciò che tenterà di fare.”
    “Chi sarà quest’uomo, mio lord, se posso chiedere?” Ser Barristan aveva però ora un sospetto.
    Lord Stark gli lanciò uno sguardo significativo prima di rispondergli.
    “Robert Baratheon.”
    Ser Barristan aprì la bocca, ma non ebbe il tempo di ribattere, in quel momento riecheggiarono ancora una volta i tre lunghi suoni lamentosi del corno dell’inverno. Il cavaliere osservò nuovamente attraverso le lenti di Myr e vide: un drappello di Estranei in sella a destrieri morti si era staccato dal gruppo principale e si stava dirigendo a gran velocità verso di loro, troppo rapidamente per essere intercettato dalle catapulte. Sempre in silenzio Barristan passò il cannocchiale a Stark.
    “Andate, cavaliere, presto” disse questi dopo aver osservato la situazione per un momento. “E’ vitale che riusciate a intercettarli e rispedirli indietro. Andate, penserò io a disporre il resto.”
    Ser Barristan non se lo fece ripetere due volte, dopo un breve cenno di congedo con la testa si diresse a passo celere verso i suoi uomini.
    Quando arrivò Lucas Blackwood se ne era già andato, probabilmente convocato dall’attendente di lord Eddard, ma la retroguardia era pronta, in attesa di ordini.
    Barristan prese lo scudo, sguainò la spada e si mise in testa allo schieramento, in una battaglia contro le creature del gelo poteva essere rischioso combattere a cavallo visto il terrore ceco che incutevano negli animali.
    ‘E’ già complicato tenere sotto controllo il terrore degli uomini.’
    Ser Barristan Selmy prese fiato e comandò agli uomini di avanzare.
    Ingaggiarono il nemico appena oltrepassati i margini dell’accampamento. Barristan era in prima linea, gli Immacolati alla sua destra, alla sua sinistra e dietro di lui, ancora più indietro vi era il resto delle truppe. Davanti a lui gli Estranei avanzavano inesorabili. Il gelo pareva già impadronirsi di ogni cosa.
    “Attendere” ordinò Barristan stringendo la presa con la sinistra sull’ampolla alla sua cintura, voleva i nemici subito a portata una volta che avessero utilizzato l’altofuoco.
    Dalle sue spalle gli arcieri scoccarono una salva di frecce infuocate, ma servirono solo a rallentare l’avanzata degli esseri. Quel fuoco era troppo debole per contrastare il freddo che portavano con loro.
    “Attendere, uomini” comandò ancora, il momento si avvicinava, l’anziano guerriero si lasciò guidare dall’istinto. “Ora, ALTOFUOCO!”
    Gli addetti alle ampolle diedero fuoco alle armi. Barristan incendiò la sua spada, assaporando per un momento la sensazione di calore.
    “All’attacco!”
    La falange di Immacolati lo circondò, gli scudi chiusero ogni spazio, le piche che sporgevano come tanti aculei infuocati.
    L’urto fu tale da fargli tremare perfino le ossa, pur non avendolo incassato in prima persona. Il terrore per un momento fu palpabile. Il terrore cieco, disumano che circondava gli Estranei, un’aura costituita da un potere antico, maligno, famelico. Tuttavia fu solo per un momento. Ser Barristan dominò la paura e lo stesso parvero fare gli Immacolati. Incassato il primo colpo presero a respingere palmo a palmo i nemici, inamovibili e instancabili i soldati eunuchi ricacciano indietro centimetro dopo centimetro, metro dopo metro le creature del gelo, gli scudi che respingevano le loro armi glaciali, di un materiale simile al cristallo, ma duro quanto il metallo e freddo come la morte, le piche infuocate che andavano a pungolare e trafiggere qualunque cosa tentasse di penetrare lo schieramento. Per un momento, o forse fu un’ora intera, o anche mezza giornata, Barristan non avrebbe saputo dirlo; la potenza degli Immacolati sembrò in grado da sola di ricacciare gli Estranei diritti in fondo agli inferi da cui provenivano. Poi allo scontro si aggiunse il resto dell’armata delle creature del gelo e allora gli inferi parvero scatenarsi sulla terra.
    La volontà dei demoni di ghiaccio si contrapponeva alla loro, nel suo desiderio di morte, insaziabile. Gelo e tenebre regnavano su tutto, lo schieramento degli Immacolati vacillò, fu solo per un attimo e Barristan si ritrovò catapultato nel bel mezzo della mischia. Ora era impossibile stabilire l’andamento della battaglia, gli Estranei sembravano essere ovunque e ogni uomo doveva lottare per la sua sopravivenza. Conscio del massacro che si perpetrava intorno a lui ser Barristan gridava comandi, cercando di ristabilire l’ordine, ma la voce faticava a uscirgli, l’aria pareva troppo fredda anche solo per essere respirata.
    E poi il caos fu tagliato da un’ondata di fiamme roventi.
    Nel buio della notte nessuno vide arrivare il gigantesco drago nero. Drogon piombò giù dal celo come un tornado di fuoco, respingendo gli Estranei. Ser Barristan colse quel’occasione al volo e cercò di far ricompattare i suoi uomni con una serie di secchi ordini. Seguendo la luce delle loro stesse armi i soldati tornarono a schierarsi, la falange degli Immacolati si ricompattò e riprese lentamente a ricacciare indietro il nemico. Barristan ebbe una fugace visione di Daenerys Targaryen che decapitava un Estraneo in sella a un cavallo non morto dalla groppa di Drogon brandendo Sorella Oscura, l’antica spada di acciaio di Valyria che il vecchio cavaliere era riuscito in qualche modo a mandarle prima di essere catturato. Fu solo un momento, poi il drago tornò a levarsi alto nel cielo, preparando un nuovo micidiale assalto. Probabilmente fu per questo che nessuno dei due si accorse delle pallide lance che alcuni Estranei stavano levando, Barristan però le vide, tentò di gridare un avvertimento alla sua regina, ma la sua voce si perse nel vento sollevato dal drago durante il decollo.
    Drogon scese in picchiata vomitando una nuova ondata di fiamme nere. Alcuni dei nemici ne furono investiti in pieno e distrutti, quelli che sopravvissero però riuscirono a tirare. La salva di lance centrò il drago in vari punti, ali comprese. Drogon fu costretto a un atterraggio di fortuna in uno spiazzo apparente sgombro di nemici. I non-morti emersero all’improvviso dallo strato di neve solidificata, pallidi cadaveri che come in un incubo risorgevano dal loro bianco cimitero. Ghermirono il mostro alato con mani nere quanto le sue scaglie. Lo afferrarono per le zampe, le ali, perfino per il collo. Drogon ne dilaniò alcuni con le poderose fauci, Daenerys falciava tutto ciò che poteva con la spada, ma per ogni non-morto che cadeva altri due prendevano il suo posto.
    Ser Barristan fa colto dalla furia nell’assistere a quella scena. O forse era panico? Non lo sapeva nemmeno lui. Qualunque cosa fosse si impose di dominarla. Chiamò a raccolta un drappello di Immacolati le cui armi non erano ancora troppo intaccate dal fuoco e lo portò fuori dallo schieramento. Guidati solo da coraggio e follia riuscirono in qualche modo a far breccia tra i nemici e a raggiungere il drago e la ragazza. Metà degli Immacolati presero a fare a pezzi i non-morti mentre Barristan e gli altri si voltarono a fronteggiare un eventuale assalto. Gli Estranei gli piombarono addosso come una tempesta di ghiaccio accompagnati da altri non-morti. Ser Barristan era pronto a morire con la spada in pugno per difendere la sua regina.
    Fu in quel momento che giunse Robert Baratheon alla testa di un drappello di cavalieri.
    Di certo era stato necessario scegliere gli uomini e gli animali migliori e il loro ritardo era di certo dovuto al fatto che domare il terrore dei destrieri aveva richiesto tempo e fatica. Erano armati di mazze con palle chiodate e Robert brandiva la sua monumentale mazza da guerra. Appariva un autentico gigante nella sua armatura, l’elmo con le corna di cervo che svettava su chiunque e qualunque cosa a eccezione del drago.
    Mai ser Barristan fu più contento di vedere un uomo nel corso di una battaglia.
    “Capo Tempesta!” La voce di Robert sovrastò qualunque altro suono, come sempre accadeva in battaglia. “NOSTRA E’ LA FURIA!!!” Il motto della sua nobile casata.
    E la furia fu davvero loro e fu impareggiabile. La carica dell’ex re del Westeros investì in pieno il nemico travolgendo qualsiasi essere tentasse di opporvisi. Dopo il primo passaggio i cavalieri fecero voltare indietro i loro destrieri per un secondo assalto. I pochi a sfuggire furono facilmente respinti dagli uomini di Barristan. Gli Estranei tuttavia non erano avversari che si facevano sopraffare così facilmente.
    Un altro fiotto di non-morti, rimasto sottoterra in attesa di vittime riemerse all’improvviso afferrando gambe, braccia e zoccoli. La maggior parte dei cavalieri riuscì a liberarsi e a mantenere il controllo sulle loro cavalcature e ser Barristan fece in tempo a tagliare le mani che lo ghermivano prima di venir trascinato a terra. Altri non furono così fortunati. Una mezza dozzina di Estranei piombarono fuori dal nulla, dritti in mezzo a loro. Ogni uomo combatté disperatamente per la propria vita, ma alla fine Barristan si ritrovò solo, davanti a lui quattro Estranei, alte e aggraziate figure portatrici di morte.
    In quel momento due ruggiti squarciarono l’aria.
    Quello dell’uomo, Robert Baratheon, che piombò in mezzo a loro, mazza da guerra in pugno, volteggiando giù da cavallo con una grazia e un’agilità impensabili per qualcuno della sua stazza e quello del drago, Drogon che finalmente riuscì a liberarsi degli ultimi non-morti e a dispiegare le ali.
    Il primo Estraneo si ritrovò il petto sfondato da un colpo di mazza da guerra, con un agghiacciante rumore simile a quello del ghiaccio che si spezza. Il secondo finì ghermito dalle fauci del nero mostro alato che con uno scatto fulmineo lo afferrò, lo sollevò in aria e lo finì con una vampata di fiamme. L’assalto del terzo fu intercettato dallo scudo di ser Barristan, il gelo gli pervase il braccio sinistro, ma lui non vacillò e riuscì ad affondare nel corpo dell’Estraneo la spada infuocata fino all’elsa per poi respingerlo con un calcio. L’arma gli venne strappata di mano e gettato via lo scudo congelato il cavaliere si preparò a ricevere il quarto assalitore a mani nude. Robert si frappose tra loro, parando il colpo della pallida spada dell’essere con il manico della mazza da guerra che resistette, emettendo però uno scricchiolio preoccupante. Nel contempo il drago si alzò in volo.
    “Barristan!” L’anziano guerriero udì un grido e la sua mano volò a intercettare l’oggetto che piovve dall’alto.
    Si ritrovò Sorella Oscura in pugno, il calore della spada che gli pervadeva la mano e il braccio. Percepì il furore del drago e si lanciò verso l’Estraneo con un urlo bellicoso. L’essere respinse Robert giusto in tempo per vederlo arrivare e alzò la spada per parare l’assalto. Al contatto con l’oscura lama di acciaio di Valyria quella pallida dell’Estraneo si spezzò e Sorella Oscura si aprì la strada attraverso la sua corazza e ciò che stava sotto, qualsiasi cosa ci fosse, tagliando in due la creatura dalla spalla al fianco.
    Ser Barristan si volse verso l’altro uomo, il fiato grosso. Desiderava ringraziarlo. E forse dirgli anche qualcos’altro.
    “Robert” ansimò. “Mio signore, io…”
    Robert Baratheon si voltò e calò la mazza da guerra su di lui. Il colpo schiantò un Estraneo trascinatosi a pochi centimetri dal piede di Barristan, la spada in pugno, e i resti bruciacchiati di una seconda, quella del vecchio, ancora nel busto.
    “A buon rendere, cavaliere.” La voce di Robert giunse distorta dall’interno dell’elmo.
    I due si volsero, fianco a fianco, e a quel punto andarono ad affrontare la vera battaglia.
    ___________________________
    Lord Randyll Tarly, signore di Collina del Corno, Primo in battaglia.


    Nella seconda partita: Ser Barristan Selmy, lord comandante della Guardia Reale di re Viserys Targaryen III.

    Nella terza partita: Lord Mace Tyrell, Protettore del Sud, Signore di Alto Giardino, Gran Maresciallo dell’Altopiano.

    Nella quarta partita: Bronn, Nero Mercenario divenuto Principe del Dorne.

    Nella quinta partita: Ser Gerold Hightower, il Toro Bianco.

    Nella sesta partita: Brandon Stark, erede di Grande Inverno, il Sangue del Lupo.
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    Faccia da cavallo
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    00 22/11/2009 21:02
    Lezioni di Lettura e Diplomazia.


    “… e mentre i corvi iniziavano a scendere sullo scempio del campo di battaglia, colui che la storia avrebbe ricordato come Belor il Benedetto, si diresse verso la città ormai libera dall’assedio dei predoni.” La voce cristallina della bimba si diffondeva nella stanza.
    “Molto bene Aska, ormai leggi come un erudito della cittadella” L’uomo che indossava una collana fatta da anelli di materiali diversi, distolse lo sguardo dal mare che vedeva dalla finestra e con un affettuoso gesto della mano scompigliò i capelli della bambina che lo ricambiò con un raggiante sorriso carico di dolcezza.
    Il maestro, porgendo la pergamena presa dalle mani della bimba, invitò l’uomo calvo che era in piedi accanto al camino a continuare la lettura.
    “Bene, allora…” cominciò Styr, “ Il re entro nel villaggio”
    “Entrò” lo corresse l’uomo vestito di grigio.
    “ Il re EntrO’ nel villaggio” riprese il Maknar, “tra le ac..ac…acla.. acclamazioni della folla, tutti i contadini notarono il posente stallone del re e la sua splendida baldracca.”
    “Koff …koff” due colpi di tosse imbarazzati del maestro Barrel interruppero di nuovo la lettura.
    “Gualdrappa.. non baldracca… una baldracca è come dire….” Posò gli occhi su Aska in evidente impaccio “ ….è... una donna da campo diciamo.”
    “So benissimo cos’è una baldracca” esplose l’ira di Styr “e se lo avesse saputo anche quella femminuccia di Belor forse non avrebbe quell’appellativo ridicolo. “Il Benedetto” … tze” sputò sulle assi di legno del pavimento “ “Lo Sterminatore”, “Il Forte”, “Il Tiranno”, questi si che sono appellativi, “Benedetto” è una roba da sacerdote, non da guerriero, neppure Tormund lo porterebbe.” Così dicendo accartocciò la pergamena e la buttò tra le fiamme.
    “Sono stanco di leggere queste favolette, dove sono i dispacci di guerra, dove sono le pergamene della storia del Sud? Devo apprendere la cultura di questa gente, il loro modo di pensare, non delle storie per fare addormentare i loro bambini….”
    “Quella che avete buttato nel fuoco era un manoscritto di Maestro Daveon, un ottima realizzazione, un vero peccato che sia andata distrutta a mio parere.” Disse Barrel con lo sguardo fisso nelle fiamme.
    “A mio parere” riprese Styr in modo pacato,con voce calma e ferma “voi raggiungerete molto presto la vostra amata pergamena se non andate subito a prendermi la lettera che mi ha mandato “Il Mance” questa mattina.” Così dicendo fece un passo verso il saggio uomo che si affrettò a correre fuori dalla porta a fare ciò che gli era stato chiesto.
    “Non dovresti trattarlo così” disse Aska con un mezzo sorriso, “ è un buon insegnante e una brava persona.”
    “Lo so, lo so, e lo sa anche lui piccola, infatti è ancora vivo, ma la lettura mi fa perdere la pazienza.” Così dicendo si sedette sulla sedia e prese sulle ginocchia la bambina.
    Si udì un sommesso bussare alla porta, Styr scostò Aska e le fece cenno di tornare al suo posto, poi si accostò alla finestra.
    “Entrate.”
    “Con permesso, ecco la lettera Maknar” Barrel alzò gli occhi dai propri calzari per fare un occhiolino ad Aska, che sorrise.
    “Bene, andate ora” Styr era immobile e mostrando la schiena al proprio interlocutore stava scrutando ancora dalla finestra, ma appena il maestro fu uscito, tornò a sedersi alla sua scrivania e riprese sulle ginocchia la bimba.
    “Aiutami un po’ a leggere questa lettera su da brava.”
    La scrittura armoniosa del “Re oltre la Barriera” scorreva sotto gli occhi della bambina, Mance aveva un scrittura fluida, spesso finiva le frase in rima, sembrava quasi di leggere una canzone.
    “Brava Aska, ora va a mangiare un po’ di uva che devo pensare.” Così dicendo congedò la bimba.
    La bambina baciò Styr sulla guancia e andò nella cucina della locanda a razziare qualcosa da mettere sotto i denti.
    “E così il Mance vuole che io e qualche altro rappresentante dell’Assemblea ci rechiamo ad un processo sull’ isola del Re del mare per mettere fine a questa guerra. Bene.” Il Maknar si grattò il mento e sorrise.

    Il cantare del gallo trovò molti Thenn ancora sdraiati sotto le loro coperte, ma non Styr che da ore era sveglio per ultimare i preparativi.
    Il Maknar si voltò verso il maestro che era in attesa con penna e pergamena.
    “Mandate un dispaccio agli alleati, dite loro che per il mio arrivo a Lancia, tra tre giorni se tutto va bene, voglio trovare una nave che possa portare me e venti dei miei migliori “Cortesi”, Mag “Il Possente” e tre dei suoi fratelli, Harma con trenta barbari e Varamyr con una manciata delle sue bestie, al processo alla corte del Re del Mare.
    Il signore di Braavos non avrà mai visto i giganti, rimarrà a bocca aperta; alla vista di Mag penserà di essere dinanzi a quel suo titano tornato in vita.
    Voglio che le mie truppe siano avvertite e che si preparino in assetto da guerra, questo è un processo di pace per concludere questa stancante guerra, però noi non ci presenteremo disarmati come agnelli.
    Non andremo là con intenti belligeranti,questo è certo, dobbiamo mettere la parola fine a questa guerra, .” Styr bevve un sorso di vino e si rivolse alla piccola Aska che si stiracchiava lì accanto, “ ma credo che sia giusto che il Signore del Mare capisca che non è lui a tenere il coltello dalla parte del manico.”

    Barrel affidò la voce del Maknar ad ali scure.
    [Modificato da Faccia da cavallo 22/11/2009 21:07]


    NEL GIOCO DEL TRONO:
    Lord ROBERT BARATHEON




    CRONOLOGIA PG:
    - Nella seconda partita: Styr un Uomo Libero!!!
    - Nella terza partita: Re Jon Arryn, Signore del Nido dell'Aquila,Protettore della Valle e dell'Est. Primo cavaliere, Protettore delle terre della tempesta e signore di Capo Tempesta,Sangue dei Re delle Montagne.
    - Nella quarta partita: Tywin Lannister, morto nelle sale del dio Abissale, ultimo Re sul Trono di Spade. Distruttore del mondo.
    - Nella quinta partita: Tormund "Orso Bianco" Re Oltre e sopra la Barriera, Gran Maestro Guaritore, uomo libero
    - Nella sesta partita: Quellon Greyjoy Sommo Sacerdote,Lord Mietitore delle isole di Ferro, Principe di Lancia del sole, signore di Castel Granito, protettore del Mare(ex protettorato di Dorne) e dell'Occidente


    CITAZIONI
    "Sono stata Arya di casa Stark, Arya Piededolce, Arya Faccia da cavallo.Sono stata Arry e la Donnola, Squab e Salty, Nan la coppiera, un topo grigio, una pecora, il fantasma di Harrenhal...cat, la gatta...nessuno!"
    "Quando cade la neve e soffiano venti ghiacciati, il lupo solitario muore, ma il branco sopravvive"
  • Jon_Re
    00 27/11/2009 00:45
    Tutti in cerca del mercenario

    Erano a Tarth da una settimana: lei, Jon e Lord Mallister con al seguito seimilatrecento soldati. Tutti alla ricerca di Vargo Hoat che aveva complicato le cose a Lancia più di quanto già lo fossero e su cui la Corona aveva posto una taglia in quanto traditore. Ad Arya Evenfall Hall, città principale di Tarth, piaceva come posto, soprattutto dopo che per otto mesi aveva solo visto la schifosa nave su cui l’avevano rinchiusa nella campagna contro l’ultima locazione in mano nemica nel Dorne. Sull’isola si aspettavano di trovare truppe mercenarie, invece l’attacco si era trasformato in un accordo diplomatico con Lord Selwyn, detto “La Stella della Sera”, per il passaggio dell’isola sotto la bandiera Stark. Quell’inattesa non presenza di nemici consentì ad Arya di poter gironzolare indisturbata per tutta la città come le piaceva fare in ogni nuovo luogo in cui giungeva. Solo a Lancia questo non era potuto succedere, ma ci sarebbe tornata e di questo era certa.

    La notte era scesa e la cena era stata fantastica, a maggior ragione se confrontata con tutto quello che le era stato servito durante la guerra. Le portate erano state: tentacoli di polpo, maiale da latte arrostito con contorno di patate e porri lessi e frutta varia. Sul primo piatto si erano susseguite molte battute viste le condizioni dei Greyjoy in quei tempi, non erano però mancate alcune frecciate da parte del signore di Tarth per la situazione della battaglia a Lancia del Sole durante la quale i tentacoli delle Piovre avevano retto in modo eccellente.
    Dopo cena Arya era tornata alle sue stanze e si era seduta sul balcone ad osservare la luna piena che la meravigliava e le ricordava Nymeria.
    “Chissa se anche lei la sta guardando!” si chiese.
    Passarono alcune ora prima che si ridestasse dai suoi pensieri e si dirigesse a letto, finalmente morbido e comodo.


    Molta gente la circondava e tutto era colorato da migliaia di sfumature colorate. Sembrava per certi versi il Dorne, ma non lo era. La lingua parlata era strana e mancata da un accento che aveva sentito in pochissime occasioni nella sua vita. Anche le persone che in quel momento la circondavano erano diverse da quelle che comunemente le capitava di incontrare. Esse erano avvolte da sgargianti ed ampi vestiti, alle dita avevano grossi anelli, al collo lucenti pendenti e la maggior parte di esse erano seguite da povere donne abbigliate con stracci che dovevano essere delle schiave.
    Quello che si snodava intorno a lei le sembrava un mercato e doveva ammettere che era molto assordante. Decise di incamminarsi esplorando le bancarelle, soprattutto quelle su cui si trovavano dolciumi, lavori in legno ed armi.
    Mentre vagava spensierata udì una voce parlare nella lingua comune dei Sette Regni.
    <<…n sopporto più questo girovagare per Pentos con questo energumeno sempre dietro>>.
    Arya si voltò individuando chi fosse a parlare e vide che si trattava di una giovane donna molto bella, slanciata e dai capelli corvini. Il vestito che aveva indosso era bianco e riportava un emblema che Arya conosceva bene: il sole trafitto dalla lancia dei Martell. Dietro di lei camminava un uomo altissimo dalle braccia possenti, con i baffi imponenti ed una traccia lunga fino al ginocchio che ad ogni passo trillava al suono di molte campanelle.
    Presto, però, scomparvero entrambi alla sua vista disperdendosi tra le migliaia di persone che si spintonavano per la via. La ragazza cercò di star loro dietro, ma presto finì col perdersi e vagare senza meta.
    Girato un angolo qualcosa la afferrò per la spalla e le chiuse la bocca.
    <<Stai calma ragazzina>> disse una voce roca e maschile che faceva intendere che l’uomo era ubriaco.
    Egli cominciò a scendere una breve scalinata trascinandola ed arrivato in fondo tirò due calci ad una porta. Arya alzò gli occhi e vide un’insegna con scritto “Il Ricercato”.
    La porta si aprì poco dopo ed apparve un altro uomo puzzolente e sbronzo che vedendola fece un sogghigno. Quello che la teneva stretta intanto la portò dentro ed annunciò: <<Lord Vargo ho una giovane donzella per lei!>>
    <<Sshi? Molsto sbene, sdiamo un’oschiata!>>


    Si svegliò di colpo e notò che era tutta sudata. In testa, però, aveva un solo pensiero: avvertire Jon. Quindi si alzò subito e cominciò a correre verso la stanza assegnata a suo fratello. Quando la raggiunse ne spalancò la porta senza nemmeno bussare ed si trovò in una stanza ben arredata con un letto sulla sinistra e qualche mobile in cui riporre vestiario o altra roba. Al centro di essa vi era un tavolo a cui Jon e Lord Jason Mallister si trovavano chini esaminando una mappa i cui lati sventolavano per effetto della brezza che entrava dalla finestra spalancata.
    <<Jon, Jon so dove si trova Vargo>> disse lei rabbrividendo sia per il fresco della stanza che per i suoi nervi tesi.
    Il giovane Stark la guardò a lungo sconcertato e di fronte a lui il veterano alfiere Tully aveva la stessa espressione.
    <<Ti sembra il momento ed il modo di entrare nelle stanze altrui?>>
    <<Scusami, ma la cosa è importante>>.
    <<Qualsiasi cosa non giustifica tale comportamento, tanto meno una tale sciocchezza>> disse Jon in tono autoritario come se parlasse con un soldato.
    <<Non è come dici tu! E’ tutto vero, l’ho sognato>> replicò Arya andando avanti a raccontare tutto il sogno senza permettere che la interrompessero <<Jon devi mandare un messaggio a papà ed avvertirlo che Vargo si trova a Pentos presso “Il Ricercato”>>.
    <<Ed io dovrei credere alla fantasia di una ragazzina? Non ti rendi conto di quanto sia assurdo il tuo racconto, per non parlare del nome della locanda?>>
    <<Ser Jon vi consiglio di prendere penna e calamaio per scrivere sia a vostro padre che a Vyseris quanto vostra sorella vi ha appena riferito>> disse con serietà Lord Mallister.
    Suo fratello si voltò verso di lui con gli occhi spalancanti dicendo con voce sconvolta: <<Come potete credere a tali idiozie mio Lord?>>
    <<Vi assicuro che Arya dice il vero, ho assistito ad una scena simile qualche mese fa. La piccola nasconde in se un grande talento>>.
    Jon arrotolò con lentezza la mappa pensando al da farsi, poi prese carta e penna e cominciò a scrivere.
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    Mance
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    The White Walker
    00 02/12/2009 01:59
    Il Cavaliere della prima spada
    “Ahhhh… fottiti Ned! Non sono mica un pivellino come quel tuo …come si chiama? Lucas? Lui succhia ancora il latte dalla tetta della mamma… io le donne, prima le faccio mamme, poi gli succhio le tette!”.
    Una fragorosa risata colse il gruppo di comandanti presenti a quell’ultimo, rapido concilio.
    “Peccato…” li interruppe Ned, serio in viso, “che di tette ultimamente ne hai succhiate poche e al contrario toccherà tanto a me quanto a te leccare un paio di natiche di uno che, come dici tu, è ancora un poppante. Quindi fa quello che ho stabilito e tutto andrà liscio come l’olio, altrimenti ci sarà una seconda Approdo, ma senza prigionia e per tutti noi, non solo per te!”
    Il silenzio creatosi imbarazzò molti dei presenti tanto da indurli ad annuire agli ordini assegnati loro in precedenza e a prendere licenza il più velocemente possibile. Rimase solo Robert.
    “Non esagerare Ned, tu eri il primo cavaliere, tu avevi degli ordini… ma tu avevi anche dei doveri. Non ho voglia di farmi insultare a questo modo… nonostante tutto”
    “Tu hai ordinato e io ho eseguito, ma ora tocca a me ordinare, quindi esegui!”
    Robert, paonazzo in volto, fece per controbattere, ma non appena vide avvicinarsi in lontananza ser Barristan Selmy, si voltò e se ne andò velocemente. Non aveva la minima intenzione di farsi giudicare o deridere anche da quello che era stato la sua prima cappa bianca.
    Ned sorrise amaramente. Aveva ottenuto quello che voleva, ma a caro prezzo. Aveva insultato un amico, l’aveva offeso e ridicolizzato davanti ad una decina di comandanti che non valevano nemmeno un decimo di quello che poteva essere Robert Baratheon, eppure era riuscito a fargli montare la rabbia e, sperava, anche la sua leggendaria furia.
    Ser Barristan arrivò preceduto da Jory.
    “Mio lord, ser Barristan Selmy, lord comandante della Guardia Reale” disse.
    “Grazie, Jory, conosco bene ser Barristan” rispose quietamente lord Stark voltandosi. “Ora puoi andare.”
    “Mio lord Primo Cavaliere.” Ser Barristan si inchinò brevemente.
    “Ser Barristan” replicò Stark. “Temo dovremo lasciare da parte le formalità per una volta, visto il poco tempo a nostra disposizione. So che siete rimasto costantemente in contatto con Approdo del Re dopo che siete giunto qui, anche più di me. Quindi ora io vi chiedo ci sono notizie dalla corte?”
    “Ho ricevuto alcuni corvi dopo il mio arrivo qui sull’Incollatura ed alcuni ne ho spediti, è vero” disse Barristan. “Ma temo non ci sia alcuna notizia per noi di rilevanza, mio lord. Re Viserys è impegnato a consolidare il suo dominio, avvalendosi anche del supporto dei suoi alleati e consiglieri. E pare che abbaia ormai saldamente sotto controllo i burocrati del regno. Di importante non mi viene in mente altro.
    “E riguardo alle voci” nella voce di lord Eddard ora c’era una nota di gelo, ora. “Le voci riguardanti la Barriera e i Guardiani della Notte, quelle sono vere?”
    “Se alludete a quanto asserito da Doran Martell riguardo alla sua defezione da questo conflitto...” Ser Barristan sospirò. “Ebbene ho paura di sì, esse sono vere.”
    “Dunque quello di Doran sarebbe stato solo un gesto di ripicca verso di noi?” disse Stark in tono amaro. “Possibile che sia arrivato a tanto, un uomo come lui?!”
    “La sua famiglia è prigioniera, i suoi domini in mano a estranei, la sua guerra perduta” rispose ser Barristan. “Doran ha affermato apertamente di non aver voluto mandare i suoi uomini a morire in una battaglia dove il loro contributo non sarebbe stato necessario. Non sto cercando di giustificare il suo gesto, è chiaro. Tuttavia...” Barristan si interruppe.
    “Non ha importanza a questo punto, ser Barristan” Eddard Stark fece un gesto come a sottolineare di voler lasciar cadere l’argomento. “Desideravo solo sentire la vostra opinione in proposito. Ma il vero motivo per cui vi ho convocato qui ora è un altro. Se volete seguirmi.”
    Lord Eddard si avviò verso una collina lì vicino. Una volta giunti in cima staccò un cannocchiale di lenti di Myr dalla sua cintura e lo passò all’anziano guerriero.
    “Guardate verso nord, ser. Arrivano...” Stark gli indicò la direzione.
    Ser Barristan si portò il cannocchiale all’occhio destro e guardò.
    Ciò che vide non furono le figure sgraziate e grottesche contro cui avevano combattuto negli ultimi giorni. Ad avanzare verso di loro erano gelide ombre bianche, alcune montavano cavalli morti, altri altre strane creature e altri ancora si muovevano a piedi, ma sembrava accumunarli una letale grazia nei movimenti che sarebbe parsa impossibile per degli esseri viventi.
    “Gli Dei antichi e nuovi abbiamo pietà” sussurrò ser Barristan. “Estranei.” Il mondo improvvisamente sembrava, se possibile, essere divenuto ancora più freddo.
    “Proprio così” disse lord Eddard, anche la sua voce era poco più di un sussurro. “Quelli sono gli essere che costituiscono lo zoccolo duro dell’armata nemica. Fino ad ora erano rimasti nelle retrovie ed abbiamo avuto poco a che fare con loro, ci hanno pensato le mie catapulte e il fuoco del drago a tenerli a debita distanza, ma oggi hanno deciso di farsi avanti per primi, pare.”
    “Sarà già tanto se gli uomini non saranno colti dal panico al solo scorgerli” esclamò ser Barristan. “Noi disponiamo di una immensa potenza di fuoco, ma se riescono ad ingaggiarci sulla breve distanza i soldati saranno colti da un ceco terrore. E peggio ancora le catapulte saranno quasi inutili. Rischiamo di ritrovarceli all’interno dell’accampamento.”
    Ser Barristan osservò di nuovo la silenziosa, fredda armata nemica. Nei giorni precedenti aveva visto solo una volta una falange Estranea in azione, erano capaci di disperdersi e ricompattarsi con sovrumana rapidità, come guidati da un’ unica mente. Contro di loro la potenza delle catapulte avrebbe avuto un’ utilità molto limitata rispetto che con i non-morti. La loro arma migliore restava...
    “Mio signore” disse ser Barristan. “Dove si trovano la regina Daenerys e Drogon il drago?”
    “Li ho già mandati a prepararsi” rispose Stark. “Durante la battaglia loro dovranno intervenire solo quando avranno un bersaglio significativo, cioè ogni volta che gli Estranei tenteranno di raggrupparsi. Voi invece, ser Barristan, dovrete affrontarli in campo aperto. Adotteremo la loro stessa tattica, invertiremo avanguardia e retroguardia e sfrutteremo la forza degli Immacolati, cercando di armarne il più possibile con armi incendiarie. La ferrea disciplina dei soldati eunuchi dovrebbe consentirgli di affrontare gli Estranei direttamente. Il vostro compito sarà quello di costringere il nemico a raggrupparsi in modo tale da poterlo colpire efficacemente usando le nostre macchine da guerra.”
    Ser Barristan si concesse un attimo per rifletterci. Il piano appariva logico e ben congeniato, eppure lui aveva comunque dei dubbi.
    “Lord Eddard” disse in fine. “Ho tua licenza di parlare con sincerità, con assoluta sincerità?”
    “Hai tale licenza, ser.”
    “Sembrerebbe un buon piano il tuo. Tuttavia è estremamente rischioso, se gli Estranei dovessero penetrare la falange degli Immacolati rischieremmo di ritrovarceli troppo vicini per poter usare le macchine da guerra.”
    “Ne sono consapevole ed è per questo che ho preso le mie precauzioni” replicò lord Eddard. “Potrebbe essere la nostra occasione di infliggere una durissima perdita al nemico. Probabilmente si sono accorti che continuando a mandarci contro i non-morti poco per volta noi li avremmo decimati e hanno deciso di rischiare. E noi dobbiamo approfittarne. Lucas Blackwood tornerà sotto il mio comando in questa battaglia. Ad affiancarti al comando del tuo reparto sarà un mio uomo che avrà anche il compito di guidare un piccolo contingente di cavalleria. Tale contingente farà in modo che gli Estranei non si disperdano troppo, o almeno è ciò che tenterà di fare.”
    “Chi sarà quest’uomo, mio lord, se posso chiedere?” Ser Barristan aveva però ora un sospetto.
    Lord Stark gli lanciò uno sguardo significativo prima di rispondergli.
    “Robert Baratheon.”
    Ser Barristan aprì la bocca, ma non ebbe il tempo di ribattere, in quel momento riecheggiarono ancora una volta i tre lunghi suoni lamentosi del corno dell’inverno. Il cavaliere osservò nuovamente attraverso le lenti di Myr e vide: un drappello di Estranei in sella a destrieri morti si era staccato dal gruppo principale e si stava dirigendo a gran velocità verso di loro, troppo rapidamente per essere intercettato dalle catapulte. Sempre in silenzio Barristan passò il cannocchiale a Stark.
    “Andate, cavaliere, presto” disse questi dopo aver osservato la situazione per un momento. “E’ vitale che riusciate a intercettarli e rispedirli indietro. Andate, penserò io a disporre il resto.”
    Ser Barristan non se lo fece ripetere due volte, dopo un breve cenno di congedo con la testa si diresse a passo celere verso i suoi uomini.
    “Jory,” ordinò Ned un attimo dopo ”sono pronti Manderly, Bracken e il piccolo Umber?”
    “Si, mio signore, e anche Lucas è pronto a partire e Reed vi attende”.
    “Reed farà la guardia alle catapulte, nel caso qualcosa andasse storto e Lucas seguirà Bracken!”
    “Ma…”
    “Deve essere un Lord, quindi deve anche imparare a ingoiare rospi a volte!”
    “Si, Lord Eddard”.
    “Tallarth con me, gli altri due nello schieramento est. Sono pronte le due carrozze? ”
    “Certo, anche gli alchimisti”.
    “Bene” disse compiaciuto Ned, “Muoviamoci!”.
    Jory dopo un brevissimo inchino scomparve in quel brulicare di uomini.
    Eddard si voltò per andare verso la carrozza posta a ovest quando un ragazzino, con i colori Stark e un doppio grifone bianco e rosso sul cuore, gli rovinò letteralmente contro.
    “Figliolo, fai attenzione! Se non vedi me, come farai a vedere gli estranei!”
    “Scu.. scu.. scu.. sate My.. My… My…”.
    “Si, si. Non preoccuparti. Chi servi?”
    “Se… Se… Ser Connington, Mylord”.
    “Connington… Carrozza ovest… al mio fianco destro! Perché sei qui tu?”
    “Il ser vo… vo… voleva del vino”
    “Crede sia l’ultimo della sua vita, capisco. Beh… non porterai quel vino al tuo cavaliere! Muoviti, digli che abbiamo una battaglia da combattere, subito”.
    Ned si avviò alla carrozza seguito da quello scudiero e pensieroso sia sul fatto che Ser Connington potesse essere ubriaco, data la situazione, sia che lo fosse stato anche nel momento della nomina di quello scudiero”.
    Appena arrivò alla carrozza vide i cancelli principali aprirsi, mentre un gruppo nutrito di immacolati usciva sotto la guida di Ser Barristan. Un centinaio di metri in disparte poteva vedere la cavalleria di Robert pronta a seguirli in una seconda ondata.
    “Lord Eddard,” fu destato da un alchimista affiancato da un bruto,“tutto è pronto, possiamo cominciare. Spero che sappiate bene quello che state facendo, comunque stia tranquillo che non abbiamo rivelato ad alcuno le vostre intenzioni”.
    “Bene, Alyn, i tuoi gufi che ti hanno fatto vedere?”
    “Coprono al massimo un miglio, sono seppelliti dalla neve per potersi nascondere, ma non sono oltre quel raggio”.
    “Bene! Allora Benfred, partiamo”, disse rivolto a Tallarth, che lo aveva appena raggiunto.
    Ad un cenno dell’uomo lo schieramento della carrozza ovest cominciò ad avanzare e così anche quello sul lato opposto della fortezza dei Reed.
    Ned vide con piacere che la formazione, uscendo allo scoperto e aggirando il luogo dello scontro, si teneva a circa un miglio dalla zona calda disegnando un ampio semicerchio. Apriva la strada la carrozza, trainata da circa quaranta bruti. Ned non aveva voluto i cavalli, troppo paurosi e quindi inadatti. Non appena la carrozza copri una cinquantina di piedi, un alchimista ruppe una sorta di beccuccio di vetro che usciva dal lato sinistro, lasciando fuoriuscire un filo continuo ma flebile di un liquido denso. Dietro alla carrozza veniva il grosso dell’esercito, dislocato per manipoli di venti uomini: dieci tra bruti, fanti o picchieri, cinque arcieri, due balestrieri e un alchimista, tutti sotto il comando di un cavaliere e il suo scudiero. I manipoli erano decine e decine, battevano diverse bandiere , ma la maggior parte portavano il metalupo cucito sul petto, tutti silenziosi, tutti in fila dietro quella carrozza e tutti alla destra di quel rigagnolo che si lasciava dietro. Analizzando quella disposizione, Eddard vide che il manipolo di Ser Connington, visibilmente traballante e certamente ubriaco, era posto immediatamente dopo il suo e gli uomini del cavaliere erano profondamente impauriti, consci dello stato del proprio comandante. Questo era un male, se un solo anello di quella catena umana avrebbe ceduto, non sarebbero riusciti a chiudere la morsa attorno a quelle creature e questo poteva mettere a repentaglio non solo la vita di quelli che avevano fatto da cuneo, ma la riuscita della battaglia stessa.
    Avevano raggiunto oltre la metà del tragitto stimato quando si sentì un ruggito imponente e terribile allo stesso tempo. Agli uomini che si voltarono lo sguardo nella sua direzione, Ned fece cenno di proseguire. Poco dopo si sentì un urlo in lontananza, un urlo famigliare, il motto di casa Baratheon. Ned capì di dover fare presto, molto presto.
    Dopo pochi minuti, che però sembrarono un eternità, lo schieramento si fermò, essendo arrivato esattamente di fronte ad uno spiegamento di truppe identico.
    “Bene Benfred, gli alchimisti han fatto un ottimo lavoro, ora tocca a te”.
    Ad un cenno della mano del giovane Tallarth tutti i manipoli ruotarono a destra, subito dopo i picchieri, i fanti e i bruti infilarono le lame delle picche e delle spade nella neve, quasi a setacciarla. Dietro di loro lo scudiero con il cavaliere di comando e poi ancora arcieri e balestrieri che incoccavano frecce roventi, incendiate da un braciere appositamente acceso dall’alchimista del manipolo.
    Ad un secondo cenno quell’immenso cerchio di uomini cominciò a stringersi. Lentamente, metro dopo metro, tutto il calpestato era stato passato a fil di spada o di picca. Tutto procedeva gradatamente e in silenzio fino a che improvvisamente un picchiere del manipolo di Ser Connington fu risucchiato urlante sotto la neve e dopo di lui, altri due e lo stesso Cavaliere. Un nugolo di frecce infuocate si conficcò nel terreno circostante ma senza risultare utile; un secondo e un terzo, proveniente dai manipoli vicini, centrarono il bersaglio, anzi, i bersagli. Due non morti si alzarono improvvisamente gemendo, uno brandendo un braccio sanguinolento, l’altro tenendo per la gola il Cavaliere ormai quasi privo di conoscenza. Mentre lo scudiero di Ser Connington e un paio di fanti si gettarono contro quella creatura nel tentativo di salvare il loro comandante, Ned fece un cenno alla carrozza con la mano e subito una lingua di fuoco avanzò fulminea in direzione del castello dei Reed. Una seconda, speculare, divampò dalla parte opposta la loro posizione. Da li nulla poteva più scappare senza sere divorato dalle fiamme.
    “Benfred, aiutiamo Connington, veloce!” ordinò mentre le due lingue di fuoco ultimarono il loro cammino chiudendo quel semicerchio invalicabile.
    Non appena i due Lord del nord giunsero assieme ad altri tre picchieri però, un brivido percorse tutto il corpo di Ned. Di fronte a loro, una ad una, si alzarono quelle nere creature che avevano riempito le favole della vecchia Nan. Le unità divennero decine e le decine centinaia, fino a che anche le centinaia divennero migliaia. Benfred abbattè uno dei due non morti prima di bloccarsi atterrito, mentre l’altro fu decapitato dallo scudiero di Connington. Il silenzio e il gelo pervasero tutto lo schieramento, paralizzandolo. Ad un tratto, quel giovane scudiero si scagliò urlante contro il più vicino dei non-morti e l’incantesimo si ruppe. Un boato, un assalto, il caos!

    “Tirate!” urlò Ned mentre avanzava col suo manipolo. Molti lo imitarono, alcuni lo precedettero addirittura. Uno sciame di fiammelle passò sopra la sua testa. Alcune si spensero nella neve, altre incendiarono corpi gelidi e scuri come il carbone.
    Sfoderò ghiaccio. Col primo fendente aprì dall’ascella al cranio una di quelle creature, col secondo ne decapitò un’altra. Ghiaccio penetrava in quei corpi come un coltello caldo si apriva la strada nel burro, ma era il fuoco quello che faceva più danno al nemico, poiché le spade non riuscivano a rendere inoffensivi quei corpi, malgrado le mutilazioni inflitte. Decise quindi di tentare l’ultima carta e si voltò verso quella colonna di altofuoco, facendo un secondo cenno agli alchimisti. Dopo pochi istanti una moltitudine di piccole ampolline vennero lanciate con l’uso di piccole fionde.
    Di fronte a lui cominciarono a divampare piccoli incendi a macchia di leopardo e gran parte di quelle creature, ammassatesi per attaccare a mani nude i soldati, presero ad ardere vivacemente, gemendo e contorcendosi terribilmente.
    Lo schieramento si fece ulteriormente coraggio e prese ad avanzare. A pochi passi Ned poteva vedere combattere Benfred e quel coraggioso e altrettanto misterioso scudiero. Improvvisamente, davanti a loro tre, le fiamme presero ad attenuarsi inspiegabilmente fino a che attraverso di esse passò urlante una creatura dell’inverno, signora di incubi tanto terribili quanto antichi.
    L’estraneo si gettò sul ragazzo con una rapidità impressionante e sferrò un fendente tanto improvviso quanto pericoloso. Lo scudiero riuscì a stento a parare il colpo, rovinando a terra all’indietro. Mentre la creatura si apprestava a dargli il colpo di grazia, fu Benfred a distrarla con un doppio affondo, prontamente schivato. Un terzo furente colpo però, costrinse l’estraneo a parare perdendo di vista Eddard che calò di lato con ghiaccio. La creatura tentò una repentina schivata, ma lasciò arto destro e spada vitrea a terra. L’urlo agghiacciante che seguì, anticipò un affondo di Ned e lo svanire di quel gelido corpo.
    Il Primo cavaliere di Re Viserys si voltò, fece un cenno di approvazione ad un Tallarth ansimante e allungò una mano allo scudiero, mentre la battaglia si spostava più avanti.
    “Figliolo, non sarai un chiacchierone, ma per quanto mi riguarda sei già cavaliere. Tu sarai ricordato nelle canzoni dei secoli a venire, quasi più di mè. Sei stata la prima spada dell’assalto! Dimmi il tuo nome Ser…?”
    Il ragazzo sgranò gli occhi a quella notizia e a fatica… “P.. Podrick, Mylord. P…P... Podrick Payne”.
    Ned sorrise e lo fece alzare. Poi guardando di fonte a se vide a poca distanza combattere una cappa bianca e un uomo massiccio con un elmo fregiato da imponenti corna di cervo e capì che il cerchio si era stretto sensibilmente.
    “Bene, ser Podrick Payne, restami vicino e cerca di sopravvivere ancora un poco”.
    “Perché M… Mylord?”.
    “Perché l’Alba è vicina, molto vicina”.

    [Modificato da Mance 02/12/2009 02:18]


    Sono stato Mance Ryder, capo dello spionaggio di Robert Baratheon...
    Sono stato Eddard Stark, Primo cavaliere di Viserys Targaryen...
    Sono stato Robert Baratheon, fatto a pezzi perchè... troppo bello e abile nello scappare di prigione...
    Sono stato Salladhor Saan, l'ultimo uomo senza Re...
    Sono stato The white walker, colui che cammina nella Notte.
    Sono stato Mace Tyrell, il BELLISSIMO!!!

    Ed ora sono.... Il Buon Padre





    Guardalo negli occhi, fino a che lui, ringhiando, entrerà nei tuoi col suo sguardo... solo allora ti angoscerai... non per paura, bensì per aver compreso il significato della parola fierezza.
  • Jon_Re
    00 06/01/2010 00:40
    La scelta di Arya: arrivederci!

    Gironzolava da ore per la città attraversando centinaia di ponti. Braavos era fantastica. Non aveva nulla a che fare con i luoghi che fino a quel giorno aveva visto. Essa era un arcipelago di isole talmente vicine da creare un’infinità di canali solcati da bellissimi ponti l’uno diverso dall’altro per la presenza di differenti intarsi e statue. Tra le varie isole, inoltre, spesso cambiava anche la struttura architettonica di case, monumenti e palazzi. Presso molte abitazioni si potevano trovare delle bancarelle a cui la gente del posto vendeva cibi di ogni genere, anche se quelli che andavano per la maggiore erano i prodotti ittici. Non erano infrequenti i passaggi di portantine recanti ricche dame o grassi e boriosi uomini tempestati di pietre lucenti. Arya aveva notato che la maggior parte delle persone di Braavos era ricca e le avevano spiegato che quella era una città di banchieri e commercianti talmente abili da aver fatto moltissime fortune. Vi si trovava, però, anche gente normale e povera che cercava di sopravvivere servendo i facoltosi o commerciando i pochi prodotti che riusciva a procurarsi.
    Nel palazzo del Signore del Mare si erano già svolte alcune delle sessioni del processo contro Arryn, Martell, Tyrell, Greyjoy e Vargo. Da quanto aveva potuto constatare qualcosa non stava andando come doveva o almeno così era per Viserys. Arya ad ogni chiusura di sessione lo aveva scorto quasi paonazzo tanto era irato. Solo Jorah Mormont, prossimo Lord di Alto Giardino, sembrava riuscire a calmarlo dopo avergli detto qualcosa all’orecchio. Questo però a lei non interessava, tantomeno ciò che avrebbero deciso al processo. Infatti, durante tutto il giorno si divertiva a vagabondare per la città in cerca di ragazzi con cui divertirsi e tornava a palazzo solo all’ora di cena.
    Quel giorno camminava giocherellando con una moneta datale molto tempo prima dal suo maestro d’armi Syrio Forel. Si divertiva a farla scorrere tra le dita o a lanciarla in aria e fu in uno di questi ultimi movimenti che la moneta sparì. Arya si bloccò all’istante ed aprì la mano constatando che era realmente vuota, allora si voltò indietro ritrovandosi di fronte ad uno strano uomo che osservava la sua moneta. Egli aveva i capelli per metà bianchi e par metà viola, indossava un farsetto verde scuro con brache nere e sorrideva guardando la sua faccia.
    <<Valar Morghulis>> disse.
    La ragazza sgranò gli occhi e cominciò a ricordare le parole che le aveva detto Syrio il giorno in cui le aveva donato la moneta: <<Arya oggi è stata la nostra ultima lezione, non ho più nulla da insegnarti. Ti faccio, però, un dono che potrai utilizzare un giorno se vorrai crescere ed imparare nuove cose. Questa moneta se fatta vedere alla giusta persona ti condurrà nel posto in cui la tua vita potrà cambiare. Ricorda, inoltre, queste parole: “Valar Morghulis”>>. Dopo quelle frasi non le disse più nulla e non lo rivide più.
    <<Conosci il maetro Syrio Forel?>> chiese la giovane Stark all’uomo.
    <<Mmm… Un uomo molto abile devo dire. Non è passato molto dall’ultima volta in cui l’ho visto. Lui ti ha dato questa?>>
    <<Si, mi diede la moneta e mi disse di pronunciare quelle parole che prima hai detto tu>>.
    <<Ah capisco! Deve aver avuto molta fiducia in te. Non è da tutti ricevere un tale dono…>>
    <<Lui si trova qui a Braavos?>> lo interruppe lei.
    <<E’ più vicino a te di quanto immagini, ragazzina>>
    <<Eh? Dove?>> chiese cominciando a guardarsi intorno.
    <<Guardi troppo con gli occhi, non hai imparato molto. Sei disposta a lasciare tutto quello che sei e che hai per diventare qualcosa di nuovo e forte?>> chiese lui in modo diretto.
    <<Cosa? Non ho capito!>>
    <<Ti sto chiedendo se vuoi diventare una guerriera come Nymeria!>>
    <<…..>> Arya rimase paralizzata all’udire quella frase e quel nome.
    <<Pensaci, perché come ti ho detto dovrai lasciare tutto ciò che sei e che hai>>.
    Sentimenti contrastanti la attraversavano: non voleva lasciare la sua famiglia, ma sapeva che tornando a Grande Inverno i suoi sogni non sarebbero mai stati realizzati. Si disse, però, che aveva deciso da molto tempo cosa avrebbe voluto fare e ciò era testimoniato dalle lettere che aveva scritto ai suoi genitori ed a Jason Mallister. Lettere che teneva nel baule tra le sue cose in attesa del momento giusto per farle avere ai loro destinatari.
    <<Valar Morghulis>> disse infine guardando negli occhi l’uomo che aveva di frontem e notando solo in quel momento che erano diversi: quello a destra era verde mente l’altro grigio.
    <<Bene ragazzina. Andiamo allora>>.
    <<Potrei andare a salutare qualcuno?>>
    <<Non hai compreso le mie parole? Quello è il passato!>> rispose l’uomo voltandosi ed iniziando a camminare nel senso inverso a quello precedentemente seguito da Arya.
    Lei lo seguì tra i vicoli fin quando giunsero ad una scalinata che scendeva verso un canale. In fondo vi era ormeggiata una piccola imbarcazione colorata di rosso e giallo con un solo remo a poppa. L’uomo scese gli scalini e salì a bordo di quella barchetta che era un mezzo molto diffuso ed utile tra i canali della Città del Titano. Arya si accomodò sull’asse centrale della barca ed insieme cominciarono navigare tra i canali rischiando varie volte di urtare altre imbarcazioni a causa della sbadataggine degli uomini che le conducevano. Il suo strano compagno di viaggio le spiegò che a Braavos vi erano delle regole ben precise per la navigazione tra i canali, ma data l’assenza di controlli su tali questioni ognuno faceva a modo proprio creando spesso gravi danni.
    Giunsero infine ad un’altra scalinata ed ormeggiarono la barca al piccolo molo che li si trovava.
    <<Bene ragazza siamo giunti a destinazione. Quella è la tua meta!>> disse l’uomo indicando un enorme edificio.
    Lei si guardò intorno è notò che la zona era poco illuminata e che i raggi del sole filtravano a fatica tra le varie costruzioni. Tutto le metteva timore e la rendeva restia a scendere dall’imbarcazione. Guardò negli occhi il timoniere che fin li l’aveva guidata, ma in essi vi trovò qualcosa d’indecifrabile e nulla che la potesse incoraggiare. Si decise, però, ad alzarsi e scavalcare il parapetto, fermandosi poi in attesa che lo strano uomo mettesse piede a terra.
    <<Puoi andare. Bussa a quella porta e trova la tua strada!>>
    <<…>> le parole non le uscirono di bocca e non riuscì ad esprimere il suo pensiero: “da sola?”
    Rimase a fissarlo per alcuni istanti, ma poi si voltò verso la scalinata e cominciò a percorrerla. Giunta a metà inciampò in un mattone parzialmente fuoriuscito dal suo posto senza però cadere. Spinse il mattone nel suo alveo e continuò la sua ascesa fino a raggiungere la cima. A quel punto si voltò e chiese: <<Posso sapere il tuo nome?>>
    Si sorprese nel constatare che il suo interlocutore si stava allontanando a bordo dell’imbarcazione che l’aveva condotta fin la. Il suo timoniere, però, non sembrava più quello di prima. I suoi vestiti le erano familiari, ma lo fu ancora di più il suo volto quando egli si voltò a darle un’occhiata. Era il viso di colui che le aveva insegnato i segreti per riuscire ad utilizzare al meglio Ago e che non incontrava più da anni: era il suo maestra Syrio Forel. Sparì presto dietro un angolo non curante dei richiami della sua allieva che per molti minuti rimase in attesa sperando che lui cambiasse idea e tornasse indietro. Ciò, suo malgrado, non avvenne e dopo la lunga attesa si rese conto che le sue preghiere non sarebbero state esaudite.
    Ora era sola in un posto che non conosceva minimamente e con in mano una sola indicazione a guidarla: bussare alla gigantesca porta che faceva da entrata a qualcosa di ignoto. Si alzò dallo scalino su cui si era seduta e sconsolata risalì per la seconda volta quella scala. Girò a destra e dopo dodici passi bussò alla porta metà bianca e metà nera indicatale attendendo pazientemente che fosse aperta. Nessuno le apriva e quindi decise di bussare nuovamente. Quella seconda volta un uomo calvo e con una veste dello stesso colore del portone aprì facendole segno di entrare.
    <<Valar Morghulis>> le disse.
    <<Valar Morghulis>> rispose lei entrando e consegnandogli la strana moneta. La porta si chiuse dietro e dentro di lei immergendola in un mondo a bande bianche e nere.

  • Jon_Re
    00 06/01/2010 00:43
    Lettere

    “Padre se stai leggendo avrai trovato questa lettera presumibilmente nel tuo studio, ma non escludo che tu l’abbia trovata tra le mie cose. Fosse la prima ipotesi vorrebbe dire che la mia decisione è stata ponderata a lungo e con calma. Fosse, invece, la seconda significherebbe la stessa cosa, ma non avrei avuto il tempo di tornare a casa ed organizzare il tutto tranquillamente. Entrambe indicheranno che sono andata in cerca della mia strada, perché quella che si prospetta a Grande Inverno per me non è quella giusta per me. Sarò una Lady, precisamente la Lady di Delta delle Acque e delle Isole di Ferro come mi hai promesso, ma come voglio io: non nello stile di donna tutta merletti al servizio di un uomo.
    Quello che ho appena scritto è il motivo principale per cui vado via, però, non dimentico quello che è diventato secondario e quasi futile vista la morte dell’individuo che ne è stato protagonista. Promettere Delta ad un Frey non è stato una bella cosa da parte tua.

    Ho da chiederti un favore, tu sarai Primo Cavaliere di Viserys ed avrai il potere di salvare delle vite. Quando fui a Vecchia Città Lord Hightower mi fece promettere che avrei fatto tutto il possibile per impedire che i suoi figli fossero uccisi dal futuro Lord di Alto Giardino in quanto parenti dei Tyrell. Penso sia in tuo potere poter realizzare la promessa che feci un anno fa e ti chiedo gentilmente di realizzarla per me.
    Infine, riguardo a Delta ed alle Isole di Ferro hai deciso di darle a me affiancandomi zio Edmure. Ti chiedo di affidarle momentaneamente a lui fino al mio ritorno. So che non è una cosa molto corretta, ma ti prometto che tornerò una Lady forte e giusta.

    A presto padre.
    Arya”





    “Lord Jason scrivo a lei due parole per ringraziarla della fiducia che ha avuto in me mentre tutti intorno mi credevano un peso. Mi avete insegnato molto e con voi ho trascorso momenti indimenticabili. Un giorno vi prometto che tornerò e metterò in pratica i vostri insegnamenti.
    Grazie.
    Arya”





    “Madre, avevo deciso da tempo e tu dovresti capirmi. Sai che non sono come Sansa. Io voglio diventare una Lady come Nymeria. Ti prego perdonami se puoi.
    Saluta tutti i miei fratelli da parte mia e prenditi cura della mia meta-lupa fino al mio ritorno.
    Non ho altro da scriverti tranne la promessa che un giorno tornerò.
    Arya”

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    Asha regina di ferro
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    Registrato il: 23/12/2006
    Età: 103
    Sesso: Femminile
    Condottiero di Eserciti
    Affascinante Filibustiera
    00 20/01/2010 10:44
    ASHA

    “Ritorna, ritorna spettro nel mare,
    morte silente dalle insanguinate vele,
    guerra, giudizio e vendetta qui non portare,
    ritorna, ritorna, ritorna nel mare”

    “Ancora Sheeley! Diccela ancora!”
    “Siiiii! Ancora!”
    “E' ora di dormire adesso. Domani mattina tornerà vostro padre e dovrà vedervi belli svegli” era sempre un problema per Sheeley mettere a letto i piccoli Mallister, figli di Thomard Mallister, discendente di basso lignaggio da uno dei fratellastri dei Mallister di Saegard. Thimos, partito insieme ad una piccola guarnigione formata da uomini che avevano giurato fedeltà a Grande Inverno, sarebbe tornato l'indomani dalle isole di ferro col denaro dei tributi della corona. Ormai erano passati 5 anni dalla fine dell'ultima guerra, che aveva avuto come esito il ritorno dei Targaryen sul Trono di Spade. Da anni non avevano luogo spedizioni militari, anche se negli ultimi tempi circolavano strane chiacchiere riguardo la sicurezza della costa ovest del nord del continente.
    “Ma non ho sonno...Voglio la filastrocca dello spettro!” disse Brandon, a cui i genitori avevano voluto dare il nome dei lord di Grande Inverno.
    “Ma la filastrocca lo tiene lontano lo spettro, vero?” chiese Miley Mallister, che aveva a da poco compiuto 4 anni, a suo fratello maggiore Brandon.


    Decine di chilometri più a ovest, Thomard Mallister stava navigando nel golfo di Seagard. Il tratto di costa a sud di Seagard, oltre la quale si estendevano le terre dei fiumi, era ben visibile. Il giorno dopo Thomard avrebbe rivisto sua moglie e i suoi bambini, Brandon e Miley.
    Stava iniziando una notte senza luna. Sul ponte della Visenya II, Thomard ascoltava stralci di conversazione. L'argomento era il presunto assalto ad una nave avvenuto una dozzina di giorni prima, che trasportava il denaro dei tributi proveniente dalle isole di ferro. Solo due sopravvissuti erano stati raccolti il giorno dopo nel mare, aggrappati a rottami galleggianti. Più di un ciclo di luna prima, una nave diretta a Lannisport, carica di uomini del re, era scomparsa, senza che se ne conoscesse la causa in modo certo: poteva essersi trattato di una tempesta, in quei giorni erano frequenti i temporali e il maltempo, meno probabilmente la nave era stata intercettata da predoni. Da molti anni non si parlava di pirati in quel tratto di mare.
    Il viaggio di Thomard era stato tranquillo e durante la traversata erano state avvistate solamente chiatte di pescatori e navi mercantili.
    “Se veramente parliamo di pirati non c'è dubbio che si tratti di uomini di ferro. Secondo le descrizioni dei sopravvissuti, la nave era lunga circa 100 piedi, stretta e slanciata, e da un pescaggio particolarmente poco profondo: fattezze che conferiscono all'imbarcazione una grande velocità e le consentono di navigare perfino in acque di un solo metro di profondità. In questo modo può avvicinarsi molto alla riva e sbarcare molto velocemente. Questo è il modo di costruire le navi degli uomini di ferro”.
    “Sicuramente si tratterebbe di qualcuno che conosce molto bene le coste e si sa muovere di porto in porto, anzi...con una nave costruita a quel modo, non ha alcun bisogno di un porto.”
    Thomard intervenne:“ Le due navi assalta finora hanno caratteristiche comuni: si tratta in tutti i casi di navi con a bordo funzionari reali incaricati della riscossione dei tributi. Non siamo a conoscenza di assalti a navi commerciali, né a navi con altri emblemi. Un uomo di ferro avrebbe tutte le motivazioni per scegliere questo tipo di vittime. Considerando inoltre la zona maggiormente colpita da questi assalti, la conclusione risulta ovvia.”
    “Questo restringe il campo. Gli Stark di Pyke dovrebbero mandare qualcuno a interrogare la gente del luogo”
    A quel punto dall'equipaggio arrivò un grido di allarme.

    “Ritorna ritorna spettro nel mare...” intonò Miley nel proprio letto nell'entroterra a sud di Seagard.
    Lui e il fratello non si erano ancora addormentati “Sciocco. Solo un bambino come te può credere che uno spettro abbia paura di una stupida filastrocca! Anche se la canti 100 volte lo spettro può venire quando vuole per rubarti la lingua!” Brandon non resisteva mai alla tentazione di impaurire il fratello.
    “Non è vero!”
    “Si invece! Lo spettro del mare arriva con la nave fantasma per cercare la sua lingua perduta. E cosi quando tu dormi esce da sotto il tuo letto e...”
    “Ora basta, Brandon! Stai spaventando tuo fratello. E' solo una stupida filastrocca. Lo spettro del mare è solo una leggenda fino a poco tempo fa nessuno aveva nemmeno mai udito e presto nessuno ne parlerà più. Adesso dormite o chiamerò vostra madre”
    Sheley uscendo portò con sè la candela.
    Dopo che Brandon non vide più il chiarore del lume, fu certo che Sheeley si fosse ormai allontanata.“In passato nessuno sapeva dello spettro, perché a quel tempo non aveva ancora perso la sua lingua.” sussurrò.
    Miley quella notte, faticò a prendere sonno.
    La mattina dopo, mentre attendeva il ritorno del marito da un momento all'altro, la madre di Brandon e Miley ricevette un corvo con la notizia che Thomard Mallister era morto in un assalto pirata. Il messeggio diceva che le circostanze dell'assalto erano da accertare, ma che secondo i sopravvissuti, contando sul favore delle tenbre, vele prive di vessilli avevano fatto rotta verso la Visenya II, raggiungendola dopo un'ora dal primo avvistamento. Uno di loro affermava di aver potuto distinguere una polena scolpita con sembianze femminili.
    Miley sapeva però che non erano stati i pirati ad attaccare la nave. Nella sua ingenuità di bambino, si chiese spesso se lo spettro avesse tagliato la lingua di suo padre, prima di ucciderlo.

    Un anno prima

    Circa sei cicli di luna dopo che fu entrata a far parte come novizia delle Sorelle del Silenzio, Asha fu mandata con altre 5 consorelle presso una fortezza nei pressi di Stelle al Tramonto, nel Dorne, a preparare per la sepoltura la salma del signorotto locale. Una volta arrivate furono condotte da un attendente che aveva il compito di portarle alla salma. Il Dorne è una terra popolata di serpenti, e durante il tragitto verso la stanza in cui si trovava il cadavere, ques'uomo non fece che parlare dell'interesse che il defunto lord aveva avuto in vita per i serpenti, a suo dire innoqui, animali che egli stesso allevava in un un parco all'interno della fortezza. Normalmente una Sorella del Silenzio non ha mai l'occasione di trovarsi da sola con un uomo, dal momento che le spedizioni per preparare le salme avvengono sempre in gruppetti. Anche nella Casa del Silenzio, dimora della Sorellanza, una Consorella non si muove mai da sola, neanche per spostarsi da una sala all'altra. Tuttavia quando l'uomo disse:”Sarà sufficiente che una sola di voi veda la salma, in modo tale che non tutte saranno costrette ad attraversare il parco dei serpenti che conduce alla torre del mio defunto lord” Asha fece istintivamente un passo avanti, percependo la gratitudine e il sollievo negli sguardi delle mie Consorelle. Ma non lo aveva fatto certo per loro: da mesi ormai coltivava la speranza, puntualmente frustrata, di restare da sola: sarebbe stato un sollievo allontanarsi anche per qualche minuto dalla tetra vicinanza di quei grigi corvacci muti che erano le sue compagne e dai loro tetri e umilianti doveri. Lasciandole quindi indietro, Asha e l'attendente si avviarono per attraversare il parco dei serpenti, fino a raggiungere alla torre del lord defunto. Ma Asha non tornò mai dalle altre Consorelle. Lasciata da sola con la salma, fu colta dalla certezza che né il Dio Abissale né qualsiasi altro dio in cui avesse voluto credere in vita le avrebbe mai concesso un'altra occasione simile. A tale certezza ne seguì un'altra: una fuga intentata era peggio di qualsiasi fuga fallita o finita con la morte. Indossò i vestiti con i quali il morto sarebbe dovuto essere sepolto, tutti a parte il farsetto con l'emblema, ma portò con sé i vestiti da Sorella del silenzio in una sacca. Stordì la guardia alla porta e scese le scale per tornare al parco. L'unica via di fuga consisteva nel ripercorrere a ritroso la strada fino alle altre Sorelle, cosa che fece. Fu un azzardo, ma l'abito della sorellanza prevede un'ampia veste grigia e un velo pesante a coprire il volto, di cui solo gli occhi sono scoperti: vestita da uomo, nessuna di loro riconobbe il suo volto. L'alternativa era percorrere una scala che conduceva a una torretta difensiva esterna, ma era piena di guardie che le avrebbero chiesto di identificarsi, troppe per le sue forze, giudicò, e anche se avesse indossato la veste grigia, una Sorella del Silenzio che percorre le mura difensive avrebbe dato nell'occhio.
    Una volta fuori dalla vista del gruppo di Consorelle, nascosta dentro l'entrata della scala di una delle torrette, Asha indossò di nuovo la veste grigia sopra i vestiti che aveva, velandosi di nuovo il volto: una Sorella del Silenzio che percorreva tranquillamente il cortile verso il ponte levatoio, non avrebbe destato sospetti. Percorse il cortile senza dare nell'occhio finché una guardia al ponte levatoio si propose di scortarla per un tratto di strada. Asha fece cenno di no e la guardia non insistette, poiché la vicinanza di una Sorella del Silenzio porta notoriamente sventura: qualsiasi uomo avrebbe accettato di farle da scorta solo se costretto e mal volentieri. Una volta che le fu portata la sua cavaltura, un mulo anch'esso grigio, Asha uscì dalla fortezza.
    Cavalcò di notte e dormì per poche ore al giorno, sulla nuda terra. Vecchia Città e il suo porto attendevano a pochi giorni di cammino e, anche se una volta lì Asha non si sarebbe sentita affatto al sicuro, non conosceva altri insediamentei portuali in quella parte di costa dorniana. Non sapeva per dove mi sarebbe imbarcata, non aveva un luogo dove andare e nessuno ad aspettarla. Era consapevole che non c'era luogo in tutto il regno che potesse dirsi sicuro. Perciò cercò una nave mercantile che facesse rotta verso l'unico posto che valesse la pena cercare di raggiungere, se non altro per rivederlo un'ultima volta: le isole di ferro. Fu abbastanza facile per Asha riuscire a imbarcarsi come mozzo sulla Speranza, un mercantile proveniente da Myr. Prese accordi col Capitano Sembo Xhar Ro secondo cui avrebbe offerto il suo lavoro in cambio del viaggio, durante il quale si adattò ai lavori più umili. Vestiva indumenti informi, in modo da sembrare un un giovane ragazzo magro e sporco, che viaggiava alla ventura. Se anche Asha avesse potuto usare il proprio vero nome, non aveva lingua per pronunciarlo, perciò per tutta la durata del viaggio rispose ai nomi di “ragazzo senza lingua” o “muto” o ancora “lingua tagliente”.
    Più passavano i giorni e più Asha non mancava di pensare a quanto fosse stata insensata la sua scelta. Probabilmente a quell'ora la notizia della sua fuga era giunta da tempo al Trono di Spade, che aveva avuto il tempo mandare guardie a setacciare i porti. Tuttavia, per quanto fosse un nemico della corona, restava pur sempre una donna muta, difficilmente il Trono di Spade avrebbe temuto Asha al punto da impiegare forze ingenti nella sua ricerca. Ma che cosa avrebbe fatto una volta giunta nelle isole? Il resto dei Greyjoy era relegato molte miglia a Nord, nel luogo più sperduto del continente, e Asha non aveva un'identità. Non poteva più essere Asha Geyjoy figlia di lord Balon Greyjoy, signore delle Isole di Ferro, né Pyke poteva essere ancora la sua casa. Non era più il Capitano della Vento Nero, andata distrutta e il suo equipaggio disperso. Non era più nemmeno una Sorella del Silenzio.
    Una volta che la costa fu in vista, il Capitano della Speranza le si avvicinò: “Lingua Tagliente, quando quest'uomo ha preso a bordo questo ragazzo senza lingua, era sicuro che fosse solo un incapace ragazzo di acqua dolce. Ma ora quest'uomo vede che questo ragazzo ha passato molto tempo su queste acque, che si muove come se sua madre lo avesse partorito su una nave e che ha lo stomaco buono.” estrasse un cervo d'argento. “Tieni, è tuo”. Asha prese la moneta. “Gli dei perdonino quest'uomo ignorante, ma quando dice che questo ragazzo è nato per prendere la via del mare, quest'uomo sa che non si sbaglia”.
    Asha rimase a guardare il Capitano mentre si allontanava. Guardò il cervo d'argento che aveva in mano e lo infilò nella giacca. D'un tratto Asha sapeva quello che doveva fare.


    Gli occhi sgranati, Sigrin, colui che era stato il mastro navale al servizio della Casa Greyjoy, colui che aveva costruito gioelli veloci e possenti come la Grande Piovra e La vittoria di Ferro, sentiva ora le gambe molli e la bocca secca: “L-Lady Asha!” balbettò.
    Lo straccione sporco davanti a lui scosse la testa, si mise un dito davanti alla bocca fissandolo con occhi gravi. Rialzò il cappuccio ad adombrargli il volto, non senza prima rimettere a posto il velo pesante che, sotto il cappuccio, gli fasciava la testa e parte del viso. La sua faccia era sporca, così come i suoi vestiti. Gli stivali troppo larghi e di pessima fattura erano trattenuti da cinghie di fortuna. Estrasse un rotolo di carta e iniziò a scribacchiare qualcosa sopra con un piccolo pezzo di carbone. Porse a Sigrid il foglio, dal lato scritto.
    “Asha Greyjoy è morta. Io sono il suo spettro silenzioso.” diceva la calligrafia veloce e semplificata.
    In passato Sigrin aveva conosciuto molto bene Asha, fin da quando era una bambina piena di foruncoli che gironzolava nel porto e nel cantiere navale. Aveva bevuto con lei nelle locande di Porto dei lord e quando Lord Balon gli aveva commissionato la Vento Nero, lei era venuta spesso a curiosare nel cantiere. Non poteva confondere il suo naso aquilino, il sorriso sornione, il fisico asciutto e l'andatura ondeggiante come se avesse sempre sotto i piedi la tolda una nave. Nonostante si dicesse fosse stata condannata, alla fine della guerra, ad entrare nelle Sorelle del Silenzio, un ordine religioso per donne nelle terre verdi, i suoi occhi gli dicevano che lei era lì.
    In quel momento, lei stava fissando una polena, appesa alla parete. Era scolpita a forma di donna senza bocca. Il legno, che in molti punti era annerito per le bruciature, in altri, dove le parti andate perse o distrutte nelle molte battaglie erano state sostituite, era nuovo e immacolato. Era lunga quasi dieci piedi. Si girò verso Sigrin e gliela indicò, con aria interrogativa.
    “Quella è la polena della Silenzio.” Asha la guardava ammirata. “ Alcuni di quei balordi selvaggi muti dell'equipaggio di Occhio di Corvo sono tornati e l'anno riportata con loro. Agli Stark di Pyke non dà fastidio se la tengo, ma non troverai nulla ornato con la piovra della Casa Greyjoy”.
    Asha scosse la testa.
    “Gia, perchè dovresti cercare la piovra se tu non sei Asha Greyjoy? E' questo che mi vorresti dire, non è vero? Lei è morta”.
    Asha annuì.
    “Se non sei Asha, allora cosa vuoi da me, spettro?”
    Lei tornò a scrivere sul rotolo di carta, sotto le cose scritte in precedenza.“Una nave. Molto veloce. Ti pagherò, ma non subito. Questa stessa polena in aggiunta. E il tuo silenzio.”
    Sigrid lesse. La sua fronte si aggrottò e le sue labbra si serrarono.
    Guardò Asha come se fosse un qualche essere strano.
    “Che ciò che è morto non muoia mai” fu la sua risposta, poco più che un sussurro.
    Asha sorrise come un gatto davanti a un piatto di pesce arrostito.
    “Quella” indicò la polena ”appartiene a Occhio di Corvo, sangue del tuo sangue, puoi prenderla anche subito. C'è una nave di 100 piedi quasi finita, ormeggiata qui fuori. Mi gioco la mano destra che nessuna nave costruita dai mastri delle terre verdi potrebbe raggiungerla, lanciata in velocità. Immagino che non servirebbero molti uomini per rubarla in una notte senza luna. Io ci perderei solo metà del compenso”.
    “Dammi sei giorni e avrò quegli uomini. So dove cercarli.” gli scrisse Asha.
    Dopo che fu certa che Sigrin ebbe letto, Asha riprese il rotolo, strappò la parte scritta e la gettò nel braciere.



    Trascorse la metà di un anno tra l'evasione di Asha e la sua morte.
    Fuggire dalle Sorelle del Silenzio era meno difficile che disertare la Barriera, almeno di questo doveva essere grata a re Vyseris. Fuggendo era stata consapevole che da allora in avanti sarebbe stata condannata a fuggire per sempre. Rubando i tributi della corona, che le appartenevano per diritto di nascita, non avrebbe certo potuto compromettere di più la sua situazione: lei era comunque costretta a nascondersi. Inizialmente il denaro rubato era servito per pagare Sigrin. Aveva usato come rifugio sulla terraferma zone non frequentate, lontane dalle abitazioni, vivendo in campi temporanei sulle alte e impervie scogliere a ridosso del mare, per sfruttare l'altezza come difesa naturale. Non era come vivere a Pyke, ma almeno la vista era la stessa. Usando la polena della Silenzio per gli assalti navali e le razzie ai funzionari dei piccoli insediamenti costieri, e sostituendola con una più anonima per il resto del tempo, aveva reso la sua nave irriconoscibile.
    Ora però quel tratto di mare era diventato troppo pericoloso, i controlli si erano intensificati e, nonostante gli accorgimenti presi, Asha non si sentiva sicura. Il mare era molto vasto, era meglio non fermarsi a lungo nello stesso posto.
    Ma il Dio Abissale non era stato d'accordo con quella decisione e aveva deciso di accoglierla nelle sue liquide sale per non permetterle di partire. Durante l'ultimo assalto navale al largo della costa Pietrosa, una daga le squarciò il ventre dal fianco sinistro allo sterno. L'abbordaggio andò a buon frutto anche se buona parte dell'oro diviso tra l'equipaggio finì il giorno dopo nelle tasche dei locandieri di Porto dei Lord.
    Il corpo di Asha fu gettato nel mare prima del sorgere del sole, vestito di maglia di ferro e cuoio, sul petto la piovra dorata in campo nero.






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