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by Claudione

Ultimo Aggiornamento: 29/07/2014 11:10
26/04/2012 09:56
 
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Salvate il generale Mario Monti!

Come tutti i grandi amori, prima o poi arriva la crisi di verifica se l'amore sarà duraturo. Il governo dei tecnici, ma soprattutto il presidente del Consiglio, hanno conquistato l'Italia e il mondo per la loro affidabilità, non per le lacrime, ma per la razionalità nel porgere le idee. Da quasi due mesi l'innamoramento si sta raffreddando. Le istituzioni internazionali come il Fondo monetario internazionale (Fmi) fanno previsioni assai più pessimistiche di quelle contenute nel Def, il documento di economia e finanza approvato mercoledì 18 dal consiglio dei ministri; l'appoggio incondizionato del mondo imprenditoriale è venuto meno, anche con brutte polemiche, alla prova del testo di riforma del mercato del lavoro; il consenso dei cittadini, spaventati e preoccupati dal pesante carico fiscale, è in deciso calo; ma soprattutto i mercati hanno fatto fare un brusco balzo all'insù allo spread e una brusca discesa a Piazza Affari: esattamente quanto questo giornale aveva avvisato che potesse succedere; e ora, non essendo state ancora neutralizzate, le agenzie di rating sono di nuovo sul piede del downgrade, come annuncia Citi, la più grande banca americana, a proposito dell'intenzione di Moody's di degradare di due gradini il già mediocre voto al credito della Repubblica italiana.

In questa stretta il presidente Monti, pur in assoluto uno degli uomini dai nervi più saldi, nella conferenza stampa di presentazione del Def ha sentito il bisogno di difendersi, commettendo però un errore psicologico: per giustificare la durezza della manovra che sta andando in esecuzione, ha evocato lo spettro della Grecia, un paragone che non aveva mai fatto prima anche quando l'Italia era molto di più di adesso sull'orlo del baratro. Il professor Monti sa benissimo che in economia l'aspetto psicologico è molto importante, per questo non dovrebbe parlare solo per far digerire la manovra evocando lo spettro del default, ma dovrebbe usare anche parole di ottimismo, che non ha certo avuto manifestazione sufficiente nelle sue ultime parole in conferenza, ovvero che in fondo al tunnel vede la luce. Ci mancherebbe: sempre, in fondo al tunnel ricompare la luce; anche Dante tornò a riveder le stelle dopo l'inferno; ciò di cui il Paese ha bisogno è ben altro, anche se l'onestà intellettuale di Monti gli impone di dire tutto, anche gli aspetti più crudi della crisi. Ma sicuramente lo fa anche perché è finito per trovarsi sulla difensiva. In tal senso, gli potrebbe essere utile, per avere parole diverse, conoscere meglio lo stato d'animo anche delle persone più abbienti, dando per scontata l'angoscia di chi sta peggio. «Ho un cliente che ha nel conto 3 milioni di euro; vorrebbe cambiare l'auto, ma è bloccato perché non sa quanto dovrà pagare di Imu per le tre case che ha», racconta uno dei più brillanti gestori di patrimoni. «E non si è smosso neppure quando gli ho fatto presente che al massimo il suo conto corrente scenderà di 20-30 mila euro per la nuova tassa sugli immobili. Niente che possa impedirgli di comprare un'auto da 60 mila euro: è l'incertezza che i cittadini stanno vivendo che frena ulteriormente i consumi e che alimenta quindi la recessione».

Certo, per gli ultimi sciagurati anni gli italiani sono stati nutriti dall'ottimismo sempre e comunque dell'ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Ma anche un oggettivo, forte pessimismo unito all'incertezza e soprattutto alla mancanza di operatività per il rilancio dell'economia sono altrettanto, se non addirittura, più dannosi. È il radicarsi del convincimento che per il governo sia inevitabile il periodo terribile che il Paese subisce nel nome del salvataggio dei conti secondo il volere della Germania, che mette tutti gli italiani in uno stato d'animo di sofferenza e di perdita di iniziativa. Anche perché, appunto, mentre il Def conferma il pareggio di bilancio per il 2013, autorevoli istituzioni lo collocano assai più avanti, non mancando di sottolineare, come faceva il grande economista John Kenneth Galbraith, che perseguire il pareggio di bilancio in tempi di recessione è la scelta peggiore che si possa fare. Il rigore per il rigore non ha senso. E del resto se la scelta ha pagato, agli occhi della speculazione per alcuni mesi, ora l'attacco all'Italia è ripartito. E le società di rating, per quanto contino (e purtroppo in mancanza di riforma contano) su tutto il sistema degli investimenti, fanno filtrare, con la solita maniera scorretta come un avviso riservato per i naviganti, che ci potrà essere un downgrade perché non credono che gli obiettivi che il governo ha accettato di farsi imporre dalla Germania possano essere raggiunti con oltre il 2% di caduta dell'economia, come prevedono la maggioranza degli istituti di ricerca. Quindi, mentre nella fase acuta vissuta dal governo Berlusconi le giustificazioni della speculazione per l'attacco erano che il deficit dello Stato italiano fosse fuori controllo, ora sono gli obiettivi ambiziosissimi che i due governi che si sono succeduti hanno assunto in base alla famosa lettera della Ue-Bce (alias Germania), diventando una sorta di boomerang, perché per raggiungerli la pressione fiscale è diventata tanto alta da provocare una recessione profonda e quindi da far cadere il pil che è il denominatore del rapporto con il debito, aumentando quindi la percentuale del rapporto ben oltre il 120% dei terribili mesi dell'autunno.

Come si vede, a seguire le richieste di super rigore imposte da Angela Merkel e apparentemente richieste dal mercato (alias gli speculatori) si va comunque contro il muro del default se non c'è la capacità di coniugare immediatamente il rigore con lo sviluppo. La quadratura del cerchio è proprio questa e passa unicamente attraverso la normalizzazione del Paese Italia rispetto agli altri membri della Ue e in particolare la Germania nell'unico, fondamentale indicatore dove il Belpaese è pesantemente in difficoltà. I lettori di questo giornale sanno bene che il vero cancro dell'Italia è il suo stock di debito, che fa da spartiacque di ogni argomentazione. E infatti, come giustificazione del peggioramento del merito del credito i mercati indicano che con l'aumento della pressione fiscale, che non ha eguali nel mondo, con il pessimismo che si è diffuso nel Paese, con il taglio del credito da parte delle banche, con il trasferimento di almeno 100 miliardi (legalmente) presso banche estere, la recessione sarà così cruda da far crescere ulteriormente il rapporto debito/pil, riavvicinando l'Italia al baratro.

La ricetta lanciata da mesi dai media di Class Editori per tagliare il debito di almeno 300 miliardi in tre anni con la vendita di parte del patrimonio dello Stato sta facendo sempre più proseliti. Negli ultimi giorni l'ha adottata anche uno studio di Mediobanca; l'ha fatta proprio anche Porta a Porta con i suoi abituali invitati, politici e non, per bocca di Enrico Cisnetto; dietro le anticipazioni di Citi sulle intenzioni di Moody's di abbassare di due gradini il rating già pessimo dell'Italia c'è la spiegazione che appunto il problema vero è lo stock di debito; Angelino Alfano, il segretario del Pdl, il più grosso piedistallo (anche se non il più stabile) su cui si regge il governo, ha parlato chiaro: tagliare la spesa (e il ministro Piero Giarda nonché il viceministro Vittorio Grilli sono ancora lì che litigano sul da farsi) e tagliare lo stock di debito con la vendita di parte dei 1.800 miliardi di euro di patrimonio pubblico per generare le risorse per lo sviluppo attraverso un risparmio doppio: quello del costo del debito stesso, in quanto inferiore, e quello derivante dai tassi più bassi per l'inevitabile allineamento dello spread rispetto alla Germania. Risulta, come ha anticipato MF-Milano Finanza di venerdì 20, che l'ex ministro Paolo Romani, una delle persone più lucide del Parlamento, stia dialogando con la vicecapo-gruppo del Pd al Senato, Marina Sereni, per presentare in assenza di azione del governo un progetto di legge per la vendita appunto di parte del patrimonio dello stato, come i media di Class Editori e oltre 10 mila aderenti all'associazione L'Italia c'è stanno proponendo da mesi.

In questo contesto, sembrerebbe che Monti non sia consapevole della situazione e che la caduta di consenso sia giustificata. Conosco il pensiero del professor Monti fin dal 1973 quando gli chiesi di scrivere i suoi primi articoli su Panorama e poi su il Mondo per cinque anni. Ricordo una sua garbatissima, come al solito, lettera in cui rettificava la definizione di monetarista che un giornalista de il Mondo gli aveva dato. Quindi non è assolutamente della scuola del maestro di Chicago, Milton Friedman, e ha anzi tutte le convinzioni scientifiche per condurre una politica economica liberista e in parte neokeynesiana, con lo Stato forza attiva per il rilancio dell'economia.

Il generale Monti va quindi salvato. Ma anch'egli deve comprendere, e sicuramente lo sa, che se l'assumere l'impegno a nome dello Stato di un bilancio in pareggio nel 2013 (per la verità preso dal governo precedente) era condicio sine qua non per ottenere l'aiuto (anche se minimo, se non fosse stato per il coraggio dell'altro Mario alla Bce) degli organismi europei nel momento più drammatico dell'attacco all'Italia, la ricetta tedesca della cancelliera Merkel e dei falchi della Bundesbank è da correggere significativamente.

Non si sarà quindi sorpreso il presidente del Consiglio se nel Parlamento italiano da più parti si levano voci contro l'accettazione e la trasformazione in legge italiana, così com'è, del fiscal compact che impone una riduzione del debito di 1/20 all'anno per la parte eccedente il 60% del pil, che nel caso italiano equivale (con il rapporto debito/pil di oggi) a 50 miliardi di euro; né, il professor Monti, si sarà sorpreso che identica posizione contro l'approvazione del testo imposto dalla Merkel l'abbia assunta, come ha documentato MF-Milano Finanza, il vicepresidente del Parlamento europeo, Gianni Pittella, iscritto al Pd, cioè al partito che più sta condizionando il governo, per esempio sulla riforma del lavoro, partita per rendere tutto più flessibile con l'opposizione della Cgil guidata da Susanna Camusso e conclusasi invece con una piena approvazione della stessa Camusso e quindi, per converso, non accettabile dalle imprese a cui è demandata la funzione della creazione di posti di lavoro.

Sentendo nelle ultime settimane parlare Monti e molti suoi ministri, con la sola eccezione di Corrado Passera, si ha la netta impressione che la linea del governo sia diventata apodittica: siamo tecnici e faremo le riforme che da anni non si facevano, poi sarà la Provvidenza a fare il resto. Ma nonostante la fede profonda di Monti, la Provvidenza non può creare lo sviluppo.

Uno spariglio potrebbe avvenire con la vittoria in Francia del socialista François Hollande, il quale ha fatto tutta la campagna elettorale contro l'asse Merkel-Sarkozy e la quiescenza del presidente d'Oltralpe verso il rigorismo della Merkel. Con uno scenario così, Monti potrebbe cogliere l'opportunità di farsi promotore di una revisione dei vincoli del fiscal compact. Ma c'è anche il pericolo, secondo alcuni, che la presidenza Hollande spinga la Merkel ad attrarre a sé ancora di più il professore per il quale la cancelliera si era già impegnata perché salisse a Palazzo Chigi.

Il generale Monti è quindi da salvare perché ha le capacità, il carisma e l'esperienza per fare quanto i governi politici non possono fare. Qualunque altra soluzione, incluse le elezioni anticipate a cui sta pensando il Pd, sarebbero un disastro. Ma il generale Monti deve mettere in pratica, visto che concettualmente è d'accordo, tutto quanto serve a tagliare la spesa improduttiva, immediatamente, costringendo Giarda e Grilli a uscire dall'incredibile impasse, e a varare una delle tante idee ormai a punto per tagliare drasticamente e subito il debito, con la vendita di parte del patrimonio dello Stato. Solo così i downgrade di Moody's o Standard & Poor cadranno nel vuoto o addirittura non ci saranno e l'Italia si libererà del cancro rappresentato dall'enorme stock di debito che lo fa essere il Paese più vulnerabile dell'Unione. E infine Monti, che pure è un grande comunicatore, deve cambiare registro nel modo di esprimersi e di parlare al Paese, con toni troppo negativi, come del resto gli ha consigliato lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

P.S. Fare sviluppo in Italia è possibile, non solo con le iniziative messe a punto dal ministro Passera, di cui si dà conto in dettaglio all'interno di questo numero di MF-Milano Finanza, ma anche ridando fiducia ai privati, come dimostra la partenza di Italo, il treno privato ad alta velocità. Un miliardo di euro già investito; 2.500 posti di lavoro diretti e altrettanti indiretti; una tecnologia che per pressione di Luca Cordero di Montezemolo, Banca Intesa, Generali e gli altri azionisti è stata portata in Italia dalla francese Alstom, che così non ha licenziato i 2.500 posti di lavoro nello stabilimento di Savigliano. E soprattutto una concorrenza diretta che farà benissimo alle Ferrovie dello Stato, già tornate in utile sotto la guida di Mauro Moretti. Un lampo rosso nel buio di queste settimane.

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