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by Claudione

Ultimo Aggiornamento: 29/07/2014 11:10
11/07/2012 17:10
 
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MUSSARI, PASSERA E PROFUMO… NON SOLO LIBOR!



Giorno dopo giorno il principio di Peter e’ ormai la chiave di lettura perfetta di questa crisi….Ve lo ricordate il principio di Peterche abbiamo visto insieme in  questi mesi …

Magnifica caricatura del mondo delle aziende scritto da Laurence Peter e Raymond Hull ben 40 anni fa, quel piccolo capolavoro torna a essere di attualità esplosiva. Il teorema di base, detto appunto il principio di Peter, è questo:

“In una gerarchia, ognuno tende a salire fino a raggiungere il proprio livello di incompetenza”.

Secondo Sutton serve a illustrare l’ascesa al potere della Superclasse che governa il capitalismo mondiale. “Avendo conquistato posizioni nelle quali sono destinati a fallire – sostiene Sutton – cominciano a usare un arsenale di tattiche per dissimulare la loro incompetenza.

Distraggono l’attenzione dai loro errori spostando sistematicamente la colpa su altri.

L’inganno diventa lo strumento per creare l’illusione di un progresso.

Oggi noi siamo sommersi da una marea di imposture, create da quel modo di pensare e di agire”.

Sono felici del disastro economico che sono riusciti a realizzare, con profitti enormi e con nuovi ruoli di consulenza nei governi su come prevenire tali disastri economici.

Ora dopo il rinvio a giudizio di Profumo per frode fiscale e il rinnovo a capo dell’ABI di Mussari …

Roma – Un vero cataclisma quello che si è abbattuto questa mattina (ieri per chi legge) su Siena, senza bollettini di allerta come invece si usa per il meteo: una cinquantina di finanzieri si sono presentati nella sede di Banca Monte dei Paschi, a Rocca Salimbeni, mentre una ventina di loro colleghi suonavano alla sede della Fondazione e altri ancora al Palazzo comunale e alla sede della Provincia.

In mano avevano un decreto di perquisizione, 38 in tutto quelli emessi dal gip su richiesta dei tre pm titolari dell’inchiesta. Le perquisizioni effettuate sarebbero 64 e tra questi l’abitazione e gli uffici senesi e romani di Giuseppe Mussari, presidente dell’Abi e fino allo scorso 27 aprile presidente del Monte prima di essere sostituito da Alessandro Profumo, e l’abitazione e l’ufficio di Gabriello Mancini, presidente della Fondazione.

“Manipolazione del mercato ed ostacolo alle funzioni delle autorità di vigilanza” i reati ipotizzati dalla procura senese in relazione alle operazioni finanziarie di reperimento delle risorse necessarie alla acquisizione di Banca Antonveneta ed ai finanziamenti in essere a favore della Fondazione Monte dei Paschi”.( ANSA) “Spero non trovino niente…”, ha detto il ministro dello sviluppo economico, rispondendo a una domanda sulle perquisizioni a casa dell’ex presidente di Mps, Giuseppe

… Ci mancava solo Passera che ovviamente e’ oggi ministro…

Indovinate chi era il consulente tributario di Passera e Banca Intesa?

La vicenda, seppur trattata con grande discrezione dai media, ormai è nota. Corrado Passera, ministro dello sviluppo economico, è indagato per una complicata operazione finanziaria – volta – secondo gli inquirenti a far ottenere un vantaggio fiscale illegittimo. Lo scoop fatto da La Stampa di Torino è stato poi approfondito dal Fatto Quotidiano. Chi ha visto le carte racconta un dettaglio interessante, apparentemente ancora inedito.  Quando nel 2011 inizia degli accertamenti sulla legittimità dell’operazione, il gruppo bancario chiede (come si fa in questi casi) un parere “pro veritate” a un grande studio di professionisti. Vuol sapere se le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate, scattate nel 2011, sono giuste o no, se insomma deve pagarsi la sanzione o no. Intesa pagò, come scriveva Paolucci nell’articolo che ha reso noto il caso: “La parte strettamente fiscale della vicenda è stata in realtà regolata da Intesa Sanpaolo alla fine del 2011.Al termine degli accertamenti su questa e altre operazioni si era arrivati alla contestazione all’istituto di mancate imposte, sanzioni e interessi per 1,150 miliardi di euro, transati dalla banca con il pagamento di 270 milioni di euro”. Il parere pro-veritate ricevuto da Intesa diceva più o meno così: “Siete in regola, ma è meglio che paghiate quanto richiesto dal Fisco”. E chi lo ha firmato? Pare sia stato lo studio di un grande tributarista di Milano, che allora, verso la fine del 2011, faceva il ministro. O aveva appena smesso di farlo. Giulio Tremonti? Altri nomi con gli stessi requisiti, in effetti, non ne vengono in mente.

[SM=g1430705]
18/07/2012 13:34
 
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Bisogna germanizzare l’Europa o europeizzare la Germania?

Eric LE COZ, Deputy Managing Director di Carmignac Gestion

Nonostante i numerosi vertici europei (19 finora!), il deterioramento del contesto economico e finanziario dell’Eurozona è persino peggiorato nelle ultime settimane. La situazione è ormai critica, poiché costituisce una minaccia sistemica per l’economia mondiale. Inoltre, negli ultimi mesi l’economia statunitense ha mostrato evidenti segni di affanno. Quanto alle economie emergenti, la loro decelerazione prosegue. In tale contesto, e al di là della necessità di costruire i portafogli in base a convinzioni di lungo termine, la gestione attiva dei rischi continua a rappresentare il caposaldo della nostra gestione. Ciò ha consentito di registrare performance che da inizio anno sono di tutto rispetto per l’insieme dei nostri fondi. A causa della situazione europea, ed in particolare a causa della debolezza del sistema bancario, il rischio finanziario perdurerà. La questione principale che si pone oggi è quella di valutare il rischio di contagio economico della recessione europea al resto del mondo, soprattutto a Stati Uniti e Cina.
TUTTE LE NOTIZIE IN RETE SULL'ECONOMIA EUROPEA

Potete stare certi infatti che, nonostante alcuni paesi dell’Eurozona siano già alle prese con una recessione particolarmente grave, per l’insieme dell’area il peggio deve ancora venire. Riteniamo ineluttabili le revisioni al ribasso delle previsioni di crescita in Francia e Germania. Tali revisioni hanno già avuto un impatto sulle previsioni per il 2013, ma non ancora sull’anno in corso. Dovremmo forse attenderci miracoli da ogni vertice dei leader dell’Eurozona? Possiamo legittimamente dubitarne, tanto la coesione politica sembra fragile tra i nostri leader. Le divergenze sono ancora profonde tra i sostenitori di una rapida evoluzione verso il federalismo europeo e quelli che lodano il mantenimento assoluto e totale della propria sovranità nazionale, richiedendo al tempo stesso una maggiore solidarietà tra Stati ed una condivisione del debito sovrano.

Bisogna germanizzare l’Europa o europeizzare la Germania? Bisogna lodare la virtù fiscale e promuovere riforme che consentiranno alle nostre imprese di adattarsi ad un mondo in costante evoluzione o continuare invece a perpetuare la promessa illusoria di uno Stato assistenziale, protettore in ogni circostanza, interventista senza reale discernimento economico? Un solo dato basta ad illustrare le divergenze. Negli ultimi dieci anni, il costo unitario del lavoro è aumentato del 7% in Germania. Nel contempo, è salito del 30% in Francia e Italia, del 35% in Spagna e del 42% in Grecia. L’obiettivo di restaurare, o piuttosto, costruire un’Unione Economica, sembra ancora ben lontano.
TUTTE LE NOTIZIE IN RETE SULL'ECONOMIA TEDESCA

Pagina 2 di 3
A breve termine, e nonostante l’annuncio di nuove misure tese a consentire la ricapitalizzazione (e quindi la nazionalizzazione) diretta delle banche, e a ridurre il costo di rifinanziamento degli Stati in difficoltà, si concretizzeranno ancora fasi di stress finanziario, che provocheranno un ritorno dell’avversione al rischio. Più a lungo termine, il perdurante calo dell’euro potrebbe compensare in parte la debolezza della domanda, in particolare per le imprese esportatrici su cui la nostra gestione europea ha puntato, indovinando, sin dall’inizio dell’anno. Nonostante tutto, questi fattori inducono alla prudenza e alla vigilanza. La nostra gestione globale mantiene pertanto un’esposizione netta molto limitata sia all’Eurozona che alla moneta unica.

Sebbene non sia più in dubbio che lo stress finanziario europeo possa trasmettersi a tutti i mercati globali, va comunque posta la questione del rischio di contagio della recessione europea all’economia statunitense. In primavera i dati statistici oltre oceano sono notevolmente calati. Mentre a inizio anno l’indicatore macroeconomico era ampiamente positivo, si è osservata una netta inversione negli ultimi mesi. La creazione di posti di lavoro è rallentata e i principali indicatori economici sono scesi, nonostante la stabilizzazione del mercato immobiliare. Per quanto i comunicati della Federal Reserve e di Bernanke abbiano fatto eco ai crescenti timori a fronte di un peggioramento della situazione economica europea, è prematuro concludere che l’economia statunitense vacilli a causa dell’Europa. In realtà, il quadro non è poi così drammatico. I dati attuali restano in linea con una crescita economica attorno al 2%, il che non è male nell’attuale contesto. È più verosimile che la flessione sia riconducibile a due fattori: da un lato ad una debole progressione dei redditi reali, che come sottolineato sin da fine marzo potrebbe frenare i consumi; dall’altro lato, ad un attendismo delle imprese per quanto riguarda gli investimenti e le assunzioni a fronte di un contesto fiscale incerto (il famoso precipizio fiscale che minaccia le imprese e le famiglie con un rialzo che sarebbe nefasto per l’economia).

Su tutti questi punti vorremmo essere abbastanza ottimisti. In primo luogo, Bernanke vigila. Ha già allontanato di un anno (fine 2015) la prospettiva di un rialzo dei tassi di riferimento. Ha poi mantenuto attiva l’Operation Twist e si è detto pronto ad adottare misure appropriate se la tendenza economica dovesse giustificarlo, ovvero che il nuovo quantitative easing (QE3) è pronto. Per quanto riguarda la debolezza della crescita dei redditi, rammentiamo solo che le quotazioni petrolifere hanno perso il 25% in poche settimane, il che si tradurrà tra qualche mese in un minor prelievo sul potere di acquisto delle famiglie. Infine, per quanto riguarda la possibile fine delle esenzioni fiscali dell’era Bush, riteniamo per certo che sia i Repubblicani che i Democratici sapranno posticiparne la scadenza. Se c’è un paese che può permettersi di rinviare le scadenze («kick the can») del risanamento delle finanze pubbliche, sono proprio gli Stati Uniti. In termini di investimenti, questo scenario si concretizza in una prudenza a breve termine, giustificata da una crescita attesa moderata degli utili e dalle possibili sorprese negative nel periodo di pubblicazione dei risultati finanziari. Per contro, e a condizione che l’Europa non venga a rovinare tutto, il mercato dovrebbe restare sorretto da valutazioni ragionevoli e livelli di liquidità che rimarranno abbondanti in un contesto di crescita mondiale moderata.

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L’universo dei paesi emergenti contribuisce a questa moderazione della crescita mondiale. Non dimentichiamo che una crescita troppo brusca aveva condotto la maggior parte di questi paesi a tensioni inflazionistiche che bisognava stroncare. Attualmente la situazione è contrastante. Il Brasile e l’India, per motivi diversi, sono i paesi nei confronti dei quali rimaniamo prudenti. Il primo ha registrato un eccesso di crescita del credito e deve far fronte ad una mini crisi dei subprime (comunque senza paragoni con la sorella maggiore statunitense), mentre le riforme sono in ritardo nell’agenda di Dilma Roussef. Tuttavia, può ancora essere sfruttato un importante margine di manovra in termini di politica monetaria, il che dovrebbe consentire il proseguimento della correzione del Real, che resta sopravvalutato. Quanto al secondo, l’incapacità di introdurre riforme, un’inflazione persistente ed un cattivo inizio della stagione dei monsoni sono fattori che ci inducono ancora ad una prudenza di breve termine.

Per quanto riguarda la Cina, il rallentamento è evidente, pur sembrandoci altrettanto controllato. Le vendite nel settore immobiliare sono in ripresa. É stato introdotto, per le zone rurali, un incentivo alla rottamazione nel settore automobilistico e sono state prese tutta una serie di misure mirate, oltre alla prima riduzione dei tassi decisa nel corso del mese. I dati economici pubblicati di recente confermano un progressivo miglioramento nella crescita che dovrebbe stabilizzarsi attorno all’8% quest’anno e su un livello forse leggermente inferiore l’anno prossimo. Questo contesto ha reso nervosi gli investitori, forse eccessivamente, tenuto conto del fatto che in questo rallentamento strutturale dell’economia cinese il governo mantiene da un lato il controllo della situazione e, dall’altro, dispone più di ogni altro paese di un importante margine di manovra. In particolare, e nonostante una fase di transizione politica, il ritmo delle riforme, specie in ambito finanziario, sembra già accelerare.

A breve termine, è difficile essere soddisfatti del proprio portafoglio, qualunque sia l’allocazione azionaria. La sovraperformance dei mercati emergenti rispetto a quelli sviluppati non è evidente visto il possibile contagio dello stress finanziario europeo alla sfera globale; le materie prime sono calate ma le società minerarie continuano ad investire ed i settori più “difensivi” sembrano ampiamente valutati ma le imprese dei settori più ciclici registrano un calo nel carnet degli ordini. La visione di lungo periodo resta chiara e a favore della crescita e del miglioramento del tenore di vita nei paesi emergenti. Permane pertanto dal canto nostro la necessità di mantenere le allocazioni in linea con tale valutazione di medio termine e nel contempo di gestire i rischi più a breve.

[SM=g1430727]
01/09/2012 11:31
 
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........Claudione ...riprende.......
In questi cinque lunghi anni durante le mie ricerche e i miei studi non vi è stato un solo momento della storia delle grandi crisi economico/finanziarie del passato che non mi abbia raccontato che il minimo denominatore comune di tutte le crisi è sempre stata l’impressionante iniqua distribuzione della ricchezza e il conseguente eccesso di debito utilizzato per sopperire a questa disparità.

Sono in tanti quelli che fanno finta di non comprendere!

La disuguaglianza è sempre stata con noi dice Douglas Down, autore di Inequality and the global economic crisis. Con la crescita del capitalismo in tutto il mondo, le disuguaglianze di reddito, ricchezza e potere sono diventate empre più estreme.

Poi ovviamente qualcuno vi dirà che milioni di nuovi ricchi sono apparsi come funghi in ogni parte del globo, ma nessuno vi racconterà l’altra faccia della medaglia, del famigerato “trickle down”

In questo libro si cerca di dimostrare che la crisi bancaria attuale è il risultato della crescita della disuguaglianza in tutto il mondo. L’espansione del settore finanziario ha portato incredibili ricchezze per pochi eletti, a spese della maggioranza. La disuguaglianza è stata completamente  ignorata, o descritto come un aspetto necessario a un boom economico globale. Con il crollo dei mercati mondiali, la fallacia di questa posizione è chiara.  La disuguaglianza e la crisi economica globale mostrano come sia solo affrontando la disuguaglianza che possiamo garantire la salute delle nostre economie per il futuro.

In Italia il dibattito sulla patrimoniale fa tenerezza!

In Italia l’applicazione della patrimoniale è sempre stata un’applicazione subdola, di massa, dalla recente IMU all’imposta sui depositi e contratti finanziari.

Quando si parla di patrimoniale sembra che esisti solo quella che colpisce tutti e tutto indistintamente. Quando si parla di patrimoniale di mette solo in evidenza la presunzione di una manovra esclusivamente recessiva o non applicabile per la facile mobilità dei capitali.

Vi è stato raccontato che la Tobin Tax è una fesseria, mentre decine di tobin tax sono in vigore in molti Paesi e addirittura nel cuore di Londra nella City  si trova quella più elevata al mondo che corrisponde allo 0,5 % ripeto 0,5 % del  valore di tutti i titoli acquistati sulla sua borsa.

Ma più restate “ignoranti” ovvero ignorate, più il sistema è felice e si perpetua!

In questi giorni oltre ad un paio di fesserie un teneressimo Profumo ha osservato come ”Una patrimoniale io la vedrei con grande favore, ma so che genera molti dibattiti anche all’interno del Partito democratico”.

Lasciamo perdere i dibattiti nel nulla, per favore ed andiamo nella terra della speculazione…

«Se vogliamo restare una società prospera e coesa, le persone con una  considerevole ricchezza devono fare uno sforzo per dare un contributo ulteriore» ha detto al Guardian Nick Clegg, vice del premier David  Cameron. Clegg, inoltre, propone di rivedere le regole del sistema bancario  inglese, rendendole più stringenti per le banche commerciali.

Nick Clegg ha dichiarato che le persone più ricche d’Inghilterra dovranno  pagare una tassa di emergenza: solo così sarà possibile evitare un disgregamento  della coesione sociale dovuto alla “guerra economica” che il paese sta  combattendo per via di una recessione più lunga di quanto ci si potesse  immaginare.

Nella prima intervista rilasciata da un alto funzionario del  governo per segnare la nuova stagione politica, il vice-primo ministro ha detto  al Guardian di volersi lanciare in una battaglia per convincere i suoi  compagni della coalizione guidata dai Tory della necessità che sulle spalle dei  ricchi gravi un maggior sacrificio economico.

«Se dovremo chiedere alla gente di fare più sacrifici e stringere la  cinghia per più tempo» ha detto Clegg, «dobbiamo, di conseguenza, far  sì che le persone si accorgano che queste decisioni vengono prese nel modo più  onesto e graduale possibile».

«Se da una parte mi sento orgoglioso di alcune delle cose che il  governo ha fatto, credo, dall’altra, che maggiore equità sia necessaria  nelle prossime fasi di stretta fiscale. Se non lo facciamo, non credo che il  processo sarà politicamente o socialmente accettabile e sostenibile»

L’intervento di Clegg – pronunciato al suo ritorno in  Inghilterra dopo due settimane di vacanze in Spagna con la famiglia – andando ben oltre l’attuale linea politica del partito sulla tassa per  gli immobili di lusso, prevede una «contribuzione per un tempo limitato» dei  ricchi.

[SM=g1430690] [SM=g1430727]
01/09/2012 18:57
 
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E' da tempo che nutro seri dubbi
Comincio a nutrire seri dubbi
In quest’ottica di ristabilimento economico mi sorge il dubbio che vengano solo considerate le fasce di lavoratori dal reddito certo,
e di conseguenza meglio aggredibile
Tanto, rifacendomi ad una frase di Maometto il quale diceva:
chi non ha mai lavorato non lavorerà mai, io, sostengo che chi non ha pagato non pagherà mai
E non hanno mai pagato gli evasori totali, i faccendieri, e, i politicanti e. per non dilungarmi manager e consulenti vari
Altro che trasparente correntezza
In considerazione di tutto questo penso che queste mie perplessità possano essere rapportabile ad una manovra piuttosto semplificistica tanto che anche uno come me sarebbe stato capace di vararla
Non vedo altro che tasse e pensioni con immediatezza, il lavoro, forse in la
Non vedo il recupero di quei milioni che hanno fatto confluire nel capitolo delle tangenti, gli sprechi targati (vedi le penne griffate, biglietti di auguri ecc…), le opere fatte con i piedi, con tanto di rispetto per il calcio, o addirittura non fatte ma pagate. Come scrive Tommaso Cerno “ sembrano pochi spiccioli, ma quei rivoli di denaro pubblico anche con fondi a pioggia fatti ad amici che si sommano ad altri rivoli senza farsi notare, una volta a valle formano un lago di sprechi locali sempre più profondo” , e, per fermarmi, le varie nomine a pioggia che hanno permesso ad incapaci e ruffiani di insinuarsi nei meandri della pubblica amministrazione grazie al clientelismo recente che si è maggiormente incrementato in quest’ ultimo periodo da quello di sempre.
Assistiamo a incarichi tripli e doppi, consulenze sfegatate nella logica del frega frega e del mangia mangia alla faccia di tutti quei disoccupati che lavorano anche in nero per tirare avanti quando possono.
Ma mettiamo il dito sulla piaga e parliamo di totale insoddisfazione sociale invece che di numeri
Sarei sicuro del probabile se si costituisse un organo di salute pubblica con i componenti scevri da passioni, vizi, e tutto ciò che i furbetti, a spese nostre, hanno coltivato.
Quei milioni, attivando i sequestri, come d’altronde per le associazioni mafiose, porterebbero nuovo ossigeno nelle casse dello Stato rientrando così parte del maltolto.
Nutro seri dubbi che ciò sia contingente e ciò mi preoccupa, mi auguro che venga attivato
Aspetto e spero
E’ facile che in questa fase di riorganizzazione rischieremmo di trovarci davanti gli stessi, clonati a regola d’arte, che ci hanno portato a questo punto
P.S.:
e per concludere;:
l’altro giorno alla TV assistevo ad una trasmissione d’intrattenimento nella quale veniva discusso l’invito formulato alle donne , da parte di un pubblicista, che, secondo lui è meglio non leggere così fanno figli.
Secondo me non è vero, perché tante di loro che hanno mariti o compagni come me che guardano e sentono un po’ di tutto, fatti e misfatti, potranno continuare a leggere tranquillamente tanto non c’è niente nemmeno per la gatta.
Distinti saluti
Giuseppe (Pino) Verbari
01/09/2012 21:43
 
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Caro Giuseppe (Pino)...
come non condividere in toto tutto ciò che hai scritto?...io che ho lavorato a fianco di un alto magistrato per tanti anni poso ben confermare riga dopo riga ciò che affermi.....ho spesso da queste pagine, ed anche in siti amici, scritto anche io post contro corruzione e corruttori, contro politici e portaborse di ogni colore, ma mi accorgo che la ruota gira sempre nello stesso verso...troppo facile per il governo, di ogni colore, prendere i soldi a coloro che possono essere tassati facilmente e prenderli sempre e soprattutto a loro e poi spacciare per eque tutte le manovre inique e controproducenti.....
Il discorso è lungo e profondo, ma quasi inutile, con una società che mai si ribella, una gioventù assuefatta ormai a questo tran tran, una situazione mondiale economica basata sulla speculazione e mai su ciò che veramente un paese produce e soprattutto con il potere in mano a poche centinaia di famiglie che lo gestiscono in modo che non venga mai loro meno il profitto che ne deriva.....

Ti auguro una buona notte,
Pino [SM=x79732]
03/09/2012 12:41
 
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Mentre in Italia i principali quotidiani fanno di tutto per distogliere l’attenzione sulle difficili condizioni del Paese e lo squallido arrocco degli speculatori politici che fanno finta di cambiare tutto per non cambiare nulla, il governo Monti continua a rifiutarsi di riportare definitivamente a casa, attraverso un accordo con la Svizzera, una parte dei capitali clandestinamente esportati da un manipolo di miserabili ladri, legittimati da qualche povero idiota sulla base dell’alta tassazione esistente.

Vediamo se giornali come Repubblica, tanto prodighi a ricordare quotidianamente tante domandine ad altri personaggi della vita politica italiana, hanno in coraggio di rivolgere alcune domande al professor Monti!

Mentre Roma è distratta da polemiche interne lunedì sarà finalizzato l’accordo fra il governo di Atene e le autorità elvetiche in base al quale i conti dei cittadini ellenici occultati nelle banche svizzere saranno tassati e le casse statali greche potranno recuperare fra i 4 e i 6 miliardi di euro. Lo riferisce l’autorevole quotidiano To Vima (La Tribuna). L’accordo – come ha scritto anche il settimanale tedesco Der Spiegel – ricalcherà quelli già firmati da Atene con i governi di Berlino e di Londra. E l’Italia? Ai parlamentari italiani forse non piace recuperare i soldi degli evasori all’estero in questo momento così difficile per il paese? ( Sole24Ore )

E’ ormai palese il disinteresse del Parlamento nei riguardi di una questione fondamentale, palese l’interesse a diluire nel tempo il momento di un’eventuale accordo per proteggere non solo i propri capitali ma anche quelli di coloro che sono i principali finanziatori di ogni singolo deputato o senatore o partito

Un consiglio e una domanda.

Perchè un eventuale accordo non può prevedere, nell’anonimato, che ogni conto corrente segreto in Svizzera e quindi non regolare, presenti la movimentazione media di ogni conto piuttosto che il saldo finale o trimestrale sul quale calcolare alla data del 1 gennaio 2012 la cifra da tassare.

E chi ci garantisce sull’onestà delle banche svizzere nel rispetto degli accordi, banche spesso e volentieri, come insegnano i fatti e la storia abbituate a suggerire ai loro clienti mille trucchi per nascondere capitali ed evadere il fisco del proprio paese?

Pensate che sia cosi difficile spostare capitali in una filiale estera di una qualunque banca svizzera? Gli accordi se non sono retroattivi non servono a nulla, soprattutto se prevedono date che lascino tutto il tempo di far sparire i capitali.

Passi che nel precedente Governo fautore di vari scudi e condoni, il ministro Vito in una interrogazione parlamentare abbia addirittura richiamato principi etici e fantasmagorici vincoli internazionali per giustificare l’immobilità nei confronti della Svizzera ma a tutto c’è

Ma torniamo alla Grecia che ci sta battendo sul tempo. Per finalizzare l’accordo, il vice ministro delle Finanze greco George Mavraganis lunedì incontrerà la controparte elvetica. Sempre secondo Der Spiegel, nelle banche svizzere i greci hanno attualmente depositati a insaputa del fisco greco almeno 20 miliardi di euro che, in base all’accordo, verranno tassati ad un tasso fra il 20-30%. Secondo Dimitris Papadimoulis, deputato del partito Syriza (Sinistra radicale), l’accordo si sarebbe potuto concludere già nel 2005 ma la firma è sempre stata rinviata perché molti parlamentari dei vari partiti avevano conti nascosti in Svizzera. Che ci sia lo stesso problema anche in Italia?

Caro Professore mi auguro che Lei non si ostini a citare l’azione della Commissione europea sull’ impostazione comunitaria, per evitare di procedere ad accordi bilaterali perche’ non c’è piu alcuna ragione per richiamare accordi “full compliance” completamente superati dalle ultime decisioni della stessa
[SM=g1430705]

La Svizzera, cedendo alle pressioni per allentare le regole del segreto bancario che hanno contribuito a costruire il patrimonio di 2.000 miliardi di dollari del settore finanziario, ha firmato accordi con la Germania e la Gran Bretagna che costringono le banche ad imporre una tassa sul denaro clienti e trasferirla a Londra e Berlino.

Signori stiamo parlando di 2 trilioni di capitali che un manipolo di delinquenti ha illegalmente esportato in Svizzera da ogni parte del mondo, vogliamo continuare a discutere del sesso degli angeli ?

Attenzione perchè vi stanno gettando fumo negli occhi! [SM=g1430719]

“Questi accordi riveduti sono in piena conformità con il diritto comunitario e il lavoro su questi accordi ha dimostrato ciò che è possibile fare con la cooperazione”, ha detto ai giornalisti Algirdas Semeta, Commissario europeo.

Sono ormai passati altri cinque lunghi mesi da quella notizia e nessuno ha fatto nulla!

Signor Monti se gli accordi degli altri Stati europei sono stati fatti in non conformità con la legge comunitaria, per quale motivo l’Italia non richiede la procedura di infrazione in sede comunitaria, per Paese molto lesti ad infrangere direttive e additare quelle altrui come la Germania?

C’è qualche valoroso parlamentare che ha il coraggio di presentare un’ennesima interrogazione parlamentare, senza accontentarsi della solita risposta.

Si continua a stimare anche nell’ultima proposta Bassanini Amato 150 miliardi da tassare tra il 20 e il 25 % su capitali non scudati. Non prendiamoci in giro se l’evasione è quantificata in 120 miliardi all’anno c’è molto di più in Svizzera e la percentuale deve essere almeno come minimo il 30 %.

Altro che esenzione per alcune tipologie di capitali ridotte alla tassazione dei rendimenti, quello in aggiunta!

In Germania si va dal 21 % al 41 % e noi che chiediamo le briciole come è stato fatto con scudi fiscali vari per non disturbare i capitali degli onorevoli…

Ora i soldi ci sono, tutto “full compliance” piena conformità alle regole che il professor Monti ci teneva a rispettare, basta andare a prenderli a meno che…


[SM=g1430727]
04/09/2012 08:57
 
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.......ricordatevi amici virtuali di Ippicando che a settembre .....2a rata IMU......pero' perbacco...
[SM=g1430703]


Va in scena la grande beffa dell'Imu dovuta dalla Chiesa.

Mentre milioni di italiani si preparano a versare la seconda e la terza rata della nuova Ici che, si legge in un articolo di MF, portera' quest'anno nelle casse dello stato una ventina di miliardi, e' letteralmente sparito dai radar parlamentari il regolamento con cui il governo avrebbe dovuto finalmente mettere nero su bianco le nuove modalita' di pagamento dell'imposta sugli immobili per enti religiosi, fondazioni, partiti e in alcuni casi anche sindacati. Eppure a fine febbraio scorso, dopo molte polemiche nella maggioranza dell'esecutivo Monti, sembrava risolta l'annosa questione dell'esenzione Ici per mense, parrocchie e affini.

Ma la legge approvata dal Parlamento nell'inverno scorso non e' immediatamente utilizzabile, manca un passaggio fondamentale. Manca proprio l'atto amministrativo del Tesoro che stabilisca effettivamente quando l'attivita' "dichiarata" non profit di chiese, partiti e fondazioni e' da considerarsi esclusivamente non commerciale e quanto debba essere versato al Fisco. Non un dettaglio secondario: senza il decreto del ministro Grilli la nuova Ici e' una pistola caricata a salve, o meglio, a salmi

[SM=g1430719]


04/09/2012 09:21
 
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..be'...ma allora .........Claudione.....oggi......
Alle grandi banche un regalo da 2,5 miliardi [SM=g1430705] .......... [SM=g1430699] ....


[SM=g1430723]
Compensare i debiti col fisco grazie ai crediti in sospeso: un sogno impossibile per centinaia di migliaia di contribuenti, soprattutto piccoli imprenditori e forzati della partita Iva, che da anni attendono rimborsi fiscali o sospirano invano i pagamenti dovuti da parte della pubblica amministrazione.

Per le banche, invece, il miracolo è a portata di mano: un affare da 2,5 miliardi di euro. Il calcolo si deve al sito Linkiesta.it, che ha acceso un faro sui vantaggi finanziari che deriveranno alle grandi banche italiane dalla «Trasformazione delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio in crediti di imposta». Più brevemente, il «comma 55», ovvero un codicillo dell'articolo 2 del Milleproroghe 2010 - era Tremonti, quindi - che solo ora, perfezionato dal governo Monti, comincia a mostrare i suoi effetti.

Apparentemente, il comma 55 è una possibilità aperta a tutte le imprese: si applica infatti alle «attività per imposte anticipate» (Dta) relative alle svalutazioni di crediti, all'avviamento e altre attività immateriali come marchi e brevetti, deducibili su più anni. In realtà, le svalutazioni concernono solo gli enti creditizi e finanziari: gli altri contribuenti possono solo sfruttare gli ammortamenti. Che di fatto sono una voce di bilancio importante soprattutto per i gruppi bancari, usciti da anni di fusioni e costose acquisizioni. Non solo: l'unica condizione posta dal comma 55 è che il bilancio della società sia chiuso in perdita. Esattamente quello che è accaduto a fine 2011 per tutte le grandi banche italiane. Sulla base di un calcolo prudenziale, Linkiesta stima che quest'anno solo per le cinque maggiori banche italiane il beneficio finanziario supera i 2,5 miliardi di euro. «Per Intesa Sanpaolo le Dta trasformate in crediti di imposta ammontano a circa 771 milioni. Anche Unicredit si è avvalsa della previsione normativa convertendo in credito d'imposta attività per circa 588 milioni. Nel caso di Ubi Banca il beneficio sfiora i 250 milioni, il Banco Popolare dovrebbe beneficiare di 484 milioni. Nella semestrale al 30 giugno 2012 del Monte dei Paschi di Siena, vengono evidenziati crediti d'imposta per 521 milioni di euro, non ancora utilizzati in compensazione».

Ma come funziona il sistema? Una banca svaluta crediti alla clientela quando ritiene che non recupererà per intero la somma prestata. Ai fini fiscali, però, queste svalutazioni non sono interamente deducibili nell'esercizio in cui avvengono, ma solo per una parte. Il resto, chiamato appunto «attività per imposte anticipate», può essere dedotto in quote costanti nei 18 esercizi successivi. Nell'immediato, quindi, la banca paga imposte più alte di quelle che teoricamente dovrebbe pagare se le norme fiscali fossero allineate a quelle contabili, come del resto succede anche alle imprese. Ma se chiude il bilancio in rosso, più alta è l'incidenza delle perdite sul patrimonio, maggiore è il credito di imposta che si ottiene: una somma che la banca potrà utilizzare subito, e senza limiti di importo - a differenza dei contribuenti comuni - in compensazione dei debiti fiscali, rinunciando, naturalmente, a dedurre le attività trasformate negli esercizi successivi. Una norma su misura per le banche, alle prese con le strettoie di Basilea.


[SM=g1430727]
[Modificato da udineipp53 04/09/2012 09:23]
05/09/2012 10:31
 
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State sintonizzati perchè questo è solo l’inizio. Dopo l’articolo del mitico professor Bagnai e il suo dividendo de che… avremo tempo e modo di smontare quattro chiacchere al bar che i pasdaran dello Stato minimo lasciano qua e la nelle trasmissioni televisive nostrane…

Una premessa è fondamentale!  Possiamo stare qui tutta la sera a discutere di come la classe politica ha dilapidato la Greenspan Put in questi anni,  ma impariamo a chiamare le dinamiche e le cose con il proprio nome.

A noi stasera interessa evidenziare come si gioca con troppa facilità con i numeri, amplificandoli ad uso e consumo degli ignoranti, ovvero coloro che ignorano, spesso e volentieri per portare avanti la propria causa…

Le ideologie hanno metodi molto efficaci per rafforzare il consenso: del terrore abbiamo già parlato, oggi parliamo del senso di colpa. Sì, perché non c’è ingiustizia, non c’è assurdità, non c’è palese violazione del buon senso che un popolo non possa accettare, purché tu lo convinca che la colpa è sua. E il metodo è semplice: basta un po’ di sana supercazzola.

Sentite ad esempio l’intervento di Andrea Giuricin a “Cominciamo bene”, mercoledì scorso: “Dall’entrata nell’euro l’Italia ha avuto un bonus del 6% annuo del Pil… quasi 100 miliardi di euro l’anno, grazie agli interessi più bassi”. Però! Cominciamo proprio bene…

Certo che siamo veramente stati imperdonabili! Sprecare un regalo simile! Dall’Europa ci arrivavano tutti questi euro, e noi cosa facevamo? Da quei selvaggi che siamo, che siamo sempre stati, che sempre saremo, li gettavamo nel cratere dell’Etna, in un immenso sacrificio rituale alla divinità pagana dello Spreco. E allora ce la meritiamo la crisi, l’Imu, lo spread, la svendita all’estero delle nostre aziende, ecc. Penitenziagite!

Solo che questi sono numeri in libertà, come si fa presto a verificare: sono una supercazzola meno divertente di quelle del conte Mascetti, che almeno aveva la lingua sciolta. Ragioniamo, si fa presto.

Il periodo di riferimento è evidentemente quello prima della crisi, il periodo nel quale i tassi sono scesi: diciamo dal 1999 al 2007. Siccome in quel periodo il rapporto debito/Pil è stato di poco superiore al 100%, dire che abbiamo risparmiato il 6% del Pil in conto interessi significa dire che senza euro i tassi di interesse sarebbero stati più alti di circa il 6% rispetto allo storico. Ora, fra il 1999 e il 2007 il tasso di interesse medio sul debito si è situato attorno al 5%, e quindi Giuricin ci sta dicendo che, in assenza di euro, questo tasso si sarebbe collocato attorno al 5%+6%=11%.

Uno scenario spaventoso, ma soprattutto ridicolo.

Tassi di interesse a questo livello (fra il 10% e l’11%) in Italia sono stati raggiunti solo negli anni ’80 e primissimi anni ‘90. Attenzione: mi riferisco al costo medio effettivo del debito, cioè alla spesa per interessi divisa per lo stock di debito. Certo che in qualche mese qualche particolare tipo di titolo è arrivato magari anche al 20% o oltre. Ma il debito non è composto da un solo tipo di titolo, e gli interessi pagati non sono tutti commisurati al risultato dell’ultima asta. Un confronto sensato deve essere riferito al costo medio effettivo, che negli anni ’80 andò dal 13.9% del 1982 al 9.6% del 1988.

Solo che negli anni ’80 l’inflazione in Italia si era spinta anche oltre il 20%, con una media attorno al 10%, in seguito allo shock petrolifero del 1979 e a un costante apprezzamento del dollaro fino al 1986. I tassi di interesse erano elevati in tutto il mondo, non molto distanti da quelli italiani, con una media pari a circa il 9% (li calcolo come media dei tassi di interesse sui titoli a lungo termine di Stati Uniti, Regno Unito, Giappone e Germania).

Ma dal 1999 al 2007 (il periodo del famigerato “dividendo”) la situazione era ben diversa: l’inflazione in Italia era al 2.3% in media, con tassi d’interesse mondiali attorno al 3.7%. Lo scenario controfattuale proposto dai luogocomunisti, con tassi all’11% per l’Italia se fosse rimasta fuori dall’euro, è avulso dalla realtà. Esso non tiene conto della situazione dei mercati internazionali nel decennio appena trascorso: i risparmi accumulati da alcune economie emergenti determinavano (e tuttora determinano) una notevole offerta di liquidità a livello globale. È l’eccesso di risparmio globale, descritto da Ben Bernanke nel 2005, che ha contribuito all’abbassamento del costo del denaro in tutto il mondo.

Questo è stato il vero dividendo.

E infatti tassi d’interesse sul debito pubblico attorno all’11% si sono registrati solo in economie relativamente arretrate, nelle quali quindi la crescita e l’inflazione erano in genere più sostenute che in Italia: il Messico, il Botswana, il Myanmar, il Sud Africa. Ma in quel periodo nessuna economia del continente europeo, dentro o fuori dall’euro, ha avuto tassi di interesse così alti (pur nella diversità delle condizioni economiche sottostanti). È quindi un ovvio falso storico dire che se fossimo rimasti fuori dall’euro avremmo avuto tassi più alti di chi fuori dall’euro c’era, e magari era anche (purtroppo) in condizioni non migliori delle nostre. Assimilare l’Italia al Myanmar, euro o non euro, è un’operazione, come dire, piuttosto ardita.

Ma sappiamo già che al luogocomunista non difetta il coraggio delle altrui opinioni, soprattutto quando si tratta di denigrare il proprio paese. E in questo caso di coraggio ce ne vuole proprio tanto. Onore al merito.

Sin qui l’intervento di Alberto Bagnai sul Foglio Quotidiano…

In effetti altro che dividendo dell’ euro, tra Greenspan e Bernanke, le “put” degli esaltati del monetarismo eccellente hanno spopolato in questi anni.

La leggendaria Greenspan put il cui testimone è stato preso da Bernanke, era ed è una sorta di droga che la Federal Reserve fornisce da ormai oltre una decina di anni ai mercati finanziari, una droga che trovava il suo massimo effetto attraverso la continua riduzione dei tassi d’interesse e persistenti iniezioni di liquidità ad ogni crisi di astinenza dei mercati…altro che dividendo dell’euro!

Ovviamente l’economista Andrea Giuricin che troverete inserendolo in Google, per pura coincidenza nella casa delle idee per il libero mercato ovvero l’Istituto Bruno Leoni, sostine che …

“Dall’entrata nell’euro l’Italia ha avuto un bonus del 6% annuo del Pil… quasi 100 miliardi di euro l’anno, grazie agli interessi più bassi”.

So che la ciurma di Icebergfinanza ama grafici e dati più di mille parole… quindi state sintonizzati!

Andiamo a vedere come è andata in realtà in questi anni prendendo spunto dal lavoro apparso sul sito del Ministero delle Finanze a meno che anche questo non si da catalogarsi come un sito telebano secondo il pensiero dei pasdaran dello Stato minimo…





Ma se già si pagava intorno al 6 %, di quale bonus o dividendo abbiamo beneficiato… visto che i tassi neanche con il viagra di Greenspan sarebbero risaliti al livello dei primi anni ’90.

Non dimenticate che si parla di default italiano solo dallo scorso anno e la media non riesce a salire sopra il 5 % neanche con tutto il casino creato in questi ultimi mesi!

E dove sarebbero i leggendari 100 miliardi all’anno del mitico Giuricin se per quest’anno facciamo fatica a superare a mala pena gli 80 miliardi….

Il Def cifra al 5,3% del Pil l’ammontare della spesa per interessi nel 2012, contro il 4,9% del 2011. In soldoni, si tratta di 80,7 miliardi, in aumento rispetto ai 74,4 miliardi del 2011. Nel 2013 si dovrebbe toccare quota 85,1 miliardi (il 5,4% del Pil). di Dino Pesole – Il Sole 24 Ore – leggi su 24o.it/ZLLEc

Che dire non vi sembra come sparare sulla Croce Rossa!

Ma ascoltate cosa scrive il mitico Giuricin su ChicagoBlog chiedendosi se il nostro Paese porterà i libri in tribunale…

Per queste due ragioni lo spread continua a rimanere a livelli elevati, ma vi è un altro fattore esterno che è altrettanto preoccupante: la tenuta dell’Euro.

La moneta unica può funzionare solo se i paesi che ve ne fanno parte vanno più o meno nella stessa direzione. Dal momento della creazione dell’Euro non è stato così, anzi. Alcuni paesi come la Grecia o l’Italia hanno continuato con politiche di spreco pubblico, mentre nei paesi del Nord Europa si è deciso di fare le riforme necessarie per ridare fiato all’economia.

Ora ci troviamo di fronte ad un bivio importante. Euro o non Euro? L’uscita dell’Euro non conviene a nessuno, dato che anche la Germania vedrebbe una caduta del Pil del 10 per cento il primo anno dopo la caduta della moneta unica.

Addirittura una caduta del 10 % del PIL non ci sono riusciti neanche con il fallimento della Lehman Brothers a far collassare la Germania cosi tanto…



Ancora più difficile sarebbe la situazione italiana con la svalutazione della “nuova Lira” e inflazione al 30 per cento con perdita del potere d’acquisto delle famiglie dello stesso ordine di grandezza.

Inflazione al 30 % wow….chi offre di più, inflazione o svalutazione non importa!

La disoccupazione salirebbe verso il 20 per cento, il doppio di adesso e vi sarebbe un crollo dell’economia. Cosa fare dunque di fronte alla forte recessione e al debito così elevato? (…)

È necessario riprendere il cammino delle liberalizzazioni in primo luogo e abbattere il debito pubblico, i problemi che fanno davvero paura ai mercati.

Bene non serve aggiungere altro, dopo lo Stato minimo avremo lo Stato defunto!

A breve vi comunicheremo il giorno e l’ora del funerale dello Stato italiano, morto per insufficienza da dividendo dell’euro!  Pace all’anima sua!

Ah dimenticavo! Se almeno Voi non ci date una mano a diffondere tra amici e parenti, giornali on line e forum, queste informazioni, queste notizie la Consapevolezza servirà poco o a nulla!

[SM=g1430706] ......... [SM=g1430727] [SM=g1430724]
14/09/2012 14:23
 
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.......parole.....parole....MA QUANDO .......QUANDOOOOOO......
[SM=g1430714]


Una premessa è fondamentale! Quelllo che è accaduto in queste ultime settimane, Vi darà il tempo, se non cambierà nulla dal punto di vista esclusivamente politico, di fare con calma i preparativi per raggiungere serenamente non più solo la leggendaria riva del fiume ma probabilmente la vetta più alta possibile.

Quello che affascina è che i pusher americani della Federal Reserve non hanno atteso neanche un secondo per correre a comunicare in anticipo ai propri clienti, la notizia dell’arrivo di un nuovo carico di droga da oltre 40 miliardi di dollari, l’ennesima e probabilmente ultima grande illusione, l’overdose finale anche se il Giappone insegna che si puà continuare ad oltranza nella più imponente depressione economica della storia.

Questo dimostra se mai ce ne fosse stato bisogno che l’America è in recessione, che ha disperatamente bisogno di uscire dalla depressione umana in cui versa il suo popolo.

La depressione in America non è solo umana ma anche intellettuale, si intellettuale perchè l’economia e la finanza sono nelle mani di colui che ha sbagliato  la più clamorosa diagnosi della storia, probabilmente solo per interesse politico e ora continua a somministrare cure inutili e dannose, spacciandole per miracolose come se facendo salire il valore di qualche inutile assets possa servire a rilanciare fiducia e speranza.

Da sempre Bernanke,  governatore della banca centrale e allievo fedele di Milton Friedman e Anna Schwartz sostiene che il loro storico studio dal titolo ” Monetary History of the United States, 1867-1960 ” è da considerare  la migliore tra le spiegazioni da dare al peggior disastro economico della storia americana, la Grande Depressione,  al punto tale da dichiarare al 90° compleanno di Friedman (2002):

“Vorrei dire questo a Milton e Anna: per quel che concerne la Grande Depressione, avevate e avete ragione; è stata nostra responsabilità. Chiediamo perdono. E grazie a te, Milton, non commetteremo più lo stesso errore”.

L’anno successivo (2003) Friedman dirà, in un’intervista al Financial Times che potrete trovare interamente  QUI,  che in fondo…

“The use of quantity of money as a target has not been a success,” concedes the grand old man of conservative economics. “I’m not sure I would as of today push it as hard as I once did.”

Si ha detto proprio cosi, l’uso della quantità di moneta come obiettivo non è stato un successo e di non essere sicuro che oggi rifarebbe la stessa cosa. Non è incredibile, eppure Bernanke continua ad insistere e perseverare nel suo fallimento.

Ma andiamo oltre e ascoltiamo cosa disse anche Anna in due distinte interviste una al  Telegraph e una al WSJournal, arzilla nonnina con i suoi teneri 92 anni, venerata all’interno della Federal Reserve e tuttora consulente della National Bureau of Economic Research di New York, una donna senza peli sulla lingua, che accusa la Banca Centrale Americana di essere essa stessa la principale responsabile della bolla del credito.

” Non vi sarebbe stato alcun fenomeno subprime se la Fed avesse vigilato, è il momento di dire le cose come stanno, ammettere i propri errori e voltare pagina(…) ma soprattutto…

“Liquidity doesn’t do anything in this situation. It cannot deal with the underlying fear that lots of firms are going bankrupt…”

Beata saggezza cara nonnina, si la liquidità non serve a nulla in questa situazione, in una crisi di insolvenza conclamata e non di liquidità non serve a nulla! Per comprendere quello che sta accadendo come sottolineo da tempo, bisogna prima fare lo sforzo di comprendere la natura dell’attuale “disturbo” del mercato.

Tutto ciò che accade, non è dovuto alla mancanza di liquidità, ma alla mancanza di fiducia del mercato sulla capacità dei debitori di onorare i propri debiti, i bilanci delle imprese finanziarie non sono credibili. Come dice Anna, tenendo in piedi aziende fallite, non si fa altro che prolungare la crisi, l’agonia dell’economia.

E’ inutile continuare a ricapitalizzare imprese fallite, le imprese che prendono decisioni sbagliate devono fallire. Tutto funziona in maniera migliore quando il mercato riconosce il fallimento e premia la migliore strategia.

L’uomo degli elicotteri che avrebbero fatto meglio ad innondare le strade americane di dollari, avrebbe fatto meglio a far recapitare i miliardi di dollari direttamente nelle caselle postali delle famiglie della classe media americana invece che continuare a foraggiare i suoi datori di lavoro banche e speculatori internazionali.

Ma non c’è nulla da fare o sono pervasi da malafede molesta o sono semplicemente dei falliti che persistono nel loro fallimento, psicopatici innamorati del principio di Peter.

La mossa di Bernanke nel comprare esclusivamente 40 miliardi di dollari al mese di asset come i cosidetti MBS ovvero titoli spesso immondizia nei quali è racchiuso il fallimento del mercato immobiliare spesso e volentieri quotati a sconto del 50/70 % dei loro valore ma ovviamente contabilizzati come fossero gioellini, via “mark to fantasy”  non è altro che un ulteriore favore alle banche e ai loro azionisti, fregandosene completamente dell’economia reale.

Se qualche ingenuo crede che cosi facendo le banche torneranno a concedere credito all’economia, continui a sognare! Le banche continueranno a finanziare il debito pubblico, la carta straccia degli Stati Uniti come accade oggi in Europa e in Inghilterra, in Giappone,  in un circolo vizioso senza fine.

E’ evidente che senza la Federal Reserve l’America sarebbe fallita, è evidente che senza la BCE, senza la BOE e senza la BOJ, rispettivamente l’Europa, l’Inghilterra e il Giappone sarebbe annegati nei loro debiti.

Si chiama REPRESSIONE si REPRESSIONE FINANZIARIA, manipolazione dei tassi di mercato da parte delle banche centrali,  tassi a zero sino ad oltre la metà del 2015 e riduzione sistematica dei tassi a lungo termine delle obbligazioni sovrane!

Bene la nostra previsione, condivisa nel 2008 di una crisi lunga almeno un decennio perduto si sta avverando, prima del 2017 almeno, non usciremo da questa tempesta perfetta.

Ci sarà sempre qualche esaltato che incomincerà a parlare di inflazione in piena depressione, ma l’unica esplosione si avrà nuovamente nei prezzi del petrolio e se la benzina, infiammata da questioni geopolitiche e speculazione in questi mesi dovesse tornare a salire ben oltre i 4 dollari al gallone, sarà la fine di Obama, con il crollo della fiducia dei consumatori.

In passato abbiamo già smontato empiricamente l’illusione che nuova liquidità nei mercati finanziari possa indurre una calda sensazione di ricchezza nell’economia reale come crede il povero Bernanke.

Avanti di questo passo credo che l’ipotesi di vedere appesi per i lampioni i giro per il mondo sempre più banchieri come condiviso dal sindaco di Londra e da Roubini non si poi tanto lontana.

Se la nuova cura miracolosa non funziona nello spazio di tre o sei mesi, la festa è finita e la fiducia sparirà in un istante e non ci sarà più quantitative easing o LTRO che tengano, nella disperazione umana dell’economia reale e della gente comune!

La fiducia non è illusione, la fiducia è fatti e non chiacchere, è cambiamento, è rinnovamento è ammettere il fallimento e farsi da parte!

Prima di decidere gli ulteriori passi da compiere, la Banca centrale americana valuterà una serie di fattori, ha detto Bernanke evitando di rispondere a chi chiedeva come mai nel documento della Fed non sia segnalata la fine prevista per il nuovo programma di sostegno. Bernanke ha invece sottolineato che la Fed punta a «un progressivo e sostenuto» miglioramento del mercato del lavoro e vuole un’economia che «proceda velocemente, in modo da consentire all’occupazione di diventare più solida». La Fed, ha ribadito Bernanke rispondendo ai giornalisti, «farà abbastanza per assicurare che l’economia americana sia sulla via giusta».  Il Sole 24 Ore – leggi su 24o.it/12THg

REDISTRIBUZIONE e liquidità alla CLASSE MEDIA questa è la soluzione, ma loro non lo ammetteranno MAI

! Inoltre questa crisi come abbiamo visto empiricamente ha bisogno di almeno 7/8 anni per essere assorbita in un rientro generalizzato dal debito e questa è la madre di tutte le crisi.

E’ inutile continuare a foraggiare banche e speculatori falliti, il fallimento è la soluzione principe di questa crisi, solo coloro che hanno operato con sufficiente lungimiranza hanno il diritto di poter stare sul mercato!

Nell’ epoca del condizionale principe,  sembrerebbe che il verbo sperare sia uno dei più difficili da coniugare, in quanto il suo presente non è affatto indicativo e il suo futuro è puramente condizionale!… nuove misure decise dalla Banca centrale americana dovrebbero «contribuire a tenere i tassi bassi», tuttavia «la politica monetaria non è la cura per tutti i problemi economicituttavia «la politica monetaria non è la cura per tutti i problemi economici»….tuttavia «la politica monetaria non è la cura per tutti i problemi economici»…….».

Chi ha orecchie. [SM=g1430705] per intendere intenda, gli altri continuino a sognare!


[SM=g1430727]

01/10/2012 17:03
 
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.........solo per........NON essere.....
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SPAGNA SPAGNA e ANCORA SPAGNA: TELEGRAMMA SEGRETO DA MADRID

Ormai siamo consapevoli che ci troviamo in un ambiente circondato da un manipolo di pericolosi psicopatici incompetenti che quotidianamente si divertono a fottere risparmiatori e contribuenti, un’eventuale telegramma da Madrid non potrebbe che essere così…

” Ciao Mariano è andato tutto bene STOP gli abbiamo fatti tutti fessi STOP avanti cosi! Firmato Oliver Wyman! “

Qualunque cosa la Spagna farà, qualunque manovra lacrime e sangue varerà è in trappola, tagli selvaggi alla spesa pubblica o tasse ovunque non basteranno, loro vogliono distruggere un intero paese e ci riusciranno, spread o credit default swap non importa, loro ci riusciranno anche grazie alla connivenza politica.

Non è possibile risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato sussurrava in questo semplice e meraviglioso assioma Albert Einstein.

Era l’ormai lontano giugno di quest’anno, quando scrissi che non è possibile dare in mano un’analisi ad una società di consulenza che ha dimostrato in passato di non essere in grado di comprendere nulla…

Le stime delle società di consulenza Oliver Wyman e Roland Berger sul fabbisogno di capitali delle prime 14 banche spagnole (Santander, Bbva, Popular & Pastor, Sabadell & Cam, Bankiter, Caixabank & Civica, Bankia, Kutxabank, Ibercaja & Caja & Liberbank, Unicaja & Ceiss, B. Mare Nostrum, CatalunyaBank, NCG Bank e B. Valencia) sono credibili.

Gli esperti di Exane Bnp Paribas non sono d’accordo con quanto dichiarato dalla Banca centrale e dal Ministro dell’Economia, che hanno precisato che nessuna banca quotata (con eccezione per Bankia) avrà bisogno di aiuti anche nello scenario peggiore e che i problemi “sono circoscritti a un gruppo di istituti per i quali lo Stato ha già iniziato ad agire”.

(…) Scendendo nei dettagli, le società di consulenza Oliver Wyman e Roland Berger hanno stimato che le 14 banche spagnole, che rappresentano insieme una quota di mercato del 90%, potrebbero avere un fabbisogno di capitali compreso fra 51 e 62 miliardi di euro in condizioni di mercato negative. In questo scenario il Pil è previsto in calo del 6,5% nel periodo, mentre i prezzi delle case scenderebbero del 26,4% (che implica una correzione del 55-60% dai valori massimi).

Nello stesso arco temporale il valore dei terreni si ridurebbe del 72% (che corrisponde a un taglio dell’85-90% dai valori di picco) e il tasso medio di disoccupazione arriverebbe al 26%. Queste conclusioni sono molte negative (anche se possibili secondo gli esperti di Exane) e porterebbero, a parere degli specialisti di Oliver Wyman, a perdite cumulative per 270 miliardi di euro che rappresentano il 16-18% del portafoglio crediti. La valutazione delle società di consulenza copre un periodo di tre anni e la cifra finale appare tuttavia ben inferiore ai 100 miliardi di supporto massimo messo a disposizione dall’Europa per il sistema bancario iberico. MILANOFINANZA

Ma scusa la società di consulenza in questione non è la stessa che nel 2007 scriveva che la migliore banca a larga capitalizzazione era l’irlandese Anglo Irish Bank FTALPHAVILLE …



(…) Ieri sera era una banca privata in crisi, stamattina si e’ svegliata banca di Stato: Anglo Irish Bank, il terzo istituto di credito in Irlanda, e’ stata nazionalizzata dal Governo di Dublino. Il ministro delle Finanze Brian Lenihan ha deciso il drastico intervento dopo giorni di crollo del titolo e corsa al ritiro dei depositi da parte dei correntisti. “Abbiamo preso la decisione giusta nell’interesse dell’economia irlandese,” ha detto.

Santo cielo ma se nel 2007 gli analisti di questa società di consulenza non erano in grado di comprendere la dimensione della bolla immobiliare irlandese e dell’impressionante leva finanziaria delle banche irlandesi cosa saranno in grado di comprendere oggi!

Arrivano da più parti i commenti per gli stress test della Spagna dopo che il Paese ha tolto il velo sui test indipendenti condotti, oggi, dalla Oliver Wyman. Su quattordici banche spagnole, solo sette hanno bisogno di una ricapitalizzazzione che sfiora i 60 miliardi di euro e precisamente si ferma a 59,3 mld.
L’autorità bancaria europea (EBA) accoglie con favore l’annuncio di oggi da parte delle autorità spagnole dei risultati della valutazione indipendente del settore bancario. In una nota, l’EBA sottolinea che gli esiti di oggi “sono un passo importante verso il rafforzamento e ripristino della solidità del sistema bancario, che è in definitiva fondamentale per una ripresa sostenuta della crescita economica e dell’occupazione”.

Chi l’EBA la stessa che ha promosso sia Dexia che le banche irlandesi, più volte, la stessa che ha costretto le banche a contabilizzare al costo di mercato titoli di stato e lasciato alla valutazione “mark to fantasy” la fogna derivata che scorre sotto le maggiori banche mondiali?

Signori sono stati spesi 4.500 miliardi di euro per tenere in piedi banche fallite, ve ne rendete conto, che vi stanno quotidianamente fottendo il futuro, si o no. Dei falliti vi raccontano che va tutto bene test dopo test, luci in fondo al tunnel a volontà!

Anche la Banca centrale europea (BCE) scende in campo e schiera tra i soddisfatti dopo la pubblicazione da parte del governo spagnolo e il Banco de Espana dei risultati della valutazione indipendente del settore bancario. I complimenti arrivano anche d’oltreoceano, dove Christine Lagarde, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI), ha dichiarato: “accolgo con favore il completamento della valutazione del settore bancario spagnolo, annunciato dalle autorità spagnole. Tale valutazione approfondita e trasparente contribuirà a fornire una differenziazione significativa e utile tra le istituzioni finanziarie.

Sostengo con forza l’impegno delle autorità per assicurare che siano soddisfatte le esigenze di capitale in modo tempestivo, sopratutto per gli istituti finanziari più deboli. Questi passaggi chiave, contribuiranno a costruire un sistema bancario solido, che nel tempo aiuterà a riavviare i flussi di credito e di stimolare la crescita e l’occupazione” Repubblica

Esce inoltre la notizia sul solito Wall Street Journal che la Spagna il prossimo anno emetterà oltre 200 miliardi di nuovo debito e

… il Tesoro spagnolo deve rimborsare due maxi-Bonos in scadenza (5,3 e 15 miliardi rispettivamente) per un totale di 20,3 miliardi: si tratta dell’ultimo rimborso importante sul medio-lungo per il 2012 ma anche il più impegnativo. Nel 2012 il Tesoro spagnolo ha dovuto far fronte a scadenze per 32,12 miliardi di titoli con durate tra tre e cinque anni (di cui 20 in ottobre) e 14 miliardi di Bonos tra 10 e 30 anni. A complicare il quadro, Madrid deve ora gestire 15 miliardi di aiuti a cinque regioni che sono ricorse al fondo d’emergenza da 18 miliardi istituito per la finanza locale.
I mercati non saranno teneri con le aste spagnole a medio-lungo termine di ottobre. Anche perché inizieranno a fare i conti con il fabbisogno del 2013 che è lievitato enormemente rispetto al 2012: gli aiuti per ricapitalizzare le banche graveranno sul debito pubblico perché saranno erogati dall’Efsf/Esm direttamente allo Stato. Il ministero delle Finanze spagnolo ha annunciato ieri che nel 2013 intende raccogliere 207,2 miliardi: il 41% con Letras (titoli a breve) e il 51% con Bonos a medio-lungo. Un aumento consistente rispetto alle aste 2012, programmate per 86 miliardi a medio-lungo e 70 miliardi circa in Letras. Sole24Ore

Nessun problema…e lasciamoli sfogare, sarà un ottobre caldo, ma non dimenticate che l’ultima occasione è ancora valida, non lasciatevi condizionare dalle notizie, loro sono pronti!

....... [SM=g1430725] .........


[SM=g1430727]
31/10/2012 00:12
 
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CHI HA PAURA DEL GRILLO PARLANTE ?



Ascoltate bene perchè il messaggio è chiaro e persistente, tambureggiante per chi non ha orecchie per intendere…

Il Movimento 5 Stelle rischia di passare alla storia come il più grande spauracchio per la stabilità italiana nel 2013. Se perfino la finanza internazionale si è accorta che Beppe Grillo non deve essere sottovalutato, qualcosa deve pur significare. Aumentano di giorno in giorno le analisi sugli effetti finanziari derivanti da un exploit elettorale del M5S. E se da un lato rimarcano l’incredibile performance di un movimento tanto rabbioso quanto diffuso e indecifrabile, dall’altro sottolineano la vacuità del programma politico e dell’inesperienza dei suoi candidati. I timori che possa materializzarsi uno scenario di vuoto politico e amministrativo a livello centrale, specie dopo il voto in Sicilia, aumentano. E non è un caso che, intorno alle 18, sia arrivato il downgrade del rating della Sicilia da BBB+ a BBB, per mano di Fitch. Troppa incertezza, troppa instabilità, troppi rischi. (LINKIESTA)

Nulla è per caso in questa crisi, nulla, ma molti di Voi non se ne sono ancora accorti!

Solo un manipolo di psicopatici detentori della verità del senno di poi ovvero le agenzie di rating, può comunicare la sua inutile opinione durante lo spoglio dei risultati elettorali dopo aver avuto mesi di tempo per giungere alla stessa ed inutile conclusione.

Non ho alcuna intenzione di scendere nei dettagli del programma del movimento di Grillo ma un passaggio è fondamentale…

E invece che di misure per l’incremento della competitività delle imprese nel mercato unico europeo, si parla di «impedire lo smantellamento delle industrie alimentari e manifatturiere con un prevalente mercato interno» e di «favorire le produzioni locali». In altre parole, un atteggiamento contro il libero mercato e contro la direzione che ha preso anche l’Europa per stabilizzare l’eurozona. www.linkiesta.it/mercati-impauriti-grillo-non-rispecchia-i-bisogni-del-paese#ixzz2...

Rivitalizzare e reindirizzare la struttura economica italiana ad una dimensione glocal più familiare e consona al tessuto sociale domestico,. significa essere contro il libero mercato, il dogma di un manipolo di psicopatici falliti che in questi anni ha contribuito a delocalizzare la sicurezza, importando la precarietà!

Non solo, oggi lo scopo è dichiaratamente quello di deflazionare i salari, svalutazione interna e precarietà per tutti, ma questo non si può dirlo, non è politicamente corretto!

Bene significa che la rotta è quella giusta!

Si il libero mercato, quello al quale fanno spesso riferimento Monti e Draghi quando qualche fesso non ha ancora capito bene come funziona il sistema e non vuole adeguarsi!

[SM=g1430727]
31/10/2012 19:48
 
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Non so cosa ne pensiate
Abbiamo dormito
Ci siamo visto sfuggire il futuro
Chi più e chi meno abbiamo tutti approfittato
Adesso, dopo che stiamo portando il cervello all'ammasso, ci sarà qualcuno che si reinventerà il passato
Probabilmente sarà l'ultima spiaggia
27/12/2012 17:36
 
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L’arca di Noè che il professore sta allestendo con i legni della sua agenda non mancherà di riempirsi nelle prossime settimane delle peggiori coppie della speculazione politica italiana, un concentrato di animali politici che cambiano opinioni e ideali a seconda della convenienza personale.


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27/12/2012 21:04
 
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dove giocano i vincenti?
Dove giocano i vincenti?

Dichiarò: “Niente personalismi, ma tanto lavoro di squadra, perché soltanto lavorando insieme e migliorando gli automatismi potrà venir fuori anche il talento individuale. “
Aggiunse; “Non mi importa pensare ai risultati personali. Mi interessa il team.”
Questo, quanto affermò un allenatore di calcio, ma, nella politica?.
A conti fatti, sono del parere che, in tutti e due i casi, bisogna fare squadra creando quello spirito di unione anche nella politica come pure in tutte le cose che richiedono un impegno comune nella vita.
Serve un atteggiamento sinergico indispensabile, in un collettivo, nei momenti di crisi .
A parer mio, l’obiettivo é quello di evitare che tutti i sostenitori debbano eliminare e creare continuamente nuovi personaggi che si distingueranno nel loro intento nel costruire, chiarire e persuadere le altre persone generando, di conseguenza, “confusione”.
Un semplice rinnovo generazionale sarebbe un toccasana, ma senza esagerare. “Un po’ di ardore che si accompagna ad un po’ di livore”.
Così come in un cocktail di qualità che abbia un effetto controllato, misurato.
Purtroppo, “Tutti possono comunicare, ma non tutti sanno persuadere”.
Dopo un certo numero di interviste, dibattiti, dichiarazioni, il mio cervello ha bisogno di tempo per assimilare tutte le informazioni ricevute.
Continuare a studiare il comportamento della “squadra”, inserendo senza sosta nuove soluzioni, porta ad una “sovrasaturazione mnemonica”: questo è il motivo per cui pur avendo capito tutto, o quasi !, ho una gran confusione in testa.
Tutto ciò comporta un grande disagio che verrà superato solo conoscendo i problemi
La soluzione potrebbe trovarsi nel rafforzare, integrare e migliorare la qualità dei sistemi di istruzione, formazione e lavoro e il loro collegamento con il territorio
Mi chiedo: è normale guardarsi i telegiornali uno dietro l'altro; primo il tg regione su rai, poi quello su rete 4, poi studio aperto e per finire quello di canale 5
Un cantautore, non ricordo chi, affermò in una sua canzone: “Sono giunto alla conclusione che sono stanco di ascoltare il mondo che ho intorno. Tutti parlando di crisi e politica del classico calcio e della classi-fica. dicono le stesse cose perché……….?!?!.
Per concludere, in questo periodo, caratterizzato dal bombardamento mediatico, col quale tentano di estorcere, attraverso una forma specifica di violenza psicologica e morale, un consenso, una complicità, un adeguamento comportamentale, mi piace ricordare l’osservazione di Chesterton: «Coloro che usano la ragione non la venerano, la conoscono troppo bene; coloro che la venerano non la usano».
Permettetemi questa mia affermazione: se gli stupidi camminano in coppia e i fessi da soli, preferisco restare fesso, “un uomo qualunque”.
.
Giuseppe (Pino) Verbari


01/01/2013 10:38
 
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.......è arrivato il 2013 ..ma .....
2013-italia-un-paese-senza-futuro-vedremo-a-tutti-buon-anno.

L'ex premier tecnico si rivela per quel che e': uomo del Vaticano (benedetto dal capo della CEI Bagnasco, foto), uomo dell'Opus Dei, della Massoneria, delle lobby bancarie, Ue, Bce, Fmi. E la lista Monti nasce oggi nello stesso convento - yes, il convento delle suore di Nostra Signora di Sion - dove furono battezzati i dorotei 53 anni fa. Con questo "patto dei sionisti", non c'e' limite all'arretratezza dell'Italia. Allora candidate direttamente papa Ratzinger! (che e' anche tedesco e si suppone ossequioso di Merkel + ESM).

ROMA - Nel 1959 diede i natali alla corrente dorotea della dc guidata da Mariano Rumor che contava fra i promotori e fondatori due futuri senatori a vita, Paolo Emilio Taviani ed Emilio Colombo. Oggi, secondo quanto è stato riferito, ha dato i natali alle liste che al senatore a vita Mario Monti, presidente del Consiglio dimissionario, si richiameranno alle prossime elezioni politiche. Si tratta del Convento delle suore di Nostra Signora di Sion, al quartiere romano del Gianicolo, pochi passi dal Vaticano. Sede di un istituto di suore molto legato alla Comunità di Sant'Egidio, di cui il ministro Andrea Riccardi è stato fondatore. Dal convento delle suore di Sion, al "patto dei sionisti" che lancera' Mario Monti alle elezioni del 24 febbraio ricompattando il centro in stile vecchia DC. E' facile prevedere poi un'alleanza post-elezioni con il PD, probabile vincitore nelle urne (Bersani ha gia' detto che vuole fare lui il primo ministro) in un remake del compromesso storico, 40 anni dopo. Il disegno di potere e' identico ma piu' aggressivo. La trama e' ordita da Vaticano, CEI, Opus Dei, Massoneria, e tutte le lobby e caste bancarie, Ue, Bce, Fmi.

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02/01/2013 12:05
 
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E così siamo arrivati all’agenda Monti, uno pensava che fosse già stato raggiunto il fondo … e invece no! Però stavolta ci siamo, stavolta il fondo è stato toccato, stavolta non si può scendere più di così!

L’agenda Monti è il livello più basso mai raggiunto dalla politica italiana, e, lasciatemelo almeno auspicare, ora che abbiamo toccato il fondo, sarà impossibile pensare a qualcosa di peggio!

Scrivo principalmente articoli di carattere finanziario, giornalmente i miei commenti alla chiusura della Borsa italiana e di quella americana oltre che su Finanza In Chiaro vengono riportati da Trend-online e Yahoo Finanza, ma, saltuariamente, indosso i panni di notista politico, forse presuntuosamente, cercando di fare informazione, fornendo spesso un’altra chiave di lettura rispetto a quella propinataci dai media tradizionali.

Visto che nessuno mi paga sono assolutamente libero di scrivere ciò che penso, senza condizionamenti di sorta.

Sono stato spesso critico, come i miei fedeli lettori ben sanno, con Mario Monti ed il suo Governo, teso, a mio avviso, più a distruggere l’apparato produttivo italiano che a farlo rinascere, ma non ho preconcetti, quindi voglio conoscere prima di giudicare.

Arrivare però alla fine delle 25 pagine dell’agenda Monti è stata una fatica pazzesca, al confronto “Guerra e Pace” si legge tutto d’un fiato.

L’agenda Monti è di una noia mortale, dalla prima all’ultima riga è un susseguirsi continuo di banalità.

Un consiglio a tutti coloro che soffrono di disturbi del sonno: buttate via le benzodiazepine, creano dipendenza ed il loro effetto svanisce in poco tempo e sostituitele con l’agenda Monti, vi assicuro che funziona perfettamente e non dà nessun tipo di assuefazione.
Penso che si possano contare sulle dita di una mano le persone che sono andate oltre la terza pagina, io me lo sono imposto, ho dovuto accettare questo supplizio perché ero ben conscio che se avessi osato esser critico, la prima obiezione che mi avrebbero fatto sarebbe stata: “Ma tu l’hai letta tutta l’agenda Monti?”

Per questo ingurgitando intere caffettiere da sei, sono arrivato fino alla venticinquesima pagina, ed a tutti coloro che si sono approcciati alla lettura, ma che si sono addormentati dopo la terza pagina, posso garantire che la monotonia che li ha portati all’abbiocco continua anche per le ventidue pagine seguenti.

L’agenda Monti, in buona sostanza, è un’accozzaglia di discorsi scontati, banali e soprattutto vecchi, vecchi e poi ancora vecchi. Cose che la gente è stufa di sentirsi raccontare.

Non c’è un progetto che si possa considerare innovativo, non c’è un’idea originale, è la solita litania che parla di un Paese che deve essere più solidale, con la scontata lotta all’evasione fiscale, ed una pubblica amministrazione da rendere più efficiente, un Paese che vuole puntare sulla formazione professionale e la ricerca, meritocratico e che guarda come opportunità all’economia “verde”.

Naturalmente non poteva mancare la scontata nenia sulle bellezze artistiche dell’Italia che potrebbero essere meglio sfruttate economicamente da un settore turistico da potenziare, ed i giovani, e le donne e il welfare e la famiglia.

Per finire con il federalismo, ma soprattutto con la lotta alla “casta” e a tutte le mafie, insomma un’agenda che avrebbe potuto scrivere un anonimo consigliere di circoscrizione di uno sperduto paese di provincia, non un politico che si candida a cambiare il Paese.

Penso che si possano contare sulle dita di una mano le persone che sono andate oltre la terza pagina, io me lo sono imposto, ho dovuto accettare questo supplizio perché ero ben conscio che se avessi osato esser critico, la prima obiezione che mi avrebbero fatto sarebbe stata: “Ma tu l’hai letta tutta l’agenda Monti?”

Per questo ingurgitando intere caffettiere da sei, sono arrivato fino alla venticinquesima pagina, ed a tutti coloro che si sono approcciati alla lettura, ma che si sono addormentati dopo la terza pagina, posso garantire che la monotonia che li ha portati all’abbiocco continua anche per le ventidue pagine seguenti.

L’agenda Monti, in buona sostanza, è un’accozzaglia di discorsi scontati, banali e soprattutto vecchi, vecchi e poi ancora vecchi. Cose che la gente è stufa di sentirsi raccontare.

Non c’è un progetto che si possa considerare innovativo, non c’è un’idea originale, è la solita litania che parla di un Paese che deve essere più solidale, con la scontata lotta all’evasione fiscale, ed una pubblica amministrazione da rendere più efficiente, un Paese che vuole puntare sulla formazione professionale e la ricerca, meritocratico e che guarda come opportunità all’economia “verde”.

Naturalmente non poteva mancare la scontata nenia sulle bellezze artistiche dell’Italia che potrebbero essere meglio sfruttate economicamente da un settore turistico da potenziare, ed i giovani, e le donne e il welfare e la famiglia.

Per finire con il federalismo, ma soprattutto con la lotta alla “casta” e a tutte le mafie, insomma un’agenda che avrebbe potuto scrivere un anonimo consigliere di circoscrizione di uno sperduto paese di provincia, non un politico che si candida a cambiare il Paese.


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08/06/2013 18:26
 
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..pochi sono a conoscenza...

Quando Hillary spiava il Cav per vincere la guerra del gas
Intrigo internazionale: svelate le strategie occulte di Berlino, Londra e Washington contro l'asse Roma - Mosca

«Quali sono i punti di vista dei funzionari del governo e di quelli dell'Eni sulle relazioni nel settore energia dell'Italia con la Russia e con il progetto South Stream... Vi preghiamo di fornire ogni informazione sui rapporti tra i funzionari dell'Eni, incluso il presidente Scaroni e i componenti del governo, specialmente con il primo ministro Berlusconi e il ministro degli Esteri (all'epoca Franco Frattini, ndr)».


La pressante richiesta d'informazioni è contenuta in un cablogramma segreto, datato gennaio 2010, inviato all'ambasciata di Roma dalla segreteria di stato Usa guidata da Hillary Clinton. La richiesta sembra quasi anticipare alcune inchieste giudiziarie destinate a colpire in periodi successivi alcune nostre importanti aziende di stato, impegnate in ambito internazionale. Ovviamente è azzardato pensare che le indagini della nostra magistratura italiana siano state influenzate dalle informazioni raccolte dai servizi segreti o dal personale diplomatico statunitense. Alla base di tutto c'è però il sospetto e l'ostilità per il rapporto personale stretto da Silvio Berlusconi e Vladimir Putin sin dal vertice di Pratica di Mare del lontano 2002. Un rapporto dalle inevitabili ricadute sul fronte della guerra per l'energia e delle condutture strategiche. Un rapporto che gli americani tengono sott'occhio fin dall'aprile 2008, quando un telex inviato dall'ambasciata statunitense a Roma al ministero del Tesoro di Washington consiglia di far pressione su Berlusconi, da poco rieletto, perché metta un freno all'alleanza tra Eni e Gazprom. «Bisognerebbe spingere il nuovo governo Berlusconi ad agire un po' meno come il cavallo scalpitante degli interessi di Gazprom... l'Eni - scrive il dispaccio confidenziale diventato poi pubblico grazie a Wikileaks - sembra appoggiare i tentativi di Gazprom di dominare le forniture energetiche dell'Europa, andando contro i tentativi americani, appoggiati dall'Unione Europea di diversificare le forniture energetiche».
Quell'informativa non incrina certo i rapporti tra l'amministrazione Bush e il Cavaliere, chiamato di lì a due anni a un intervento davanti al Congresso americano su richiesta della maggioranza repubblicana. Diventa però un pesante atto d'accusa quando a decidere le nuove strategie è l'amministrazione Obama. All'origine di quell'informativa ci sono gli incontri del 2 aprile 2008 tra il presidente dell'Eni Paolo Scaroni e Vladimir Putin nella dacia di Ogaryovo, in cui viene definito l'intervento di Gazprom in Libia e Algeria con l'aiuto dell'Eni e la partecipazione italiana al progetto South Stream. Quei due protocolli d'intesa diventano nell'era Obama un vero atto d'accusa nei confronti del governo Berlusconi, sospettato di favorire una manovra a tenaglia per imporre all'Europa l'egemonia energetica di Mosca. A far paura è soprattutto il South Stream, il progetto di gasdotto italo-russo-turco destinato a portare il gas del Caspio in Puglia e in Friuli Venezia Giulia, tagliando fuori l'Ucraina e passando per Turchia, Serbia e Slovenia. Un progetto in diretta competizione con il Nabucco, il gasdotto messo in cantiere da Ue e Usa per vendere in Europa il gas dell'Azerbaijan ed evitare così qualsiasi dipendenza dalla Russia.
In questo clima la foto di Putin, Berlusconi e del premier Turco Recep Tayyp Erdogan, che firmano - il 6 agosto 2009 - l'accordo per il passaggio delle tubature sotto il Mar Nero, si trasforma in un'autentica ossessione per l'amministrazione Obama e per i paesi dell'Unione Europea avversari di Mosca. Primi fra tutti la Francia e la Gran Bretagna. Nell'immaginario di quell'ossessione, South Stream rappresenta il piano di Berlusconi e Putin per stringere la Ue in una vera e propria ganascia energetica e ricattarla. Il secondo potente braccio di quella tenaglia immaginaria è rappresentato da «Greenstream» e «Transmed», le due condutture controllate dall'Eni che portano in Europa il gas dalla Libia e dall'Algeria. All'accerchiamento dell'Europa contribuisce su un terzo settore anche il North Stream, il gasdotto destinato a rifornire di gas russo il nord dell'Europa. Ma su quel progetto, appoggiato e voluto dalla Germania, nessuno fiata. South Stream e gli accordi Gazprom-Eni diventano, invece, il bersaglio preferito degli strali europei e americani. Bruxelles dichiara già nel 2008 di voler sorvegliare i crescenti interessi garantiti da Eni a Gazprom nel Nord Africa. E Andris Pielbags, al tempo commissario europeo dell'energia, mette in guardia dalla possibilità che Eni collabori con Gazprom anche in Algeria. Nel luglio 2010 il suo successore Guenther Oettinger, non si fa problemi a dichiarare che il South Stream non rientra negli interessi dell'Europa in quanto concorrente del Nabucco. La prima ad agire direttamente è Angela Merkel, che nel luglio 2010 vola ad Astana per chiedere al presidente Nursultan Nazarbayev di mettere il gas kazako a disposizione del Nabucco. Da quel momento la vera tenaglia diventa quella messa insieme da Washington e Londra da una parte e da Parigi e Berlino dall'altra. Una tenaglia studiata per schiacciare l'asse Roma-Mosca e annullarne gli effetti.
Il primo a sfruttare il cambio di strategia introdotto dall'amministrazione Obama è il presidente francese Nicolas Sarkozy. Sospettato e accusato di aver beneficiato di 50 milioni di euro, messigli a disposizione dal rais per la sua elezione, Sarkò si ritrova, come gli inglesi, incapace di tessere un rapporto proficuo con Gheddafi. Nonostante il Colonnello abbia piantato la sua tenda nel cuore di Parigi assai prima che a Roma, la Total porta a casa solo 55mila barili di petrolio al giorno contro gli oltre 280mila della nostra Eni. La «tenaglia» Eni-Gazprom rischia di rendere inutili anche gli accordi per la vendita sul mercato europeo del gas stretti da Parigi con l'emirato del Qatar. Un emirato a cui Sarkozy fa di tutto per «regalare» i campionati mondiali di calcio del 2022.
La deflagrazione delle cosiddette primavere arabe sponsorizzate e appoggiate dal Qatar è un altro atto importante per avvicinare le posizioni dei principali avversari dell'asse Roma-Mosca-Tripoli. Il vero colpo da maestro il Qatar lo realizza in Libia, dove accende la rivolta manovrando gli ex al qaidisti tirati fuori dalle galere di Gheddafi grazie a una mediazione con il figlio Saif. Come è risaputo, la rivolta di Bengasi si realizza solo grazie alla defezione di Adnan al Nwisi, un colonnello dell'esercito libico sul libro paga del Qatar, che consegna a un gruppo jihadista un deposito di armi della città di Derna. I 70 veicoli e i 250 fucili razziati in quell'arsenale consentono qualche giorno dopo di espugnare il quartier generale di Bengasi e accendere la rivolta che porterà alla caduta di Gheddafi. Una caduta che Berlusconi, libero dall'immagine devastante cucitagli addosso dal processo Ruby, avrebbe potuto forse evitare. La fine del Colonnello non porta la democrazia in Libia, ma si rivela perfetta per smantellare gli interessi di Eni e Gazprom, per rendere più debole l'economia dell'Italia e aggravare quella crisi che porterà, alla fine del 2011, alle dimissioni del governo Berlusconi e all'avvento del governo «europeista» e «atlantista» di Mario Monti.

[SM=g1430718]


...

Così Sarkozy fregò Gheddafi (e l'Italia)
Le Monde: Nicolas trascinò l'Europa in guerra per nascondere gli aiuti del Colonnello. Ora cerca di cancellare le prove


..ma va...


I servizi segreti sono alla caccia di settanta scatoloni pieni di cassette audio e video che contengono le registrazioni degli incontri e delle telefonate fra il defunto colonnello Gheddafi ed i dignitari di mezzo mondo, quando veniva trattato con i guanti bianchi.


Il primo a doversi preoccupare degli scottanti contenuti delle registrazioni è l'ex presidente francese Nicolas Sarkozy, come sostiene il quotidiano le Monde che è tornato sul finanziamento libico alla campagna elettorale di Sarkozy nel 2007.
Nel marzo 2011, poche ore prima dei bombardamenti della Nato sulla Libia, Muammar Gheddafi rilasciava a il Giornale l'ultima intervista della sua vita ad una testata italiana. Alla domanda sull'interventismo francese che ha spinto in guerra mezza Europa, compreso il nostro Paese, rispondeva: «Penso che Sarkozy ha un problema di disordine mentale. Ha detto delle cose che possono saltar fuori solo da un pazzo». E per ribadire il concetto si sporgeva verso chi scrive battendosi il dito indice sulla tempia, come si fa per indicare i picchiatelli. Il Colonnello non riusciva a comprendere come l'ex amico francese, che aveva aiutato con un cospicuo finanziamento (forse 50 milioni di euro) per conquistare l'Eliseo fosse così deciso a pugnalarlo alle spalle.
Dell'affaire Sarkozy erano al corrente tre fedelissimi di Gheddafi: il responsabile del suo gabinetto, Bashir Saleh, Abdallah Mansour consigliere del Colonnello e Sabri Shadi, capo dell'aviazione libica. Saleh, il testimone chiave, vive in Sudafrica, ma nel 2011 era apparso in Francia e poi sparito nonostante un mandato cattura dell'Interpol. Il caso era stato gestito da Bernard Squarcini, uomo di Sarkozy, ancora oggi a capo del controspionaggio. E sempre Squarcini è coinvolto nella caccia alle cassette scottanti di Gheddafi, che potrebbero contenere gli incontri con altri leader europei. Silvio Berlusconi non ha mai nascosto l'amicizia con il colonnello, mentre Romano Prodi e Massimo D'Alema, che pure avevano frequentato la tenda di Gheddafi cercano sempre di farlo dimenticare.
Lo sorso anno un politico francese di sinistra, Michel Scarbonchi, viene avvicinato da Mohammed Albichari, il figlio di un capo dei servizi di Gheddafi morto nel 1997 in uno strano incidente stradale. Albichari sostiene che un gruppo di ribelli di Bengasi ha sequestrato «70 cartoni di cassette» di Gheddafi. Scarbonchi si rivolge al capo del controspionaggio, che incontra il contatto libico. «Avevano recuperato la videoteca di Gheddafi con i suoi incontri e le conversazioni segrete con i leader stranieri» conferma Squarcini a Le Monde. I ribelli vogliono soldi e consegnano come esca una sola cassetta, di poca importanza, che riguarda il presidente della Cosa d'Avorio. Il materiale è nascosto in un luogo segreto. Pochi mesi dopo Albichari sostiene di essere «stato tradito» e muore per una crisi diabetica a soli 37 anni. Non solo: il corpo di Choukri Ghanem, ex ministro del Petrolio libico, custode di ulteriori informazioni sensibili, viene trovato a galleggiare nel Danubio a Vienna.
La caccia alle registrazioni del Colonnello deve essere iniziata nell'ottobre 2011, quando la colonna di Gheddafi è stata individuata e bombardata da due caccia Rafale francesi. Il rais libico era stato preso vivo, ma poi gli hanno sparato il colpo di grazia. «L'impressione è che dopo il primo gruppo di ribelli sia arrivato un secondo, che sapesse esattamente cosa fare e avesse ordini precisi di eliminare i prigionieri» spiega una fonte riservata de il Giornale che era impegnata nel conflitto. L'ombra dei servizi francesi sulla fine di Gheddafi è pesante. Sarkozy non poteva permettersi che il colonnello, magari in un'aula di tribunale, rivelasse i rapporti molto stretti con Parigi. La Francia ci aveva tirato per i capelli nella guerra in Libia stuzzicando Berlusconi sui rapporti con Gheddafi. Peccato che Sarkozy ne avesse di ben più imbarazzanti.
Delle cassette di Gheddafi non si sa più nulla. L'unico che potrebbe far luce sul suo contenuto è Seif al Islam, il figlio del colonnello fatto prigioniero, che i libici vogliono processare e condannare a morte.


[SM=g1430727]
10/06/2013 14:27
 
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Ecco!
Tra tante nefandezze in merito, sono del parere che anche l'italiano non sia scevro da intrallazzi e, ad onor della cronaca, mi viene a mente quell'atmosfera conviviale con il nostro personaggio che in ottica di perbenismo promise quale rimborso alla Libia per danni bellici una bellissima autostrada da farsi a propria immagine e somiglianza da ditte italiane e a spese degli italiani.
Ancora mi chiedo come mai si sia giunti a tanto quando gli stati colonizzatori non si sono mai mischiati in simili imprese.
Cosa c'é sotto???
15/06/2013 17:17
 
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[SM=g1430705]

Non è più il tempo di scrivere due righe tanto per scrivere, due righe per fare analisi di dove andrà l’economia, dove andranno i mercati, non è più il tempo dell’attesa, non quello delle belle parole, non è più il tempo dei deboli di cuore e di stomaco!
Si può discutere a lungo di come in decenni sciacalli e speculatori politici italiani hanno distrutto questo paese con la felice connivenza in parte del popolo che li ha votati e rivotati sino alle estreme conseguenze, delle responsabilità di un popolo e di altre fesserie, ma oggi c’è un limite, un limite tracciato dalla storia che sta per essere passato.
Ieri il solito Schauble al quale probabilmentela vita non ha riservato tante fortune, se non quella di potersi oggi sfogare sugli altri per le proprie disgrazie ha proseguito la triste e paranoica cantilena alemanna… nein, nein, nein!
Non sto qui a ripetervi le enormi responsabilità tedesche in questa crisi ma c’è un limite a tutto e non importa se i nipotini di zio adolfo sono in campagna elettorale.
Prima di andare oltre sintetizzo per tutti coloro che non masticano minimamente economia che la storia e l’evidenza empirica insegna che senza investimenti statali nel bel mezzo di una crisi di debito privato, provocata dalle banche, una debt deflation generalizzata non c’è scampo e che un’alta e feroce tassazione, l’austerità come insegna la storia della Repubblica di Weimar ma non solo sono l’anticamera dell’inferno.
E’ importante non dimenticare nome e cognomi di quelli imbecilli che in parlamento hanno votato ad occhi chiusi la trappola del Fiscal Compact che invece il Bundesrat l’organo attraverso il quale i Lander partecipano al potere legislativo e all’amministrazione dello Stato Federale sta osteggiando e bloccando e noi invece che facciamo la inseriamo addirittura nella costituzione, una trappola demenziale e mortale!
È un lungo e accurato ragionamento, sulla fiducia recuperata, sugli sforzi fatti finora, sui rischi corsi dall’eurozona, quello che propone Wolfgang Schäuble prima di dire ancora una volta no. L’Italia chiede il calcolo degli investimenti fuori dal deficit, e il ministro delle Finanze tedesco replica: questa strada “è sbagliata”. Il paese si trova in una “situazione economica sensibile”, conviene, commentando i dati Istat sugli effetti della recessione. E accoglie l’allarme sulla disoccupazione giovanile: questa piaga dell’Italia e di tanti paesi dell’Ue è una “sfida per tutti noi”. Schaeuble, però, legge il problema italiano come una deriva prodotta da errori di lungo corso: crescita debole, accumulo del debito pubblico, perdita di competitività. E dunque non c’è alternativa, la via è unica: “è decisivo per un forte e soprattutto duraturo effetto sulla crescita e sull’occupazione, un’ulteriore veloce coerente applicazione delle riforme strutturali”. Nella consapevolezza che gli effetti non sono immediati: come non lo furono in Germania, sul mercato del lavoro. Quindi, piena fiducia nel governo di Enrico Letta, e nel fatto che seguirà il solco di Mario Monti. “I rapporti fra il governo italiano e quello tedesco sono di piena fiducia e molto buoni”, chiarisce tentando di mettere la parola fine alle polemiche che acuiscono l’attrito fra i due Paesi. E con ottimismo liquida l’ultima minaccia di Silvio … (Sole24Ore)
Vedi caro Wolfgang non girarci troppo intorno, non ho voglia di ripetere le menzogne che state raccontando ai vostri concittadini, tu stai facendo in maniera egregia il tuo sporco lavoro di speculatore politico per continuare a favorire il tuo Paese come è giusto che sia, per permettere alle vostre aziende di raziare la nostra creatività e fantasia che Voi neanche vi sogna, il nostro tessuto industriale e commerciale, il problema non è solo Silvio o la massa di ignoranti che siede in Parlamento e non sa fare altro che riempirsi la bocca di più europa senza sapere di cosa si parla e senza fare nulla per imporre alla Germania il rispetto della sovranità di ogni Paese, il problema è che se si tira troppo la corda per due voti, prima o poi saranno 60 milioni di italiani il vostro problema.
Ma andiamo avanti. Ricordate la semplice formula empirica secondo la quale per ogni dollaro di tasse se ne hanno tre in meno di spesa aggregata?
Non sto qui a rifarvi la lezione tanto oggi non frega più nulla a nessuno di evidenze fondamentali, si lavora solo di fantasia, si lavora solo con il cervello ofuscato dai vari fiscal compact, pareggi di bilanci e doppi pacchi e contropacchetti, ma vi prego se incontrate questo signore, ricordateglielo…
Dunque l’Iva aumenterà. Ormai è quasi una certezza. Balbettante, in Senato, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, ha dovuto ammettere che otto miliardi di euro per evitare l’aumento dell’aliquota di luglio e per abolire l’Imu sulla prima casa, non ci sono. Queste risorse “non sono rinvenibili” nel bilancio dello Stato.
Le cose sono andate peggio di quanto il ministro si aspettava. Inaspettato è stato il calo del 7% del gettito Iva che ha fatto suonare un campanello di allarme sulla tenuta del gettito fiscale. Inaspettato è stato il colpo di coda della crisi finanziaria. Saccomanni puntava ad un calo dello spread di 100 punti con l’uscita dall’Italia dalla procedura di deficit eccessivo. Lo spread oggi è risalito fino a quota 290, oltre il limite fisiologico indicato dall’ex premier Mario Monti come coerente con la situazione economica del Paese. Nessuno dei problemi che c’era qualche mese fa è scomparso. In questa situazione qualsiasi manovra sull’Iva diventa pericolosa.Huffingtonpost.it
Ovviamente se inaspettato è stato il calo del 7 % dell’IVA allora si aumenta l’IVA … grandiosoooo!
Adam, Adam Smith dove seiiiiiiiiii, qui stanno massacrando i clienti del macellaio e del panettiere, non ci arrivano!
I quattro miliardi di gettito annuo aggiuntivo che è previsto dovranno arrivare dall’aumento dell’aliquota, sono già iscritti a bilancio. E, soprattutto, sono una “clausola di salvaguardia” chiesta dall’Europa, uno dei compiti a casa imposti a Roma tramite il governo Monti nel momento peggiore della crisi dello spread. Quei quattro miliardi non possono essere semplicemente cancellati. Se si vuole agire, bisogna trovarli da qualche altra parte. Il problema è dove.
Perchè Saccomanni non racconta che nella prima parte dell’anno in questa depressione made in Italy, le entrate hanno tenuto grazie alla lotta all’evasione e non certo grazie alle tasse il cui gettito è sensibilmente calato? Quanto tempo ancora serve agli evasori, compresi gli amici degli amici per trasferire soldi dalla Svizzera all’Asia, prima che qualche buonanima si occupi della pratica Svizzera ma non solo.
Non prendiamoci in giro per favore!
L’augurio è che Letta vada sino in fondo e non si faccia mettere i piedi sulla testa da questi paranoici weimariani, soprattutto sul lavoro e sui giovani, diversamente il tempo è scaduto!

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